Lo Spirito e la Sposa

Un percorso "sintetico" realizzato per un ragazzo di 12 anni che si prepara a ricevere la Cresima.Lo Spirito e la Sposa - preparazione "sintetica" alla Cresima

Gli incontri qui raccolti sono stati usati per una preparazione "particolare" alla Cresima: un sorta di percorso condensato (in tre mesi circa, con un incontro ogni quindici giorni) realizzato appositamente per un ragazzo di 12 anni e modellato intorno ai sette doni dello Spirito Santo.

Per la loro destinazione particolare gli incontri sono un po' diversi dal solito schema ma soprattutto sono decisamente più corposi: non sono infatti pensati per essere "usati" durante l'incontro ma lasciati per la lettura personale. Dopotutto, con due settimane tra un incontro e l'altro, uno dovrà pur avere qualcosa da leggere nell'attesa, no?

  1. Lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!»
  2. Sapienza, Intelletto, Scienza
  3. Consiglio, Fortezza
  4. Pietà, Timore di Dio
  5. Re, profeti e sacerdoti - Andate e fate discepoli
  6. Io non ho un altro piano
  7. Perché la Cresima, dunque? - «Tutto concorre al bene...»

C'è poi il Prontuario dei doni: una pagina che riassume i sette doni dello Spirito Santo con relativa spiegazione abbreviata.

Tutte le schede possono essere scaricate, in formato Pdf, dalla sezione relativa.


Qualche noterella di spiegazione

Stando ai titoli, gli incontri, in realtà, sarebbero nove e non sette.

Tuttavia abbiamo accorpato in un'unica volta Re, profeti e sacerdoti e Andate e fate discepoli mentre gli ultimi due (Perché la Cresima, dunque? e «Tutto concorre al bene...»), pur avendo due titoli diversi costituiscono davvero un incontro solo: «Tutto concorre al bene...» è infatti costituito da testi utili, o belli, o interessanti, che fanno un po' da conclusione all'intero percorso e sono lì per il motivo spiegato nell'introduzione all'incontro stesso, cui rimando.

Inoltre non abbiamo mai avuto modo di "testare sul campo" gli incontri del punto 7. Per una questione di date e impegni sono rimasti solo scritti e consegnati unicamente in tale forma al loro destinatario. Non hanno pertanto "spunti collaterali" che accompagnano il testo, come invece capita negli altri casi (uno prende le mosse da una canzone, un altro dallo spezzone di un film, un altro ancora dalla nostra chiesa... è tutto spiegato nelle introduzioni ai singoli incontri).

I contenuti, com'è ovvio, sono un insieme di vari materiali già esistenti (è inutile reinventare la ruota) e altre cose create per l'occasione. Le fonti sono il catechismo della Cei, libretti vari e materiale trovato in Rete del quale non saprei più riconoscere la paternità visto che proviene sì da Internet ma stazionava sul mio disco in attesa di una futura utilità.

Una fonte posso invece sicuramente citare: il blog di Berlicche (cui va un sentito ringraziamento per essere la miniera che è), da cui ho attinto a piene mani per la parte di "citazioni"; le sue riflessioni sono scritte per gli adulti, ma non credo che i ragazzi di seconda media non le possano capire, specie se dimostrano di avere un'intelligenza, com'era in questo caso; inoltre sono preziosissime, ché non è generalmente facile trovare qualcuno (anche tra le pubblicazioni "ufficiali") che non riduca il cristianesimo alle favole della buona notte.

Naturalmente, come sempre accade, riguardando adesso tutto il materiale penso che, se dovessi rifare un percorso simile, alcune cose non le farei, sostituendole con altre, e altre le farei in modo diverso. Ma, in fondo, vale un po' per tutto quello che c'è su questo sito.


Infine, un'ultimissima nota tecnica: insieme ai file Pdf, non facilmente modificabili, nella sottosezione di download c'è un file .Zip che contiene il file originale, modificabile, da cui i Pdf stessi sono tratti, oltre ai font e alle immagini. Le schede sono infatti realizzate con Scribus e basta installarlo (esiste per Linux, Windows e Os X) - e imparare a usarlo - per poter modificare direttamente il materiale.



Gli allegato qua sotto sono le singole schede e il file che raccoglie tutte le 18 pagine del percorso. Le singole schede si possono scaricare anche dalle pagine relative a ognuna, accessibili dai link posti a fondo pagina o dal menu di navigazione qua a sinistra.

Nei due file .Zip ci sono invece i "sorgenti", modificabili, realizzati con Scribus.

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Lo Spirito e la sposa dicono «Vieni»!

Introduzione all'incontro

Il primo incontro è, come prevedibile, di tipo introduttivo: serve a dare un perché alla preparazione alla Cresima, specialmente per qualcuno che ha già superato "l'età giusta" (la prima media). Ciò è un vantaggio: permette di tenere un livello un pelo più alto durante gli incontri e di appoggiarsi ai dubbi che sorgono nei ragazzi.

A questo proposito, per il primo incontro abbiamo sfruttato i "biglietti" realizzati dai ragazzi di terza media durante un ritiro l'anno prima, in cui hanno espresso anonimamente i loro dubbi, le loro perplessità e il loro non capire - molto sinceramente - a che cosa serva Gesù (e tutto l'ambaradàn che vi ruota attorno) nella loro vita. I testi, salvati per i posteri, si trovano qui (e meritano una lettura, anche se per un catechista sono un po' deprimenti... o rivelatori)


Lo Spirito e la sposa dicono «Vieni!»

Scrittura e Tradizione

Perché "fare" la Cresima? Perché così lontana dal battesimo, quando in origine i due sacramenti venivano amministrati insieme, come si fa tuttora nelle Chiese ortodosse?

Noi sappiamo che la rivelazione di Dio - Dio che va in cerca dell'uomo - si compie attraverso due binari  paralleli e che si illuminano a vicenda: la Scrittura e la Tradizione.

Nella Scrittura, noi incontriamo la Parola di Dio che parla a noi ancora oggi. Gli scrittori sacri, ispirati dallo Spirito Santo, hanno scritto come Dio si è rivelato, con le parole e con i fatti. È una parola viva, perché è lo Spirito di Dio che parla e agisce.

Nella Tradizione, noi vediamo la vita della Chiesa, della comunità cristiana: è il vissuto dei cristiani che diventa esso stesso rivelazione, ci parla di Dio, ci mostra come egli è e quanto sia innamorato dell'uomo. Gesù, dando vita alla Chiesa, le ha dato anche una garanzia: «Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità» (Gv 16, 13). La Chiesa non è sola, nella storia; non siamo soli: lo Spirito Santo ci guida e consiglia.

Lo Spirito e gli Apostoli

Lo Spirito di Dio agisce nel mondo. È sceso sugli apostoli il giorno di Pentecoste (At 2,1 - 13), è stato invocato dagli apostoli stessi sui convertiti della Samaria (At 8, 15 - 17), che erano stati «soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù».

Abbiamo qui già una prima indicazione: questa prima forma di "cresima" è distinta dal Battesimo, di cui completa il dono. Con quello siamo figli di Dio, con questo riceviamo la pienezza dei doni e diventiamo pronti a testimoniarlo.

Chi è lo Spirito?

Tutta la storia della Rivelazione, tutta la Bibbia, è pervasa dalla presenza dello Spirito.

È lo Spirito creatore (Gen 1,1 - 2,4), quello che infonde il soffio di vita nell'uomo (Gen 2,7) (la parola ebraica per indicare lo Spirito, ruah, indica proprio il "respiro" e il "vento"), con cui Dio ha dunque un rapporto unico e privato.

È sempre lo spirito e chiamare i patriarchi, i giudici, i re e i profeti che illuminano la storia di Israele, è lui che diventa una promessa per ogni uomo (Ger 30, 1 - 11; 31, 31 - 34), è lui quello capace di cambiare radicalmente il cuore (Ez 36, 26 - 27) e rinnovare l'intera creazione (Sal 103). È un dono per tutti: anziani, giovani e bambini, schiavi o liberi (Gl 2, 23 - 3, 3). È ancora lo Spirito che si poserà sul Messia (Is 11, 1 - 4), è per opera sua che Gesù viene concepito nel grembo di Maria (Lc 1, 35), è lui che appare dopo il battesimo di Gesù (3, 22), è lui che accompagna l'intera vita di Gesù (Lc 4, 1 - 19) e dona la sua forza agli apostoli (Gv 20, 21 - 23).

L'unzione

Lo Spirito, come abbiamo visto, viene invocato dagli apostoli su coloro che credono per "confermarli", "irrobustirli" nel battesimo. Non a caso la cresima si chiama anche "confermazione" (dal latino confirmare: rendere saldo, dare stabilità).

Il termine cresima richiama invece il Crisma, l'olio con il quale i cresimandi vengono unti. A sua volta quest'unzione rimanda all'unzione rituale dei profeti, dei re e dei sacerdoti del popolo ebraico. Il crisma, consacrato dal Vescovo nella messa crismale del giovedì santo, è segno visibile dell'azione dello Spirito Santo; come l'olio allora, così ancora di più lo Spirito Santo consacra in Dio coloro che lo ricevono. Proprio come fu consacrato Gesù (At 10, 38).

Con l'olio, il Vescovo traccia una croce sulla fronte del cresimando.

È il sigillo, lo stesso termine (in greco, sfrag…j - sphragìs) che indica il marchio con cui si segnava la proprietà di cose e persone. Chi accoglie lo Spirito si dichiara "proprietà di Dio" e dallo Spirito riceverà i doni che l'aiuteranno nella sua vita.

Non siamo soli

«Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo» (Mt 28, 20b).

Lo Spirito di Dio agisce oggi, nei cristiani, in coloro che lo invocano.

Sette sono i doni dello Spirito che la Chiesa, nella Scrittura e nella Tradizione, ha individuato: indicano l'aiuto di Dio che non verrà mai meno.

Noi non siamo soli: la Chiesa, la comunità di coloro che credono in Gesù, è figura del progetto di Dio sull'uomo.  Un progetto di comunione, di unità, unità degli uomini con Dio e degli uomini tra loro. È questo che Gesù è venuto a rivelare, è questo che fonda la Chiesa.

I doni

I sette doni dello Spirito sono: sapienza, scienza, intelletto, consiglio, fortezza, pietà, timore di Dio. Ora inizieremo a parlare di loro. Ci parleranno di Dio e di come Dio è presente nella nostra vita, di cui ci permette di scoprire il significato vero, per non perdere il nostro tempo «volgendoci alle favole» (2Tm 4,4).


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Sapienza, Intelletto, Scienza

Introduzione all'incontro

I primi tre doni sono quelli relativi alla "conoscenza". La prospettiva è quella di avere una conoscenza che non sia priva di riconoscenza: non una egocentrico senso di possesso, non l'illusione del controllo, ma la conoscenza attraverso l'amore. Saper distinguere il bene dal male, sapere andare in profondità per discernere il vero e il falso, avere l'umiltà di riconoscere il proprio limite e usare le capacità di cui siamo dotati per riconoscere la mano sapiente del nostro Creatore: questo è un po' il filo conduttore di quest'incontro.

Il brano dei Coldplay, Viva la vida, si inserisce in quest'ottica: il come è spiegato nell'introduzione al brano, più sotto.


Sapienza, Intelletto, Scienza

I doni dello Spirito Santo

…Cosa sono?

La nostra vita può essere paragonata ad una barca priva di motore e spinta a fatica a remi dai rematori; se si aggiungono delle vele gonfiate dal vento, tutto diventa molto più semplice. Noi siamo i rematori, i remi  rappresentano il nostro impegno di vivere, le vele rappresentano i doni dello Spirito Santo e il soffio del vento è lo Spirito Santo.

…Quanti sono?

I doni dello Spirito Santo sono sette, il numero che nella Bibbia rappresenta la perfezione, la completezza, come a
dire che riassumono tutte le possibili varianti delle caratteristiche positive. Non  sono stati "inventati": è la Bibbia che ce li presenta, quando annuncia il Messia, germoglio di Iesse (Is 11,2).

È interessante notare che nell’originale ebraico erano nominati solo sei doni: manca la pietà. Quando è stata preparata  la versione greca chiamata "dei Settanta" (circa un secolo prima di Cristo), essi introdussero anche la pietà perché nella  lingua greca il termine "timore di Dio" non rendeva la pienezza di significati del corrispondente ebraico.

I primi tre doni

Lo Spirito Santo, abbiamo visto, è presente in tutta la storia della Salvezza. Agisce nella storia, è vicino agli uomini. È Dio che non ci lascia mai soli, ci dà il proprio sostegno. Partendo dai doni che ci elargisce possiamo scoprire qualcosa di lui.

I primi tre doni che vediamo sono, in un certo senso, collegati tra loro: riguardano il rapporto tra noi e la nostra intelligenza, l'uso che facciamo delle nostre capacità, e la possibilità che abbiamo di capire il mondo e, capendolo, arrivare al Dio che ci ama e ci ha voluti qui.

Sapienza

La parola sapienza deriva dal latino sapĕre (sàpere), che significa «avere sapore, essere gustoso». Grazie a questo dono, assaporiamo la natura, ne ammiriamo la bellezza; sentiamo il mistero di Dio nel mormorare delle foglie, lo intravediamo nel brillare delle stelle.. ed anche l’esistenza più modesta trova meraviglie in tutto e diventa essa stessa meravigliosa. Chi ha il dono della «Sapienza» non solo assapora il creato, ma lo legge e impara da esso.

Un grande monaco inglese del Medioevo, Isacco della Stella, diceva: «Questo mondo serve l’uomo in due modi: nutrendolo e insegnandogli. Il secondo regalo del dono della «Sapienza» è quello di aiutarci a distinguere il bene dal male. In un mondo come il nostro in cui disponiamo del telefonino, del computer, internet, tv... serve più che mai questo dono perché non basta «avere» tante cose, bisogna sapere anche «come» usarle. A che serve avere il computer e poi non sapere come si usa? Ma non basta neanche sapere come usare le cose: bisogna sapere per che cosa usarle. Il telefonino si può usare per fare gli auguri a un amico, oppure per insultarlo. Il dono della «Sapienza», dunque, è il dono che illumina il cuore, il dono della luce interiore. Il re Salomone divenne «sapiente» proprio in forza di esso: «Signore, così pregava, io sono un ragazzo, non so come regolarmi: concedimi un cuore docile perché sappia distinguere il bene dal male» (1 Re 3,7-9).

Noi siamo chiamati a usare la nostra sapienza: «Voi siete il sale della terra» (Mt 5, 13). Noi possiamo dare sapore a questo mondo.

Il frutto della sapienza è la contemplazione.

Intelletto

«Intelletto» viene dal latino «intus-legere»: penetrare in profondità. Il dono dell’«intelletto» ci aiuta a vincere la superficialità, ad arrivare al cuore delle cose. Oggi noi viviamo nella società dello spettacolo, nella società del «pavone». L’importante è apparire, non essere. Basta essere belli fuori, anche se dentro si è vuoti. Siamo bombardati da slogan che gonfiano le emozioni, abituano alla superficialità e rendono allergici allo sforzo della riflessione e del ragionamento. Televisione e internet ci sommergono con un mare d’informazioni, diverse e tra loro contrastanti; così diventa per noi difficile distinguere il vero dal falso, l’essenziale dal secondario e dall’inutile. Viviamo in un tempo in cui trionfa l’«apparenza»: uno può anche essere ladro, ma se porta la cravatta giusta al momento giusto si sistema tutto. Viviamo in un tempo in cui la mania esibizionistica contagia tutti, persino i bambini della scuola materna. Quelli richiamati sono «pericoli» reali, che ostacolano la nostra maturazione umana e cristiana.

Come evitare di esserne travolti?È facile intuire che il grande mezzo di cui servirsi è la riflessione. Un impegno in cui non siamo soli, perché a guidare e sostenere il nostro sforzo c’è lo Spirito Santo mediante un suo dono: quello dell’ «intelletto». Il dono dell’«intelletto» ci fa intelligenti; ci rende capaci di riflessione, ci guida a vedere le cose nel modo giusto, ci guida alla saggezza. Ci ricorda che ciò che conta non è l’apparenza ma la sostanza.

Con il dono dell’«intelletto» — dono della profondità — lo Spirito Santo:

  1. Ci fa penetrare nella Parola di Dio: conducendoci alla verità tutta intera, secondo la promessa di Gesù: «Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera» (Gv 16,13)
  2. Ci fa raggiungere il cuore della fede cristiana: credere che Gesù è il Figlio di Dio incarnato, morto e risorto per la nostra salvezza, l’unico Salvatore, il Dio con noi, il Signore (cioè Dio). «Nessuno può dire “Gesù è il Signore” se non sotto l’azione dello Spirito Santo» (1 Cor 12,3).
  3. Rende acuto il nostro sguardo, così che, può andare oltre quello che vedono tutti, e cogliere quanto Dio silenziosamente ma efficacemente, sta operando nella vita di ciascuno di noi e nella storia dell’umanità.
    Questa scoperta dell’amore di Dio ci colma di gioia e di fiducia, diventa la forza della nostra vita.

Il dono dell’intelletto aiuta a capire e a mettere in pratica verità «scomode», ma essenziali per la vita

Il frutto dell'intelletto è la profezia.

Scienza

Spirito SantoLa parola scienza ha significati diversi: La «scienza», opera della ragione umana che si chiude dentro l’orizzonte del mondo, per scoprirne le leggi e il funzionamento; e la scienza, dono dello Spirito.

La prima si ferma al visibile, non vuole e non può andare «oltre» e raggiungere l’invisibile. Lascia fuori Dio dal suo orizzonte di ricerca e genera la tecnica che con i suoi successi trasforma il mondo, la vita e la società. La scienza da un punto di vista è un pensiero forte, che con il continuo progresso oltrepassa tutti i limiti fino a creare il senso dell’onnipotenza. Ma la «scienza» può veramente tutto? Ogni sua conquista è buona?  Da un altro punto di vista è un pensiero debole, perché non risponde alle domande ultime: chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo? Non dice e non può dire nulla sul senso della vita e sul nostro destino ultimo. Che cos’è la vita in questa prospettiva? Una parentesi fra due nulla: il nulla prima di nascere e il nulla dopo la morte.

 L’uomo per vivere ha bisogno oltre che della scienza opera della pura ragione umana, di un’altra «scienza», dono dello Spirito che apre la mente e il cuore al mistero di Dio. Una «scienza» diversa, speciale. Parlando del dono della «scienza», la Bibbia e la riflessione cristiana non rifiutano affatto l’accezione comune con cui è inteso oggi tale termine, ma gli danno un respiro più ampio, gli danno l’orizzonte della fede.

Il profeta Isaia (11,2) per esprimere questo dono usa il termine «conoscenza»; e nella Bibbia «conoscere» può assumere anche il significato di «amare» (Gn 19,8; Mt 1,25). Effettivamente c’è compenetrazione tra l’amare e il conoscere. La nostra conoscenza è sempre impregnata d’amore. Chi ama capisce meglio, capisce prima, capisce di più. Pensiamo alle intuizioni che hanno le mamme nei confronti dei loro figli; pensiamo a quanto hanno capito di Dio i mistici, esperti nell’amare. Se si vuole capire una persona, bisogna, per prima cosa, amarla. Gli innamorati si comprendono al volo perché si amano. Anche nei confronti di Dio è così: lo comprendi solo se ti innamori di lui. Con il dono della «scienza», lo Spirito Santo accende la nostra mente e il nostro cuore per «conoscere» bene, nel modo giusto, Dio e tutte le sue creature: Dio come Padre, le creature come sorelle. Seguendo l’esempio di Francesco d’Assisi, che fece straordinaria esperienza del dono della «scienza». Viste nella loro bellezza e insieme nei loro limiti (cioè secondo il dono della «scienza»), le creature sono suggestivo richiamo di Dio, prezioso specchio di lui per l’uomo.

Il dono della «scienza» è diretto a purificare e rafforzare il discernimento su eventi, persone e cose: essendo creature, non devono sostituirsi al Creatore. Benché siano realtà fondamentalmente buone, perché volute da Dio (cf Gn 1,25.3 1), non sono dei fini ma dei mezzi. Esse non possono dare la felicità perfetta, piena e definitiva.  Questo può farlo unicamente Dio, che è il fine ultimo, il bene supremo. Non si deve quindi permettere che le creature si impadroniscano del nostro cuore, rendendolo schiavo. L’opera di discernimento, data la nostra fragilità e pochezza, può spaventarci; a darci aiuto viene lo Spirito Santo con il dono appunto della «scienza».


CITAZIONI

Un gruppo di eminenti scienziati si raduna e giunge alla conclusione che ormai la tecnica umana è così avanzata da potere fare a meno di Dio. Così scelgono la persona più rappresentativa tra di loro e la mandano da Dio a  dirgli che può farsi da parte. Lo scienziato va da Dio e gli dice: «Dio, abbiamo deciso che non abbiamo più bisogno di Te. Adesso cloniamo la gente e facciamo cose miracolose, quindi perché non ti ritiri e basta?».

Dio ascolta con pazienza e poi dice: «Va bene, però prima facciamo una gara di creazione dell'Uomo». Al che lo scienziato replica: «Ok, ci sto!».

Ma Dio aggiunge: «però facciamo come ai vecchi tempi della creazione di Adamo». Lo scienziato dice «Nessun problema!», si china e raccoglie una manciata di terra.

Dio lo guarda e dice, scuotendo la testa: «No, no! Va' a procurarti la TUA terra!»


«No, l'uomo non è collocato beatamente o miseramente in un mondo bell'e fatto: egli coopera alla sua genesi. Quando Dio ebbe creato l'uomo, dice ancora la scrittura, "il settimo giorno si riposò", perchè aveva ormai qualcuno che poteva incaricarsi del resto».

(Henri de Lubac, "Il dramma dell'umanesimo ateo")


Coldplay - Viva la Vida

Sulla copertina del disco è raffigurato il dipinto di Eugène Delacroix "La Libertà che guida il popolo" ma il titolo dell'album è stato ispirato dalla frase Viva La Vida scritta nel quadro che Frida Kahlo ha dipinto otto giorni prima di morire e che ha proprio questo titolo. Chris Martin ha dichiarato di aver scelto questo titolo utilizzando la frase dell'artista messicana perché: «Lei è sopravvissuta alla poliomelite, ad una spina dorsale rotta e un male cronico per decenni. Ha avuto un sacco di problemi e poi ha iniziato questo grande quadro a casa sua che diceva Viva La Vida. Mi è piaciuta questa audacia».

Il brano racconta di un re deposto, che riflette sul fatto di avere avuto il mondo intero nelle sue mani, salvo scoprire, nel momento della sua caduta, che i suoi castelli poggiavano su "pilastri di sale e di sabbia". Sotto assedio, mentre ascolta le campane di Gerusalemme suonare e ode le grida della cavalleria romana fuori le mura, chiama a raccolta tutti coloro che gli sono rimasti fedeli perché si battano per difenderlo. Il re ricorda di avere udito al momento dell'ascesa sul trono la folla cantare "il vecchio re è morto: lunga vita al re". Questo riferimento lascia intendere che il re sia ben consapevole del fatto che il suo potere ed il suo comando, come quello di ogni altro sovrano, erano un giorno destinati a finire. Eppure non ci credeva finché non è successo e ora, conscio di quanto ha fatto, sa che san Pietro «non chiamerà il suo nome».

