02. Un tesoro di nome vita (seconda parte)

Incontro del 24 ottobre 2014

Al di là di un inizio un po' tormentato (abbiamo per esempio scoperto che uno, presente all'incontro precedente, s'era iscritto al catechismo per sbaglio. Giuro) siamo ripartiti esattamente da dove avevamo concluso, ossia l'elenco delle cose che - immaginiamo - ci renderebbero felice la vita.

Da qui, abbiamo iniziato a riflettere un po', chiedendoci: che cosa hanno in comune tutte queste cose? E la risposta è stata che tutte queste cose servono a darci una certa sicurezza.

L'obiettivo di tutti - abbiamo riconosciuto - è avere una bella posizione, un bel lavoro, una certa sicurezza, anche economica (non eccessiva, hanno convenuto tutti: basta avere il denaro necessario per mangiare, vestirsi, pagare le spese di casa e togliersi qualche sfizio); e, perché no?, una famiglia, qualcuno cui voler bene, come le persone citate nell'elenco testimoniano.

Ma come si fa a ottenere tutto questo? Beh, ovviamente, facendo fatica: per avere un buon lavoro occorre studiare per tanti anni e con impegno; per avere una certa sicurezza economica occorre lavorare con costanza e rinunciando a tante cose che piacerebbe fare, a del tempo libero o da trascorrere con gli amici: altrimenti si diventa "dei poveracci". La questione circa la persona con cui condividere la vita è invece rimasta un po' più fumosa ma, considerando l'età e il grado di maturazione, è solo normale, e comunque siamo arrivati al punto che ci interessava. Insomma, abbiamo capito che per avere quella sicurezza che riteniamo tanto importante dobbiamo anche faticare tanto.

Ma ne vale la pena? Beh... siamo ragazzi di 12 anni, come facciamo a saperlo? Magari chiedendolo a chi, invece che all'inizio della propria vita, si trova alla fine. Abbiamo così letto il componimento attribuito a tale Nadine Stair, presunta donna di 85 anni che fa un bilancio della sua vita. Anche se sappiamo che l'attribuzione è quantomeno dubbia, riconosciamo che, a pensarