Ricompensa

  • Posted on: 4 October 2015
  • By: mdmuffa

VI domenica dopo il martirio di San Giovanni il Precursore

 

Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.

(Efesini 2, 8)

Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch'essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un'ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».

(Mt 20, 9 - 16)

Ricordino signori che la morale cosiddetta laica non è ragionevole”.

(Norberto Bobbio, citato da Vittorio Messori)

C'è chi non si contenta di disprezzare le persone "religiose" (intendendo ovviamente il bersaglio facile e socialmente accettabile, ossia i cristiani) ma si fa anche un punto d'onore di irriderle, cercando di dimostrare come siano ipocrite o come i cosiddetti "valori umani" (che non esistono) siano superiori.
Una delle obiezioni che spesso si incontrano in Internet è quella che sostiene che chi si impegna per aiutare gli altri senza credere in Dio sia meglio di chi lo fa credendo in Dio, perché questi ultimi lo fanno in quanto si aspettano una ricompensa dopo la morte.

Già il modo di porre la questione è sciocco, perché è quello di chi ha bisogno di mettere in competizione le due cose per confermare il proprio senso di superiorità. Ma poi - e soprattutto - le letture di oggi smantellano facilmente quell'obiezione.

Chi la fa dimostra innanzitutto di non sapere in che cosa credono le persone criticate. O, meglio, probabilmente conosce vagamente un tristo cristianesimo di matrice protestante, e quindi monco: lì sì che è possibile e anzi facile trovare gente che si preoccupa di comportarsi bene per avere una ricompensa, magari già in questa terra, perché per certe correnti il buon andamento degli affari e una vita rispettabile e ammirata sono segni della predilezione di Dio, e quindi del fatto che si è "a posto" e "salvi". In effetti, è la rappresentazione che va per la maggiore dei cristiani (protestanti, cattolici o altro senza differenza, basta che si sia "religiosi") in televisione.
Oppure, di contro, di gente (poca) che non si sente in dovere di far nulla, perché Dio salva solo in base alla fede, e quindi le opere non servono a niente: dopotutto, l'ha detto San Paolo proprio nella lettura di oggi.

Fortunatamente i cattolici usano l'intera Scrittura e non soltanto dei pezzetti, e sanno come stanno davvero le cose, perché tutti i brani si illuminano a vicenda. È come conoscere qualcuno: solo dopo una frequentazione che dura del tempo e che permette di vedere vari momenti di quella persona si può dire di iniziare a conoscerla.

La salvezza viene da Dio gratis, questo è vero: è in base alla fede che si viene salvati, ossia in base all'aver coltivato o meno il rapporto con Dio. Non c'è alcuna opera che può farla guadagnare, ma è dono.
Ma il contatto con Dio cambia le persone: come quando ci si frequenta con la propria ragazza/il proprio ragazzo, o ancora più quando ci si sposa, e si acquistano modi di fare e di vedere le cose propri dell'altro, così frequentando Dio si iniziano a vedere le cose come lui. Come quando si impara ad apprezzare la pallavolo stando con una ragazza che ama la pallavolo, quando fino al giorno prima il massimo dello sport fatto era il cambio del canale televisivo, così stando con Dio si impara ad apprezzare ciò che lui ama. E lui ama l'uomo.
Di qui nascono le opere: non per ottenere la ricompensa, ma perché chi è cristiano condivide il punto di vista e il modo di sentire di Dio, e non se la sente di lasciare le persone e il mondo - di cui l'uomo è creato come custode - in uno stato men che perfetto; e ciò richiede un bel po' di lavoro, anche perché c'è chi lavora in senso contrario.
Tutto ciò da visibilità e sostanza alla fede che, come dice San Giacomo, «senza le opere è morta».

Ma lavorare per la ricompensa non ha senso. Non è cristiano. Altrove, Gesù ricorda senza tanti complimenti che «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare»: ed è un bene che lo faccia, perché se il darsi da fare valesse a qualcosa, inizierebbero le ripicche tra chi ha lavorato di più e chi ha lavorato di meno; come i vignaioli.
Per tutti quelli che rispondono alla chiamata - e che lavorano nella vigna - c'è invece la felicità eterna, quella che chiamiamo "salvezza", nella stessa misura per tutti. Non in ragione del lavoro svolto: in ragione del fatto che tale salvezza è un dono gratuito, ottenuto «per grazia, mediante la fede».
Dopotutto era questo l'accordo iniziale: Dio non fa torto ai primi che ha chiamato solo perché vuole dare la stessa beatitudine anche agli altri.
Sono loro che, pur chiamati, ancora non hanno assunto la somiglianza con Dio e pensano non tanto di aver ricevuto meno del dovuto (quello no: la paga l'hanno concordata all'inizio) ma pensano che, se fossero stati più furbi, avrebbero potuto lavorare meno e venire pagati allo stesso modo. Tanta meschinità produce il lavorare per la ricompensa, ed ecco perché Dio è stato tanto saggio a decidere che la salvezza dipende dalla fede, e non dalle opere.