Coldplay - Viva la Vida

I used to rule the world
Seas would rise when I gave the word
Now in the morning I sleep alone
Sweep the streets I used to own

I used to roll the dice
Feel the fear in my enemys' eyes
Listen as the crowd would sing:
"Now the old king is dead! Long live the king!"

One minute I held the key
Next the walls were closed on me
And I discovered that my castles stand
Upon pillars of salt and pillars of sand

I hear Jerusalem bells are ringing
Roman Cavalry choirs are singing
Be my mirror my sword and shield
My missionaries in a foreign field
For some reason I can't explain
Once you've gone there was never, never an honest word
And that was when I ruled the world

It was the wicked and wild old wind
Blew down the doors to let me in.
Shattered windows and the sound of drums
People couldn't believe what I'd become

Revolutionaries wait
For my head on a silver plate
Just a puppet on a lonely string
Oh who could ever want to be king?

I hear Jerusalem bells are ringing
Roman Cavalry choirs are singing
Be my mirror my sword and shield
My missionaries in a foreign field
For some reason I can't explain
I know Saint Peter won't call my name
Never an honest word
But that was when I ruled the world

ooooo ooooo ooooo oooooo ooooo
(repeat with chorus)

I hear Jerusalem bells are ringing
Roman Cavalry choirs are singing
Be my mirror my sword and shield
My missionaries in a foreign field
For some reason I can't explain
I know Saint Peter will call my name
Never an honest word
But that was when I ruled the world
Oooooh Oooooh Oooooh

Traduzione

Una volta governavo il mondo,
i mari si sollevavano quando l'ordinavo;
ora al mattino dormo da solo,
spazzo le strade che una volta erano miei

Tiravo i dadi,
scorgevo la paura negli occhi dei miei nemici
sentivo come se la folla cantasse:
"ora il vecchio re è morto, lunga vita al re!"

Un minuto prima possedevo la chiave
e quello seguente ero intrappolato dai muri
e ho scoperto che i miei castelli era costruiti
su pilastri di sale, su pilastri di sabbia.

Ho sentito suonare le campane di Gerusalemme
cantare i cori della cavalleria romana,
che tu sia il mio specchio, la mia spada, il mio scudo
i miei missionari in terra straniera.
Per qualche ragione che non riesco a spiegare
da quando tu sei andata/o via
non c'è più stata più una sola  parola onesta,
ed era così quando io governavo il mondo.

È stato il vento, antico, rude e il selvaggio
a soffiare giù le porte per lasciarmi entrare,
finestre frantumate e suono di tamburi...
la gente non riuscirebbe a credere
quello che sono diventato

I rivoluzionari aspettano
la mia testa su un piatto d argento.
Soltanto una marionetta appesa a un unico filo,
chi mai potrebbe voler essere re?

Ho sentito suonare le campane di Gerusalemme
cantare i cori della cavalleria romana,
che tu sia il mio specchio, la mia spada, il mio scudo
i miei missionari in terra straniera.
Per qualche ragione che non riesco a spiegare
so che san Pietro non chiamerà il mio nome:
mai una parola onesta,
ma così era quando io governavo il mondo.

ooooo ooooo ooooo ooooo ooooo
(coro)

Ho sentito suonare le campane di Gerusalemme
cantare i cori della cavalleria romana,
che tu sia il mio specchio, la mia spada, il mio scudo
i miei missionari in terra straniera.
Per qualche ragione che non riesco a spiegare
so che san Pietro chiamerà il mio nome:
mai una parola onesta,
ma così era quando io governavo il mondo.


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Consiglio, Fortezza

Introduzione all'incontro

Consiglio e Fortezza sono doni che interpellano direttamente la fede; richiedono e supportano la fiducia nell'amore di Dio verso ciascuno di noi, nell'esistenza di un progetto di felicità per la nostra vita, nella cura attenta che il Padre ha per ogni suo figlio. Grazie ad essi sappiamo resistere alle tentazioni. Quali? In primis quella secondo cui staremmo meglio senza Dio, quella che ci spinge a considerarlo un seccatore, un gelido burocrate, un inflessibile giudice, un «moralista, un padrone assenteista» e, pertanto, di dover ottenere per noi tutto quanto ci è possibile in questa vita, perché Dio è sostanzialmente ingiusto.

È la tesi di John Milton, il personaggio interpretato da Al Pacino ne L'Avvocato del Diavolo; il suo monologo finale è illuminante - e per questo l'abbiamo guardato e ascoltato - sulle tentazioni e su come l'uomo cerca di riempire la vita, una volta che vi ha tolto Dio. Potere, ricchezza, «beatitudine istantanea, puoi averla a comando», sesso, il «piacere senza condizioni», la vanità: c'è tutto in quello che Milton offre, e nel modo subdolo in cui lo offre, e nel fatto che va accettato "per libero arbitrio". Significa che l'uomo può scegliere, saper vedere al di là delle menzogne, e in questo ha l'aiuto dello Spirito.


Consiglio, Fortezza

Consiglio

Nella Bibbia, la parola «consiglio» significa per lo più «progetto»: «I popoli non comprendono il consiglio del Signore» (Mic 4,12): gli uomini non cooperano a realizzare il «disegno» che Dio ha su di loro, anzi lo rifiutano.

Su ogni uomo Dio ha un progetto: egli chiama ciascuno a realizzare qualcosa di unico e irripetibile. Dio non fa mai fotocopie!  Il progetto di Dio su di noi non è un’imposizione, è invece una proposta di lavoro insieme: Dio sa qual è la via per la nostra riuscita nella vita, per la realizzazione piena della nostra personalità. Se noi la comprendiamo, l’accogliamo, c’impegniamo a seguirla, con intelligenza e amore, diventiamo «autentici», «veri»; diventiamo «unici», «irripetibili». Proprio come ci vuole Dio.

Noi siamo segnati dal soggettivismo, dall’individualismo dove ognuno mette al centro il proprio io, pensa a realizzare liberamente se stesso facendo leva sulle proprie forze, pronto sì a ricevere dagli altri, ma non a donare gratuitamente senza sperare il contraccambio.

Quello che avviene nel rapporto sociale, si ripete anche a livello religioso. Molti non sanno concretamente che cosa farsene di Dio.

Non sentono il bisogno di lui, della sua parola che illumina, orienta, consiglia.. Eppure, per poco che ci pensiamo, e specialmente nei momenti più problematici e confusi della nostra vita, cogliamo tutta la nostra fragilità e precarietà: cogliamo il bisogno che abbiamo degli altri, e soprattutto di quell’Altro, che supera ogni limite umano, che può davvero «consigliarci»: Dio. Prezioso, insostituibile diventa per noi il dono del «consiglio», che porta sicurezza, fiducia, speranza nella nostra vita.

Ecco la preziosità del dono del «consiglio». Ci aiuta a deciderci nel modo giusto: a progettare il futuro, a proiettarci nel domani.

Ci aiuta a decidere, a decidere presto e a decidere anche alla grande. Quante note in una chitarra, quante scintille in un ceppo, quante stelle in uno squarcio di cielo, quante potenzialità in un uomo! L’intelligenza e la memoria dell’uomo hanno delle possibilità straordinarie, largamente ancora da esplorare. Ma non minore in lui è la capacità di amare, contemplare, pregare. Siamo dunque sollecitati a non sprecare le nostre risorse, ma a farle fruttificare al massimo, realizzando nel modo migliore il «progetto» di Dio su di noi, il suo grande «sogno». In questa «impresa» non siamo soli: è con noi lo Spirito Santo, con il dono del suo «consiglio». E noi, resi capaci di accogliere i «consigli» dello Spirito, diventiamo capaci di «consigliare» i nostri fratelli.

Fortezza

Uno scrittore dei primi secoli del Cristianesimo paragonava lo Spirito Santo all'allenatore e l'allenatore, si sa, prepara alla fatica. Anche questo dono ha due dimensioni, quella passiva ci aiuta a resistere agli attacchi del male, mentre quella attiva è la forza d’attacco per vincere il male con il bene.
Con il dono della «fortezza» lo Spirito Santo elargisce all’uomo coraggio, costanza, tenacia nel testimoniare la fede e nel fare il bene. Gli effetti di questo dono sono già chiaramente visibili nell’evento della Pentecoste, quando gli Apostoli sono resi coraggiosi nel testimoniare la risurrezione di Gesù.
Il dono della «fortezza» ha sostenuto gli Apostoli e i discepoli nelle persecuzioni subite a causa del Vangelo. E ha continuato, lungo i secoli, a sostenere i martiri nel momento della prova. Ma questo dono non è solo per il martirio «glorioso», «eccezionale», ma anche per il martirio «sommesso», «quotidiano», che coinvolge tutti attraverso la fedeltà all’ideale cristiano.

Il mondo in cui viviamo è largamente segnato dalla violenza, e la nostra cultura si presenta spesso con i tratti di una cultura di morte, che non sono certamente sinonimi della «fortezza», correttamente intesa; sono piuttosto segnali di debolezza, di insicurezza, di impazienza, di disperazione. Paradossalmente, accanto alla violenza e alla morte, prospera oggi la tendenza a facilitare, livellare e banalizzare ogni cosa. Anche questa tendenza, si oppone alla fortezza, intesa come capacità di affrontare con coraggio, difficoltà e impegni. Dunque Il dono della «fortezza» è il rimedio più sicuro a tre «malattie» mortali:

  1. Il «conformismo» è la malattia di chi si allinea alla cultura dominante, che segue le mode, preoccupato di essere come gli altri, che non sa andare controcorrente per vivere i valori evangelici da vero discepolo di Gesù.
  2. L’ «edonismo» è la malattia di chi mette il piacere sempre prima del dovere e fugge dalla fatica e dal sacrificio senza dei quali non si costruisce nulla di valido e duraturo.
  3. Il «minimismo» è la malattia di chi cerca il massimo risultato con il minimo sforzo, di chi si accontenta in tutto del sei meno e non vive per nessun grande ideale.

E quindi evidente la preziosità del dono della «fortezza» in questo nostro tempo, in cui, per realizzarsi come persone umane e ancor più per essere autentici cristiani, si deve decisamente andare controcorrente. Con l’immancabile fatica che ciò comporta.


CITAZIONI

«Il modo migliore per scacciare il Diavolo, se non vuole cedere ai testi della Scrittura, è di deriderlo ed insultarlo, perché egli non può sopportare la beffa».

Martin Lutero


«Il diavolo...quello spirito orgoglioso...non può tollerare di venir canzonato»

Tommaso Moro


Chi è il mendicante?

Mi ricordo di una volta che incontrai ad un crocevia un uomo che domandava soldi. Diritto, altezzoso, si avvicinava a tutte le automobili, e a tutti diceva: «Dammi dei soldi per mangiare». E, a chi rifiutava, regalava un beffardo: «Grazie, proprio molto gentile», ostentando un'aria di totale disprezzo.
Per anni ho fatto anch'io così. Certo di non essere esaudito, chiedevo quello che mi avrebbe fatto comodo.

Fino a che cessai di essere disperato e mi affidai totalmente, dicendo: questo è quanto vorrei, ma fa' ciò che vuoi di me perché so che mi vuoi bene.

E fui esaudito. Naturalmente non come avrei voluto, ma in maniera diversa, inaspettata e profondamente più aderente a quanto veramente desideravo.

Quidestveritas cita nel suo blog questo brano:

«Pregare per qualche cosa o per qualcuno» scandì lentamente Calahorra «è una cosa molto, molto pericolosa. Si è sempre ascoltati. E mai nessuno sa veramente quello che sta chiedendo. Non domanderei mai nulla senza aggiungere: “Se è la tua volontà”, “Se è per il mio bene” o qualcosa di simile. Naturalmente, talvolta Dio dice “no” alle nostre preghiere… È tutta un’apparenza. Quando lo fa, il Suo “no” in qualche modo si trasforma in un torrente di grazie per un altro, spesso per tanti altri. Non c’è nulla al mondo di simile a una preghiera inesaudita». (Louis De Wohl, L'ultimo crociato - Il ragazzo che vinse a Lepanto, Bur)

Essere un mendicante è non pretendere nulla ed aspettarsi tutto:

«È (...) la libertà di Dio che mi raggiunge attraverso i segni sacramentali e, perciò, chiama la mia libertà a rispondere. Niente di più lontano dal ripetersi di un meccanismo. È il dramma del rapporto tra Cristo e l’uomo, che si riaccende ogni volta che ognuno si avvicina consapevolmente, come un mendicante, a partecipare nel banchetto eucaristico».(Julian Carron al congresso Eucaristico di Bari).

«Per cui l'esistenza si esprime, come ultimo ideale, nella mendicanza. Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell'uomo e il cuore dell'uomo mendicante di Cristo». (Don Giussani, lncontro dei movimenti col Papa. Piazza San Pietro, 30 maggio 1998)

Chi è il mendicante? L'etimologia dice: «Colui che è difettoso». E tutti difettosi siamo. Ma non veniamo scartati, perché siamo amati. E, non avendo niente da dare in cambio di quello che abbiamo avuto, possiamo solo mostrare il nostro sguardo.


Non si ha fede perché si è bravi. Si ha fede perché si segue un incontro che cambia la percezione della vita e il giudizio su di essa. Molti pensano che la fede sia una specie di test di capacità morali. Se raggiungi un certo punteggio hai fede. No, la fede è un evento, una differenza che entra nella vita innanzitutto come coscienza che non si è più soli e persi. Che non si è inutili. Nessuno. Non si è più persone qualunque, con un destino di creature finite. Si è figli desiderati. La fede è riconoscere che Dio ti da del tu, e dice: il tuo cuore, la tua persona intera sono fatti d'eterno. La fede è un colpo che separa dalla presunzione di salvarsi da soli. Di essere padroni di sé. Infatti, non i farisei, non i bravi, seguivano Gesù, ma coloro che sapevano d'esser poveretti. Poveri di vita, di significato adeguato al vivere. (da un articolo di Davide Rondoni, Avvenire del 26 Aprile 2005)


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Pietà, Timore di Dio

Introduzione all'incontro

Prima di metterci comodi e parlare degli ultimi due doni, abbiamo dato un'occhiata alla nostra chiesa parrocchiale e ai criteri che l'hanno voluta realizzata in questo modo.

È una chiesa moderna, di cemento armato, persino spoglia. Entrando, partendo dal fondo e avanzando lentamente, cercando di ignorare i quadri appesi di recente e riportando mentalmente il tabernacolo dov'era in origine, sull'altare, diventa chiara l'idea che aveva in mente chi l'ha progettata: tutto punta lì, all'altare, al tabernacolo, all'eucaristia, centro intorno al quale si sviluppa la Chiesa. Non ci sono distrazioni.

Arrivati davanti all'altare, vediamo che nella parte inferiore, sul pilastro che sostiene la mensa, sono raffigurati Maria e gli Apostoli: la Chiesa primitiva, intorno all'Eucaristia. A dire il vero c'è anche Gesù, ma si trova dietro, e tipicamente è visibile soltanto al sacerdote.

Al centro della mensa, l'abbiamo detto, c'era il tabernacolo. Ora, ogni volta che si celebra la Messa, c'è il Pane Consacrato. Nell'uno e nell'altro caso, la Chiesa primitiva è riunita intorno alla presenza reale di Gesù.

Ma c'è dell'altro. Proprio sopra l'altare - com'è evidente dalla prospettiva di chi entra - c'è e si sviluppa verso l'altro, come a prendere le mosse dall'Eucaristia, il popolo di Verghera raffigurato nel mosaico con il clero locale del tempo (don Mario, don Gianmario, mons. Giannazza) da un lato e, dall'altro, papa Paolo VI e l'Arcivescovo Colombo. Tutti insieme, la "Chiesa militante" di oggi, legata per discendenza alla Chiesa primitiva radunata intorno a Gesù.

Più sopra ancora, sempre nel mosaico, ecco Maria e gli angeli, raffigurazione della "Chiesa trionfante".

La struttura della nostra chiesa ci rimanda insomma all'intera storia della Chiesa cresciuta intorno alla pietra angolare, Gesù. Chi l'ha costruita sapeva da dove veniva, dai secoli che l'hanno preceduto, dalle testimonianze continue dell'amore di Dio per i suoi figli e dalla "società" che è nata da quest'amore, la Chiesa stessa. Sapeva che alla base di tutto è necessario che ci sia Gesù, il quale ha compiuto la rivelazione del volto di Dio Padre che provvede a noi con la cura propria del genitore, cui siamo chiamati a rispondere con affetto e rispetto.

Perché l'immagine del "padre" non è casuale: come verso i genitori nutriamo affetto ma anche rispetto, così verso Dio. Come dai genitori proviene tutto quello che abbiamo, la nostra educazione, la possibilità di crescere, così da Dio proviene tutto quello che siamo, la nostra stessa vita. Ed ecco che a Dio dobbiamo gli stessi sentimenti che abbiamo verso i nostri genitori: affetto e rispetto legati insieme, appunto, ossia quello che la Bibbia chiama "pietà e timore di Dio". E questo avviene "naturalmente" una volta che lo si incontra, lo si conosce, lo si ama.

In quest'ottica capiamo allora la costruzione sia delle chiese locali sia delle grandi cattedrali, di come qualcuno neppure particolarmente ricco abbia potuto pensare di privarsi con gioia persino di parte del proprio sostentamento per fare bella la "casa di Dio", per dare una dimora splendida alla persona oggetto della sua pietà e del suo timore, dove raccogliere la famiglia dei figli.


Pietà, Timore di Dio

Pietà

«Il Signore non turba mai la pace dei suoi Figli se non per darne una maggiore» (Don Orione)

Questo dono - ne abbiamo già parlato - non è tra quelli elencati nel testo ebraico d’Isaia. Lo troviamo nella Bibbia dei Settanta (traduzione in greco dell’Antico Testamento, fatta nel II secolo a.C.).

A noi il termine «Pietà» richiama anzitutto e soprattutto la compassione, la misericordia (in questo senso diciamo: «Ho pietà di», «Abbi pietà di me»). Nel linguaggio biblico, invece, «Pietà» esprime attaccamento filiale, il riferimento immediato è ovviamente ai genitori, ma l’allusione più alta è a Dio: il cui amore per noi supera immensamente quello del padre e della madre.

Questo dono è il grande aiuto per cambiare la mente e il cuore, così da far vivere la condizione di figlio non come limite ma come gioiosa esperienza di crescita nell’amore sia nel contesto familiare che con Dio. C’è stata e c’è una più o meno violenta contestazione del padre e della madre, visti come limite alla propria libertà, alla propria originalità. Contestazione che normalmente si limita alle parole ma spesso, però, può giungere ad atti violenti, specchio di una cultura dura, intollerante, che rivendica diritti e non ammette doveri.

Così, con il dono della «Pietà», lo Spirito Santo ci guida a scoprire la bontà paterna di Dio e a vivere di questa verità. Credere veramente che Dio è il padre che ci ama: dà a noi forza, gioia, pace, rende vivibile la vita e rende accettabile anche la sofferenza e la morte.

Molti uomini e donne si sentono così oppressi dalla sofferenza da considerare la vita insopportabile. Solo la fiducia nella paternità di Dio dà la forza di continuare a vivere. Il dono della «Pietà» ci fa scoprire il volto paterno di Dio in tutti gli avvenimenti della vita, sia in quelli sereni come in quelli tragici e porta a fidarci di Dio con lo stesso abbandono di un bambino che si sente sicuro tra le braccia del papà, anche quando è sospeso sull’abisso.

Nella parabola del Padre misericordioso e del figlio che torna alla casa paterna, il filo conduttore è l’amore inesauribile del padre strettamente intrecciato con l’incrollabile fiducia che il figlio ha in questo amore.

Os. 11, 3 - 4 «Gli ho insegnato a camminare, l’ho tirato su fino alla mia guancia e mi sono chinato su di lui per dargli il mio cibo».

Questo rapporto con Dio ha conseguenza anche sul nostro rapporto con gli uomini. Ci fa sentire vicini agli altri, fratelli. Sensibili, senza sentirsi migliori perché la pietà porta sempre con sé l’umiltà.

Frutti della pietà sono la preghiera e la solidarietà.

Timore di Dio

La Bibbia, mettendo insieme, i termini «timore» e «Dio», non vuole certo fare «terrorismo religioso», proponendo un Dio fondamentalmente giudice severo, che incute paura e non dà confidenza. Tale immagine di Dio sarebbe in netta contraddizione con quella padre buono e misericordioso poiché Dio è Amore.

Il timore deve essere piuttosto inteso come affettuoso rispetto nei confronti di Dio, preoccupazione di non offenderlo con la nostra ingratitudine e con i nostri peccati, accurata attenzione a evitare tutto ciò che ci può allontanare da Lui, perché solo in Lui si realizza il progetto di felicità per noi.

Il rispetto per Lui esige ovviamente che vengano evitati la bestemmia e il nominare Dio inutilmente come pure il parlare a sproposito di Lui, il pensare e dire stupidaggini su di Lui.  Cosa che facciamo quando lo immaginiamo e lo presentiamo come controllore del biglietto, guastafeste, esattore delle imposte, uno che trova il male dappertutto. Dobbiamo sollevare da terra la parola "Dio", ridarle una buona fama.

Dobbiamo pensare e presentare un Dio che crede nell’uomo e lo vuole protagonista; un Dio disarmato, discreto, che bussa e attende; un Dio gioioso; un Dio il cui lavoro è amare e perdonare.  Dobbiamo dunque rinnovare il discorso su Dio perché si rinnovi l’incontro con Lui. Deve essere un discorso serio, che coinvolge l’esistenza; deve risultare significativo, proponibile.

Il dono del timore di Dio aiuta ad elaborare questo efficace antidoto alla indifferenza religiosa del nostro tempo (la mancanza di interesse nei confronti di Dio), più diffusa della negazione della sua esistenza (ateismo). In forte crescita sono la superstizione, la magia, l’astrologia, la cartomanzia... e diventano oggetti di culto (idoli) il successo, il denaro, il potere, la carriera, il corpo, il look: tutti surrogati di Dio.

In quest’impegnativa impresa ci viene in aiuto lo Spirito Santo con il dono del «timore di Dio» È naturale che chi non teme Dio, chi non lo rispetta, non rispetti neppure gli uomini, e giunga a calpestarli. La storia ci urla questa terribile verità dai lager e gulag, dalle infinite guerre, dalle città distrutte, dai genocidi... Chi teme Dio, chi lo rispetta e lo ama, rispetterà e amerà anche l’uomo, che vede come figlio di Dio e suo fratello.

Sir 1, 9 - 18 «Il timore del Signore è gloria e vanto. ... Per chi teme Dio andrà bene alla fine. ... Principio della sapienza è il timore del Signore. Pienezza della sapienza è il Timore del Signore. Corona della sapienza è il timore del Signore. Radice della sapienza è il timore del Signore».

Frutto del Timore del Signore è la coerenza.


CITAZIONI

Chi costruisce?

Chi, passando per le piazze di alcune delle nostre città, non si è fermato un attimo il naso all'insù per rimirare la mole immensa e bellissima di una cattedrale?

Chi non si è stupito della cura con cui tutto veniva fatto, per cui anche l'ultimo intaglio invisibile in alto sulla guglia era rifinito con lo stesso impegno di quelli ad altezza occhi?

Ma... Chi costruisce la cattedrali?

I nobili? I ricchi mercanti? O un popolo?

Di fronte a questa domanda c'è chi si mette a scrivere saggi e imbastire teorie.

Di fronte a questa domanda c'è invece chi si mette a spulciare gli Annali della Fabbrica del Duomo di Milano del 1400 per avere una risposta reale, come Martina Saltamacchia, che ne ha fatto una tesi e un articolo per "Tracce" di Maggio (2005).

«Lo scoraggiamento iniziale per l'incomprensibilità delle scritture e la lunga e ripetitiva trascrizione di cifre si è presto trasformato in impagabile commozione man mano che da quegli inchiostri sbiaditi cominciavano a far capolino innumerevoli storie di uomini e donne mossi quotidianamente a piccoli grandi atti di carità. (...) All'uomo medioevale è ben chiaro come tutto concorra alla Costruzione: come ogni gesto, per quanto banale o umile, nell'offerta acquista un valore eterno, così ogni bene, anche il più insignificante, serve all'edificazione della cattedrale. (...)

Notai, speziali, pescatori, orefici, fornai, mugnai, macellai prestavano gratuitamente le loro braccia per scavare le fondamenta. Ingegneri ed operai del cantiere devolvevano talvolta in offerta il loro salario, o vi rinunciavano in cambio di un'indulgenza per i loro peccati. Le prostitute, terminato il loro giro notturno, deponevano una parte del ricavato sull'altare. (...)

Solo nel'anno 1400 sono cira 8.000 le donazioni raccolte, in denaro  o in natura, per un valore totale di oltre 42.000 lire dell'epoca. Cifra assai ragguardevole, se si pensa che, oltre a costituire poco meno di un terzo delle entrate, copre la quasi totalità delle ingenti spese per il gigantesco cantiere, in cui gli operai ricevevano in media 3 lire al mese."

A conti fatti, il duca contribuisce solo per il 16% al costo dell'immane fabbrica. «È dunque a una folla di gente comune che si deve l'edificazione del Duomo di Milano, uomini e donne ben lieti di dare tutto ciò che avevano per un opera che, ben sapevano, mai i loro occhi avrebbero potuto contemplare ultimata. Uomini e donne ricchi soltanto di un'incrollabile fede, certi soltanto di dove fissare il proprio cuore».


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Re, Profeti e Sacerdoti - Andate e fate discepoli

Introduzione all'incontro

Il primo incontro - Re, profeti e sacerdoti -è, se vogliamo, più tecnico, informativo: serve a spiegare da dove viene il gesto di ungere con il crisma i cresimandi. Il secondo parla invece delle conseguenze della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli: degli effetti "dirompenti" che spingono i testimoni della vita, della morte e della risurrezione di Gesù a parlare senza remore di quanto hanno visto e conosciuto.

La Chiesa esiste per portare il meraviglioso messaggio dell'amore di Dio al mondo: chi sceglie di fare la Cresima dev'essere ben cosciente di quanto sta per fare, così come chi "fa la Comunione" non si accosta a un rito ma si nutre di Dio. Tutto quanto, tutta la Chiesa, non può essere ridotta a precetti, regole, riti, ma scaturisce da un incontro e dall'azione dello Spirito di Dio.

Entrambi gli incontri vengono più o meno di peso dal catechismo della Cei. Non prevedono "cose particolari" ma piuttosto una discussione: nelle teste dei ragazzi c'è già un'idea di "Chiesa", spesso non troppo positiva. Si tratta di parlare, confrontarsi e far ragionare per vedere se l'immagine corrisponde alla verità e al progetto di Dio.


Re, profeti e sacerdoti

L'unzione

CresimaI doni dello Spirito "informano" (cioè "danno forma a") tutti coloro che credono in Gesù. Coloro che l'hanno conosciuto, che l'hanno amato, si sono scoperti fratelli e non possono fare a meno di amarsi tra loro: lì è nata la Chiesa, la comunità di coloro che hanno fatto di Dio il Signore delle loro vite, che hanno scelto di dirsi orgogliosamente suoi figli, certi che altrove non c'è salvezza.

L'unzione - ne abbiamo già accennato all'inizio dei nostri incontri - appone una sorta di marchio, un sigillo che dice l'appartenenza di chi se lo fa apporre. Ma c'è di più. L'unzione con l'olio è un gesto molto antico, che il popolo di Israele riservava alle sue figure più importanti: i re, i profeti e i sacerdoti. Gesù "riunisce" in sé queste figure: è il vero re, il vero profeta, il vero sacerdote. E i cristiani, fatti a modello di Gesù, vengono a loro volta unti per essere re, profeti e sacerdoti.

  • Re: chiamati a governare (nel senso di come Adamo all'inizio del mondo si prendeva cura della creazione) il creato, il tempo e lo spazio che ci sono affidati, e noi stessi. Siamo responsabili della vita che ci è donata e delle persone e delle creature con cui interagiamo.
  • Profeta: il profeta è colui che porta il messaggio di un altro, una sorta di ambasciatore; noi siamo chiamati a portare e predicare il messaggio di un altro, di Gesù: siamo chiamati a predicare il Vangelo, un messaggio che non ci appartiene, che non è nostro. I profeti non erano coloro che predicevano il futuro - come si intende oggi volgarmente - ma coloro che "parlavano a nome di" (è questo il significato della parola greca prof»thj - prophètes) Dio.
  • Sacerdote: la funzione del sacerdote è quella di offrire il sacrificio (di animali) a Dio. Ora, il vero sacerdote è Gesù, che ha offerto la propria vita volontariamente a Dio, ponendo fine all'antico rito. Noi siamo chiamati a sacrificare, a donare la nostra vita, a "renderla sacra" (in "sacerdote" è evidente il termine sacer, "sacro", in latino), come ha fatto Gesù: non la perderemo, ma la realizzeremo in pienezza. «Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà» (Mc 8, 35).

Il crisma e gli altri olii

Durante la Messa Crismale, che si svolge nella mattina del Giovedì Santo nelle cattedrali di tutto il mondo, il Vescovo benedice gli olii santi: l'olio dei catecumeni, il crisma, e l'olio degli infermi.

  • L'olio dei catecumeni serve per l'unzione di coloro che iniziano il percorso di preparazione al battesimo, se questo avviene in età adulta; nel caso dei bambini, avviene prima del battesimo vero e proprio. Viene usato durante il rito di esorcismo e significa la liberazione dal peccato e da Satana: indica l'appartenenza a Cristo.
  • Il crisma viene usato durante il battesimo: indica l'appartenenza a Dio, è il sigillo (carattere) di cui abbiamo parlato ed è l'olio che si richiama a quello usato nell'Antico Testamento per i Re, i Profeti e i Sacerdoti. Il crisma non è solo olio: è mischiato a balsamo. Come l'olio indica la grazia abbondante, che si sparge nell' anima del cristiano per confermarlo nella fede, così il balsamo, che è odoroso e difende dalla corruzione, significa che il cristiano fortificato da questa grazia, è atto a dare buon odore di cristiane virtù e a preservarsi dalla corruzione dei vizi. Usato nella Cresima, conferma e porta a compimento il "percorso" iniziato col Battesimo (tant'è vero che in origine i due sacramenti erano uniti).
  • L'olio degli infermi si usa invece durante l'amministrazione del sacramento dell'Unzione degli infermi: «la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché alleggerisca le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del popolo di Dio» (dal Catechismo).

Il giorno della Cresima il Vescovo, chiamandoti per nome, dirà:
Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono.
E tu risponderai:
Amen.
Il vescovo riprenderà:
La pace sia con te.
E tu risponderai:
E con il tuo spirito.


Andate e fate discepoli

La Chiesa è missionaria (e non può non esserlo)

«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». (Mt 28, 16 - 20)

La Chiesa è inviata al mondo per rivelare il volto di Dio agli uomini. Come? Innanzitutto con l'esempio, e poi con la predicazione. Ogni comunità cristiana che vive unita nell'amore fraterno rivela Dio al mondo e testimonia il mistero della sua vita. Dio è amore. Ce lo ha detto Gesù. Noi lo crediamo e lo professiamo nella fade e nella nostra vita.

Uno solo è Dio in tre persone uguali e distinte: Padre e Figlio e Spirito Santo. Questo mistero ci lascia intravvedere in Dio una vita di amore infinito.

La sera prima di morire, Gesù prega il Padre perché noi testimoniamo al mondo l'amore della Santissima Trinità:

«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una cosa sola; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi ha mandato. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me»· (Gv 17, 20 - 21. 23)

Con lo Spirito Santo, effuso nel giorno di Pentecoste, la Chiesa inizia la propria missione: gli apostoli inizieranno a predicare nelle diverse lingue di chi era lì con loro, sorprendendoli tanto che alcuni dicevano: «Si sono ubriacati di vino dolce» (leggi At 2, 1 - 13).

Lo "stile" della prima Chiesa, della comunità degli apostoli, è qualcosa di unico: sono gli Atti degli Apostoli a dircelo (At 2, 42 - 47):

«Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano il cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo».

Gli effetti dello Spirito sono dirompenti: mai si era vista una comunità del genere. E l'espansione della Chiesa sarà rapidissima, spinta dal vento dello Spirito. Allora, certo, inizieranno anche i problemi. Basta vedere che cosa scrive Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi:

«Mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi perché vi riunite non per il meglio, ma per il peggio. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!

Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete al calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.

Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta». (1Cor 11, 17. 20 - 22. 26 - 29. 33 - 34)

La vita della Chiesa non sarà - non è - facile, ma ciò che non verrà mai meno, nemmeno nei periodi più bui, sarà la fedeltà al mandato di Gesù. E questo perché la sua assistenza, il dono dello Spirito, non verrà mai meno.

Guarda quanto hanno fatto, partendo in Undici! E l'hanno fatto perché non avevano precetti da imporre o regole da dare, ma un amore da annunciare e portare.


CITAZIONI

Il mondo capovolto

La testa mi fa male in maniera terribile. Le gambe non le sento quasi più, e questo è un bene, visto in che stato sono ridotte. Di tanto in tanto qualcuno si avvicina e mi sputa in faccia - sono un bersaglio facile, messo così. Si meravigliano: «Non è ancora morto».

Sento il sangue che mi scende sul petto, risale il collo, piano gocciola giù dal mio capo, e con esso la mia vita. Ma ancora tengo.

I cani sono stati fatti uscire tutti. Sulla sabbia arrossata restano pelli di animale e brandelli di uomini. Il cocchio dell'imperatore ci passa sopra. Avrei voluto parlagli, ma non riesco quasi neanche a respirare, la bile e il vomito mi riempiono la bocca, il naso. La sua armatura splende. Mi ha guardato, ha salutato la folla, è andato avanti.
E' il suo giorno, la sua festa, non ha tempo da perdere con un vecchio ebreo morente. E' il trionfo del male. Stanno spalmando di pece i ragazzi, tra poco daranno loro fuoco per rischiarare altri massacri. La fiamma purificherà torture ed oltraggi, mi dico.
Credo di avere una spalla strappata.

Mi sembra di essere qui da giorni.

Giunia l'hanno legata ad un toro, poi hanno fatto impazzire la bestia, mentre un attore declamava versi. Uno dei loro miti sanguinari. Dirce, la chiamavano. Non è stato rapido.

L'ho visto, poi, era seduto accanto a me. Non so se l'ho sognato per il dolore, o fosse proprio lui. Per un istante ho sentito come una fitta d'invidia, era libero, poi ho guardato le sue mani. Anche le sue, come le mie.

Ha annuito. Aveva un calice in mano, mi ha dato da bere. Non so come io sia riuscito a mandare giù qualcosa , così rovesciato, ma l'ho fatto. Si è chinato al mio orecchio, mi ha sussurrato «Lo so che mi ami». E poi è sparito. Non so se fosse un sogno, ma la gola ha smesso di essere arida. Non il resto.

Nell'arena hanno cambiato spettacolo. Un altro attore declama versi, da un podio. Narra una storia di quei loro déi falsi ed assassini. Arrabbiati con un mortale per una parola di troppo, ne sterminano i cinquanta figli. Mi tornano alla mente immagini di lui, che con i bambini ci giocava, in un cortile sabbioso e assolato di tanti anni fa, mentre nell'arena vengono fatti entrare i miei figli, i miei agnelli. Li conosco tutti. C'è Erma, con il viso gonfio dalle botte, che si doveva sposare con Asincrito il cui corpo ora l'illumina come una torcia. Trifena, la piccola Trifena, seviziata per tre giorni dai carcerieri, che non sembrava dovesse smettere di sanguinare. Morirà oggi, comunque. E Apelle, Stachi...

Perchè mi hai fatto vivere, per vedere questo? I miei agnelli, i miei figli uccisi?

Si apre il cancello, entrano due carri da guerra, falcati, appesantiti di ornamenti dorati. Su uno sta un arciere vestito da Apollo, il copricapo di sole raggiante, lo stesso che portava prima l'imperatore. Sull'altro torreggia Diana, il seno scoperto, pure lei arco e frecce in mano. Si dirigono verso il mio gregge. So che li colpiranno ad uno ad uno, daranno loro la caccia inseguendoli, li staneranno dagli angoli dell'arena, dove cercheranno di nascondersi dai dardi omicidi. La folla rumoreggia, incita. Poi il ruggito, la risata, l'urlìo blasfemo si spegne poco a poco. Un altro rumore comincia ad udirsi, sommesso prima, poi sempre più forte.

Il mio gregge non sta scappando. Sta cantando, sta pregando. I falsi dèi sono confusi. Non è quello che si aspettavano. Un funzionario fa gesti frenetici. Apollo incocca l'arco, lascia partire la sua freccia verso il bersaglio immobile. Erma è trapassata da parte a parte, e cade senza un grido. Gli altri proseguono a pregare, stretti. Di tanto in tanto, mi guardano. Io guardo loro.

Le frecce vengono scoccate, una dopo l'altra. I carri sono fermi, come le mie pecorelle che cadono una a una. Dalle tribune vengono sequele di imprecazioni, fischi, urla di scherno. Ma sempre meno convinte. I carnefici incoccano, con mani sempre più esitanti. Sulla faccia di Diana, forse una donna germanica a giudicare dai lineamenti, c'è una smorfia di assoluto disgusto. Un servo corre verso il carro di Apollo, sussurra qualcosa all'auriga, che annuisce. Il conducente sprona i cavalli, fa fare un ampio giro al carro, prende velocità, e punta dritto verso il drappello dei superstiti.

Non si spostano, non smettono neanche di cantare mentre le lame sulle ruote decapitano di netto Trifena, mentre Stachi viene scagliato via come una bambola di paglia.

Adesso il silenzio, al di sotto del canto, è sempre più irreale. Altri segni frenetici, i musici attaccano a suonare un motivo guerresco che non riesce a soffocare il motivo sempre più fievole del salmo. Finchè non rimangono che due voci, poi una sola. D'un tratto capisco che è la mia. Termino il salmo. Così sia.

L'assenza è assordante. La Presenza, è assordante. E capisco perchè sono rimasto vivo fino ad ora.

Davvero credevo che la morte potesse essere la fine di qualcosa io, proprio io che ho visto?

Appeso a testa in giù alla mia croce, io, vecchio pescatore di Galilea, vedo un mondo capovolto. Un mondo dove la misericordia vince sul male, dove l'agnello trionfa sul leone, e la morte e la paura sono sconfitte. Tutti lo vedono.

Mio Dio, amico mio, nelle Tue mani affido il mio spirito.



 



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Io non ho un altro piano

Introduzione all'incontro

È un incontro a "due velocità". Da una parte parla dell'esperienza delle prime Chiese locali e delle difficoltà che hanno incontrato, notevolmente simili a quelle che ci sono ancora oggi. Dall'altra affronta rapidamente un aspetto "tecnico": fare un po' di chiarezza nella nomenclatura usata per la gerarchia attuale della Chiesa, esigenza emersa durante uno degli incontri passati e comunque utile.

Se sulla seconda parte non c'è molto da dire, la prima è consolante: la difficoltà di credere e di affidarsi non è cosa nuova ma è sempre esistita, anche in quella "Chiesa delle origini" di cui si parla spesso idealizzandola come comunità perfetta. Invece la Chiesa è fatta di uomini, ognuno con le proprie peculiarità ma per i quali l'importante è aprirsi all'accettazione di Dio: è lasciandolo operare che si arriva a una vita felice per il popolo tutto. Certo ciò richiede impegno: com'è possibile lamentarsi di tutto se non si fa nulla per migliorare le cose? Fare la cresima significa anche assumersi delle responsabilità all'interno della comunità in cui si vive - in primis la famiglia - e valorizzare i propri doni, attivi e sereni nella certezza che Dio non ci abbandona e agisce anche attraverso i fratelli (per cui anche noi possiamo essere suoi strumenti), come la storia della Chiesa dimostra.

È stato l'ultimo incontro, anche se c'era in preventivo anche altro. Dunque nulla di particolare ma un po' di "chiacchiera" (in senso positivo) e di preparazione al sacramento.


Io non ho un altro piano

Molti doni, un solo Spirito

Se il compito fondamentale della Chiesa è la missione, se è l'annuncio della "bella notizia" (il Vangelo) ciò che Gesù affida agli Undici, non avranno perso tempo. Infatti, negli Atti degli apostoli possiamo leggere come incessantemente questi "quattro gatti", dopo aver ricevuto il dono dello Spirito Santo a Pentecoste (At 2, 1 - 13), continuino a ripetere la novità che hanno scoperto e vissuto: Dio è entrato nella storia degli uomini, è diventato uno di noi, per amore degli uomini - suoi amici - ha accettato di sacrificarsi cancellando il peccato e abolendo il rito antico (Lv 16), e con la sua risurrezione ci ha aperto le porte della vita eterna. Ci ha mostrato che non siamo in questo mondo per caso, che Dio ha un disegno d'amore su ognuno di noi, che ci propone la strada per una vita piena, felice, che noi possiamo liberamente scegliere.

Quando gli apostoli hanno scoperto tutto questo, quando l'hanno provato e capito davvero, non hanno potuto fare a meno di annunciarlo a tutti quelli che incontravano: quando si trova una cosa bella non si può tenerla per sé. Così sono nate le comunità cristiane.

Quella di Corinto, per esempio

La nascita della comunità è descritta negli Atti, al capitolo 18. San Paolo scriverà ben due lettere per dirigere, esortare e ammonire i cristiani di Corinto. Lì, in quella comunità, sono presenti i doni caratteristici dello Spirito: una fede profonda, la gioia di vivere insieme e di lodare il Signore, la forza della profezia e il servizio nel nome di Gesù.

Ma molti non avevano capito a che cosa servissero i doni dello Spirito. Qualcuno era geloso del proprio dono, forse un po' invidioso di quello degli altri. E Paolo interviene (1Cor 12, 1 - 27):

«Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell'ignoranza. Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune. Ma tutte queste cose le opera l'unico e il medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole».

Ogni dono è per la crescita della Chiesa nella fede e nell'amore, e per l'unità. Solo mettendo i doni che lo Spirito ci elargisce, e non cercando di usarli per primeggiare o peggio ancora restando pigri e inoperosi, realizziamo il disegno di Dio. Ogni comunità cristiana è ricca di molti doni: è compito di ciascuno scoprirli e mettere i propri in circolazione per arricchire tutti. Non saremo giudicati sui risultati ma sulla fedeltà a ciò che oggi ci chiede il Signore per servire la sua Chiesa con l’annuncio del suo Vangelo, e saremo giudicati sull’amore che metteremo nel compiere il nostro ministero (ricorda la parabola dei talenti, Mt 25, 14 - 30).

O Efeso, per citarne un'altra

Le origini della Chiesa di Efeso sono narrate anch'esse negli Atti, al capitolo 19. Gli abitanti di Efeso nemmeno sapevano che ci fosse uno Spirito Santo, ma erano soltanto stati battezzati secondo il battesimo di Giovanni. Dopo la discesa dello Spirito, la comunità cresce. E anche a questa Paolo indirizza una lettera (vedi Ef 4, 1 - 6):

«Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti».

Non si può essere cristiani a tempo perso. O cattolici pantofolai: che trattano la fede come un paio di pantofole, buono da indossare in casa ma da sostituire non appena escono dalla porta di casa. Cristiani di nome, per le statistiche, ma che non accolgono il dono, perché temono che sia un peso. Non capiscono come "il giogo dolce e il carico leggero" (Mt 11,30) siano l'unica strada che li conduce alla Verità e alla pienezza della vita. I cristiani vedono il bello della vita, perché conoscono il perché dell'esistenza. Sanno del progetto buono di Dio, sanno che tutta la realtà è buona e sanno che il male non è la parola definitiva. Gesù non è venuto a togliere la sofferenza, creando un mondo statico, ma ci ha dato la chiave per superarla e addirittura sfruttarla. I cristiani non sono musoni. Come raccomandava San Filippo Neri: «Figlioli, state allegri!».

Una Chiesa organizzata

Quando la comunità primitiva dei discepoli si è espansa, è nata l'esigenza di organizzare in maniera chiara la Chiesa, in modo che l'insegnamento rimanesse costante e la verità non venisse tradita. Il tempo e lo spazio sono tiranni: cercheremo di delineare brevemente la situazione.

Checché se ne dica, l'autorità di Pietro - conferitagli da Gesù (Gv 21, 15 - 19 o Mt 16, 18) non perché fosse il più intelligente o il più coraggioso o il più fedele, ma il più appassionato - non è mai stata messa in discussione: anche Paolo, che ci litigherà, tornerà sempre da lui per avere l'approvazione circa la propria predicazione. Per questo diciamo che Pietro è la prima figura di Papa: una persona, assistita in maniera particolare dallo Spirito Santo (Lc 22, 32), che garantisce l'unità della Chiesa e la fedeltà al mandato e all'insegnamento e alla persona di Gesù.

Pietro e gli altri Dieci formano il collegio degli Undici: quelli che hanno vissuto con Gesù, quelli la cui autorità è indiscussa perché "loro c'erano". Ma il tempo passa e gli Undici diventano vecchi o muoiono martiri: così istituiscono degli ispettori, da loro appositamente formati e sul quale invocano il dono dello Spirito Santo in maniera speciale imponendo le mani, perché continuino la loro missione. Sono i primi vescovi (che in greco - ™p…skopoi - significa appunto "ispettori"), consacrati direttamente dagli apostoli per garantire la fedeltà a Gesù. Solo i vescovi consacrano altri vescovi, e con l'approvazione del Papa: così la continuità apostolica, una linea ininterrotta che di vescovo in vescovo risale fino agli apostoli, è rispettata.

Poi ci sono coloro che dedicano completamente la loro vita all'annuncio del Vangelo. Celibi, come consiglia San Paolo (anche se la regola non è inizialmente ferrea ma è più un'indicazione), consacrati in maniera particolare con il dono dello Spirito Santo per mano dei vescovi, sono coloro che rendono presente Gesù nelle molte comunità che si formano: presiedono la cena eucaristica, la messa, svolgendo il ruolo di Gesù e rendendolo presente per davvero nel pane e nel vino. Sono i presbiteri (dal greco, gli "anziani", perché come gli anziani in una comunità hanno autorità e saggezza) o, per brevità, i preti.

Infine, tra gli ordini sacri ci sono ancora i diaconi: in origine istituiti dagli apostoli (At 6, 1 - 6) perché si occupassero del servizio delle mense al posto loro (perché le varie attività non li distraessero dal compito principale, ossia la predicazione), sono ora il gradino "più basso" del sacerdozio (anch'essi sono consacrati con l'imposizione delle mani e l'invocazione dello Spirito Santo), collaborano con i presbiteri e possono amministrare alcuni sacramenti (ma non l'Eucaristia e la Riconciliazione).

Con il crescere della Chiesa la struttura si è ulteriormente organizzata. I preti vengono messi a capo delle parrocchie (dal greco : significa "vicino alle case"), in modo da guidare le comunità come Gesù si pone pastore del gregge. Ogni tot parrocchie radunate insieme formano una Diocesi (ancora dal greco, era un'unità amministrativa dell'Impero), con a capo un vescovo per assicurarsi la fedeltà dell'attività dei presbiteri all'insegnamento degli apostoli e, quindi, di Gesù.

Quanto ai cardinali, sono i collaboratori speciali del Papa, chiamati da lui per gestire la Chiesa nel suo insieme, e gli unici (attualmente) che possono eleggere il Successore di Pietro. L'origine risale proprio ai diaconi, presbiteri e vescovi che il Papa chiamava a collaborare alla gestione della Diocesi di Roma.


CITAZIONI

«Fatto l'esame di coscienza e recitate le mie preghiere, perché non dovrei dormire tranquillo? Se mi agitassi, non prenderei sul serio il Vangelo che ci ricorda, senza complimenti, che ciascuno di noi non è che un 'servo inutile'. Dobbiamo fare sino in fondo il nostro dovere, ma consapevoli che la Chiesa non è nostra, la Chiesa è di quel Cristo che vuole usarci come strumenti ma che ne resta pur sempre il signore e la guida. A noi sarà chiesto conto dell'impegno, non dei risultati» (Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, quand'era Cardinale e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, a chi gli chiedeva se dormisse bene nonostante i dossier inquietanti sulla contestazione clericale che gli arrivavano in quel periodo).


Durante l'Ascensione, Gesù gettò un'occhiata verso la terra che stava piombando nell'oscurità . Soltanto alcune piccole luci brillavano timidamente sulla città di Gerusalemme. L'Arcangelo Gabriele, che era venuto ad accogliere Gesù, gli domandò: «Signore, che cosa sono quelle piccole luci?». «Sono i miei discepoli in preghiera, radunati intorno a mia madre. E il mio piano, appena rientrato in cielo, è di inviare loro il mio Spirito, perché quelle fiaccole tremolanti diventino un incendio sempre vivo che infiammi d'amore, poco a poco, tutti i popoli della terra!».L'Arcangelo Gabriele osò replicare: «E che farai, Signore, se questo piano non riesce?». Dopo un istante di silenzio, il Signore gli rispose dolcemente: «Ma io non ho un altro piano...».

Tu sei una piccola fiaccola tremolante nell'immensità della notte. Ma fai parte del piano di Dio. E sei indispensabile. Perché non ci sono altri piani.

(da Bruno Ferrero, La Vita è Tutto Ciò che Abbiamo)


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Perché la Cresima, dunque? - Tutto concorre al bene...

Introduzione all'incontro

C'è poco da introdurre: come già detto nella pagina iniziale, non abbiamo mai avuto modo di "testare sul campo" questo materiale che, anzi, è stato in bozza fino a poco prima della Cresima.

L'ho consegnato dopo, così com'è, come saluto, congedo, invito e augurio.


Perché la Cresima, dunque?

Cani e vetri

Il mio cane odia i venerdì mattina. Il venerdì mattina, sapete, è il giorno in cui passano a ritirare il vetro. Dalle otto in avanti, quando gli spazzini si avvicinano abbastanza perché si possa sentire il rumore di vetri rovesciati dai contenitori di ognuno degli abitanti della mia via nel furgoncino dell'azienda comunale, il mio cane con impegno abbaia contro questi disturbatori della pubblica quiete.

Ma non in continuazione. Quando gli spazzini vuotano il secchio - e dunque fanno rumore - abbaia furiosamente. Non appena il rumore cessa, smette anche lui. Poi gli spazzini passano al secchio successivo, e lui ricomincia ad abbaiare, finché il rumore non cessa nuovamente. E così via, per tutta la strada, finché non sono più a portata d'orecchio. Poi il mio cane rientra in casa, soddisfatto per averli fatti smettere ancora una volta di produrre quel baccano infernale.

Io sospetto che sia convinto di avere tutto il merito della ritrovata tranquillità: «se quelli hanno smesso di far rumore» - penserà - «è perché col mio abbaiare li ho spaventati a sufficienza. C'è voluto un po', ma anche stavolta ce l'ho fatta». È un cane, e ragiona così. Non gli può passare per la mente che, se non li sente più, è semplicemente perché ormai sono troppo lontani, e che lui non ha alcun merito circa il ritorno del silenzio nella nostra zona. Probabilmente, se potesso scoprirlo, cadrebbe in depressione.

Quanti, intorno, a noi, sono convinti che il mondo giri perché ci sono loro ad abbaiare forte! Quanti sono convinti di dominare l'esistenza, di non avere bisogno di nessuno, di essere i padroni assoluti, di essere «i re dei loro piccoli mondi», come dice il Dottore.

Tutto è dono

Eppure non è forse ovvio che l'intera esistenza è un dono? Che cosa, di quello che possiamo chiamare "nostro", non abbiamo ricevuto? La vita, la fede, un nome, le persone che ci amano... Tutto quanto ci arriva dall'esterno. E noi possiamo influenzarlo, modificarlo, dominarlo, ma viene da un Altro.

Fare la Cresima significa anche riconoscere questo: l'esistenza di un Altro, un Creatore da cui discende la realtà - e anche noi! - e che per noi nutre un amore infinito e gratuito, e che non sogna altro che renderci felici e mostrarci come non sia il male, il dolore, la morte la parola definitiva, ma l'Amore. «L'ultimo nemico a essere annientato sarà la morte» (1Cor 15, 26).

Ma c'è di più. Contrariamente a quanto si pensa, la Cresima non è la fine, ma l'inizio: «Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino» (1Cor 13, 11a). La fede, la conoscenza di Dio, cresce e servono nuove risposte: «Io, fratelli, sinora non ho potuto parlare a voi come a esseri spirituali, ma carnali, come a neonati in Cristo. Vi ho dato da bere latte, non cibo solido, perché non ne eravate ancora capaci» (1Cor 3, 1 - 2a). Ora che ti avvi a non essere più un bambino, si tratta di prendere in mano le redini della tua stessa fede, della tua formazione, e deciderti personalmente; certo ci sarà chi ti guiderà, chi è più avanti di te nel cammino, ma proprio questo è importante: che tu scelga quale cammino intraprendere.

Fin dai primi tempi i catecumeni, prima di ricevere il Battesimo, erano chiamati a scegliere tra due vie. Uno dei più antichi catechismi, la Didaché (parola greca che vuol dire insegnamento) le descrive così: «Vi sono due vie: una della vita e una della morte; ma grande è la differenza tra queste due vie. La via della vita è questa: in primo luogo, ama Dio che ti ha creato; in secondo luogo, ama il prossimo tuo come te stesso; non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te. La via della morte invece è questa: anzitutto è una via cattiva e piena di maledizioni; pronti al male, mai al bene, lontani dalla gentilezza e dalla pazienza, la percorrono quanti perseguitano i buoni e non hanno compassione per chi soffre, odiano la verità e amano la menzogna...».

Devi sceglierti i tuoi maestri. O, meglio, i tuoi testimoni: la scelta di una via o dell'altra è evidente nelle scelte di vita, nei comportamenti. «Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni» (Mt 7, 16 - 18). E in questo viaggio non sei solo: la famiglia, la Chiesa, lo Spirito Santo con i suoi doni, che elargisce con la sua presenza su di te, ti accompagneranno sempre, se lo vorrai.

Dopotutto, «se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8, 31)


«Tutto concorre al bene...»

... per quelli che amano Dio» (Rm 8, 28).

In questi incontri abbiamo affrontato diversi temi, parlato di tante cose, cercato di liberare l'immagine del volto di Dio rivelataci da Gesù dalla fuliggine che in tanti fanno a gara a metterci sopra. Ma tanto ci sarebbe da dire, da fare, da vedere. Perché il cristianesimo non è una religione. Il cristianesimo è un'esperienza. Un'esperienza che è possibile perché alla sua origine c'è un fatto: Dio si è fatto uomo, si è avvicinato in una maniera prima di allora impensabile, ha condiviso la nostra vita, ha battuto la morte ed è vivo e operante tutt'oggi. Com'è Dio? Dio è come Gesù. Perché Gesù è Dio: «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14, 8).

Tanto ci sarebbe da dire, tanto sulla bellezza e la bontà del mondo in cui hai deciso di aggirarti da cristiano, dicendo il tuo sì chiaro con la Cresima. Tanto ci sarebbe da dire sulla Chiesa, spesso bistrattata da chi ne ha un'idea distorta e falsa, che cambierebbe subito se solo si prendesse la briga di andare a guardare come sono veramente le cose.

Non potendo dire tutto in così poco tempo, lasciamo la parola a qualcuno che sa come usarla: Berlicche, blogger dal cui sito ho prelevato molto materiale per questi incontri, e qualche autore. Sono citazioni che credo utili, e ragionevoli, per ritrovare la prospettiva in cui guardare le cose quando arriveranno i dubbi.


Il gusto delle cose

Scriveva Santa Hildegarda di Bingen: «Tutte le cose che possiamo vedere, toccare, e percepire con il gusto sono state create da Lui. Ed egli le ha viste tutte in qualche maniera indispensabili per l'uomo».

Insomma, ogni cosa al mondo ci è stata dato per goderla. Forse qualcuno dirà: «e come la mettiamo con il sesso»? Sì, anche quello. Ma io vi domando: per esaltare il vostro gusto, per stare bene di stomaco e di corpo, vi strafogate di cibi sintetici, pasta scotta e patatine mosce?


La postina

Il giudizio arriva sempre dopo il fatto. Se il giudizio avviene prima di conoscere un fatto, questo diventa un pre-giudizio. Ma per potere giudicare, perché la ragione possa comprendere appieno un determinato avvenimento occorre coinvolgersi con questo avvenimento.

Dei conoscenti mi informano che c'è una nuova postina. La descrivono come una bellezza. Io mi incuriosisco, ma più di tanto non mi interesso. I giorni passano. Lei è spesso oggetto di conversazione: i miei amici parlano sempre di come si muove, di come si veste, delle sue abitudini. Alcune ragazze, bisbigliando, riportano pettegolezzi sul suo conto. Di nuovo, mi limito ad ascoltare, senza esserne toccato.

Quand'ecco che un giorno la incrocio. D'un colpo, tutte le parole udite acquistano corpo e vita. Ah, ecco come ha gli occhi! E avevano ragione sui suoi capelli! Adesso capisco a cosa si riferivano quando descrivevano la sua camminata!

Indubbiamente, adesso che la conosco, mi attira molto di più di quando ne sentivo solo parlare. E quindi le propongo di uscire.

Usciamo insieme per un certo tempo, ci conosciamo meglio. Un giorno, a pranzo, sento dal tavolo vicino alcune tizie che spettegolano su di lei.

Mi alzo d'impeto e dico: «No, quanto dite è falso! Io la conosco bene. Non è così, non potrebbe mai avere fatto quanto dite!».

È un incontro che affascina, è un'esperienza, una familiarità che ti fa giudicare il vero o il falso di una affermazione.

Posso sentire i discorsi papali, ma questi sono solo parole morte. La Chiesa è viva.

Per capire cosa dice, capirlo veramente, devo correre il rischio di incontrarla. E, se imparo a conoscerla bene, non avrò più il desiderio di lasciarla.


La differenza

Il cristianesimo è la religione più semplice che esista. Probabilmente perché non è una religione, ma un avvenimento.

Non ci sono cose particolari da fare. Non ci sono cibi particolari da evitare o da mangiare. Non si devono avere comportamenti particolari, tagliarsi i capelli o lasciarseli crescere, indumenti da indossare o da non indossare, cosa da dire o da non dire. Non c'è niente di più semplice.

Ma allora cosa cambia tra l'essere cristiano e il non esserlo? Perchè allora farsi cristiano? In che modo cambia la vita?

Ve lo dirò.

Cambia la vita perché quello che si fa assume senso e gusto, un senso e un gusto più grandi di quello che da soli potremmo immaginare.

È la stessa differenza che c'è tra raccogliere un fiore e raccogliere un fiore per la persona amata.
È la stessa differenza che c'è tra pulire escrementi e pulire gli escrementi di tuo figlio.
È l'amore a Dio, che si riflette nell'amore a chi ti sta davanti, che si riflette in ogni cosa fai o non fai.

Mi ci è voluto un po' a capirlo. L'uomo cerca sempre manuali che gli insegnino cosa fare, libretti d'istruzioni che gli dicano come comportarsi. Tanto ha paura a guardare dentro a sè e capirsi, e cambiarsi.

Nel cristianesimo i precetti, l'ubbidienza sono il desiderare la persona amata, il cercarla, il seguirla, ascoltare quello che ci dice.

Ecco la differenza tra una religione e un avvenimento. La prima descrive delle regole, la seconda è la realtà che accade, una persona che impari a conoscere, un cuore che ama.


Fede

«Dovrei pensare che la mia fede non sia vera solo perché non la vedo? Ma io sono sicurissimo di avere la cistifellea, anche se non l'ho mai vista».
Matteo Salvatti


Costanza

«Se lasciate sola un'insegna bianca, sarà presto una insegna nera; se tenete a che rimanga bianca, dovete sempre ritingerla di bianco. [...] E questo, che è vero delle cose inanimate, è vero, in un senso speciale e terribile, di tutte le cose umane».
Gilbert Keith Chesterton


«Perché forte come la morte è l'amore».
Cantico dei Cantici 8,6


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Il Prontuario dei Doni

Una sintesi dei sette doni dello Spirito Santo, utile per un rapido riferimento.

Consiglio

Il dono del consiglio ci aiuta a scoprire il progetto d’amore che Dio ha su di noi e la strada giusta per realizzarlo. Questo dono agisce in noi in due modi: ci fa diventare consiglieri per gli altri, in particolare rendendoci in grado di trasmettere le nostre esperienze di fede, ma ci fa anche riconoscere bisognosi di consigli nelle quotidiane scelte che la vita ci mette davanti, ovviamente attraverso la preghiera.

Fortezza

È il dono del coraggio, della costanza, della tenacia: uno scrittore dei primi secoli del Cristianesimo paragonava lo Spirito Santo all'allenatore e l'allenatore, si sa, prepara alla fatica. Anche questo dono ha due dimensioni, quella passiva ci aiuta a resistere agli attacchi del male, mentre quella attiva è la forza d’attacco per vincere il male con il bene. Alcuni ideali propostici dal Vangelo sembrano irraggiungibili, per questo se vogliamo davvero viverli, dobbiamo essere umili e chiedere l’aiuto dello Spirito Santo tramite il dono della Fortezza.

Intelletto

Il dono dell'Intelletto ci aiuta a non essere superficiali, ma ad arrivare al cuore delle cose. Questo dono può agire in diversi modi: può darci la capacità di conoscere noi stessi e affrontare coscientemente ciò che in noi non va, oppure di conoscere e capire a fondo gli altri, ma può essere anche l’intelligenza spirituale per leggere la Bibbia fra le righe e ricavarne un nutrimento di vita. È il dono della "profondità" contro la "superficialità", dell'"essere" contro l'"apparire"…

Pietà

Il nome di questo dono non ha nulla a che fare con il senso negativo che gli attribuiamo noi oggi ma è strettamente legato al termine latino piĕtas (pìetas), l’amore familiare tra i genitori e i figli. La Pietà è il dono che ci aiuta a credere sul serio che Dio è Padre e ci ama, ci dà forza, pace e gioia. Il dono della Pietà porta a fidarci di Dio con lo stesso abbandono di un bambino che si sente sicuro tra le braccia di papà e mamma anche quando è sospeso sul vuoto.

Sapienza

La Sapienza è il dono che ci concede il gusto della conoscenza del creato e quindi del suo Creatore, Dio, per conoscerlo e amarlo. Essa ci aiuta soprattutto a saper distinguere il bene dal male. La Sapienza può nascere in noi solo come dono di Dio perché ha Dio come origine e come fine: Dio ama me, io amo Dio. E' questa una relazione che non nasce dalle nostre forze, ma che c'è stata regalata!

Scienza

Questo dono può essere espresso anche col termine "conoscenza" che nella Bibbia significa anche "amare". Chi ama capisce meglio, capisce prima, capisce di più. Il dono della Scienza insegna ad amare una persona se la si vuole capire e anche Dio lo si comprende solo amandolo. Mentre nel nostro linguaggio "scienza" significa conoscenza umana di tipo tecnico, mediante la quale si arriva a dominare il mondo, nel linguaggio biblico "Scienza" è la capacità di conoscere il mondo, senza dominarlo, ma, al contrario, riconoscendo Dio come Creatore. Scienza dunque è la luce per vedere nelle cose e nelle persone la bellezza e la potenza di Dio, ma è anche la conoscenza che scaturisce dall'amore: il cuore che ama comprende più della mente. Il cuore si apre alla fiducia in Dio e accetta anche ciò che non si capisce (prove e dolore).

Timor di Dio

Il dono del Timore ci fa diventare consapevoli della grandezza di Dio. Egli è buono, e gli si devono rispetto e ubbidienza: Dio non si può prendere in giro. Il Timor di Dio ci è donato anche per ricordarci che non possiamo fare sempre quello che ci pare e piace perché non siamo noi i padroni del bene e del male, quindi non possiamo far diventare giusto ciò che è ingiusto, lecito ciò che è illecito. Timor di Dio non è affatto paura di Dio, ma è rispetto e stima verso di Lui, se ci può essere sfumatura di paura deve essere quella di perdere Dio o di offenderlo. Il Timor di Dio mira inoltre a ricordarci un dovere molto importante: il dovere di non dire stupidaggini su di Lui.


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Il prontuario dei doni
 

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Pensieri di terza

La domanda-guida posta dal seminarista durante il ritiro era: che cosa mi trattiene dal seguire Gesù? Le risposte... beh, parlano da sole (e, al di là dell'umorismo involontario di cui hanno dato prova molti dei loro autori, pongono serie questioni sul catechismo che facciamo).

(nota: la trascrizione ha cercato di riprodurre fedelmente i foglietti - di cui gelosamente custodisco gli originali - così come sono, strafalcioni compresi)

  • Ho difficoltà a seguire Gesù perché spesso preferisco di occuparmi di tutto quello che è certo e reale.
  • Perché i miei compagni mi potrebbero dire che sono una ragazza un po' fessa perché perdo tempo ad andare a messa o a pregare invece di divertirmi e giocare. Perché sono attratta da varie cose che mi circondano come cellulari e biciclette e quindi quando vado a messa non posso averne voglia.
  • Ho difficoltà a seguire Gesù perché ho pagato troppo per lasciare tutto.
  • è difficile seguire Gesù perché bisogna abbandonare ogni piccolo piacere e rinunciare ad ogni cosa ad esempio non guardare più la Tv o non giocare più con i video giochi o rinunciare ai cellulari oppure all'ipod.
  • (Oh Oh Buona Natale yea yea yea) Io certe volte nn ho vgl di andare a messa opp. vado ma nn ascoldo xké ho + voglia di trascorrere il tmp whit my amici anke se un'ora x Gesù la potrei fare.
  • Ho difficoltà a seguire il Signore perché mi è difficile rinunciare ad uscire con gli amici ed seguirlo.
  • Perché con tutte le cose che ci sono adesso non avrei il tempo per dedicarmi alla preghiera. Perché ho solo tempo per dedicarmi a me stessa e non pensare di andare in chiesa.
  • Spesso ho tanti compiti e non ho il tempo di pregare.
  • Perché alcuni dei miei compagni non vanno a Messa o a Cotechismo, mi prendone per stupido come se per loro fosse strano farlo (Ciao catechismo - *e disegna una chiave di sol*).
  • Io molte volte mi sento “scherzato” perché faccio il chirichetto.
  • I miei compagni mi prendono in giro se seguo il catechismo. Sapere che ci si può divertire a giocare a casa invece bisogna andare a Messa. E questo mi da molto fastidio perché ti fa riflettere e pensi “Ma perché se io seguo Gesù devo essere trattato da sfigato?” Sembra che gli altri non vanno a Messa e si sentono perfetti e si permettono di scherzare.
  • Obbiettivi: Le cose che mi impediscono di seguire Gesù è la mia famiglia, a cui non vorrei separarmi mai.
  • 1. Perché i miei amici mi prenderebbero in giro.

    2. Io poi non posso uscire tanto con i miei amici.
  • (è Natale che beatiful!) Seguire Gesù è difficile perché spesso andare a Messa o a fare la confessione mi pesa. Poi, tra gli altri impegni, c'è lo sport e la scuola, che mi stancano e mi rendono difficile tutto.
  • A volte mi è difficile seguire Gesù perché mi sembra troppo impegnativo devo rinunciare a qualcosa e non so mai scegliere cosa rinunciare quindi alcune volte non vado a messa però poi mi rendo conto di sbagliare perché come tutti ho peccato. Poi faccio anche fatica a stare zitta in chiesa perché quando ho le mie amiche vicine mi viene da parlare. E forse non sarei neanche disposta a rinunciare a qualcosa a cui tengo tanto per seguire Gesù, perché preferirei uscire con le amiche o fare altre cose.
  • ... dico di no...

    1. Perché gli impegni quotidiani sono troppi e fanno sembrare le cose tipo: ANDARE A MESSA O A CATECHISMO O... PREGARE cose noiose e trascurabili!

    2. Soprattutto la cosa diventa più pesante a causa DELLE PRESE IN GIRO.
  • Non so stare zitto con i miei amici durante la Messa
  • Perché i miei amici mi prendono in giro trovo difficoltà nel tenere chiusa la bocca a Messa
  • (Non aprire top. secret) Ho difficoltà a seguire il Signore perché mi è difficile rinunciare ad uscire con gli amici ed seguirlo: (*disegna una cosa che pare un fiore*)
  • Io molte volte rinuncio a Gesù perché gli amici mi prendono in giro...
  • Xké mi prenderrebbero in giro i miei amici! (la parola “amici” è riquadrata)
  • (DONO) Io molte volte rinuncio a Gesù x gli amici (Catechismo 2007 – credo: sembra più un 2001)
  • A volte mi è difficile seguire Gesù xkè alcune volte preferisco fare altre cose come uscire e stare con gli amici e quindi alcune volte non vado a Messa.
  • Obiettivi:

    1) Perché devo sempre alzarmi presto per andare a messa. Preferirei andare alle 11:00 qualche volta

    2)Spesso ho tanti compiti e non ho il tempo di pregare.
  • A volte mi capita di no riuscire a seguire Gesù perché penso ad altro come uscire con gli amici e certe volte mi capita anche di non andare a messa
  • Perché mi sento preso in giro ma a me non importa molto
  • Riesco a prestare i soldi solo ad amici che mi fido ma a gli altri no!!!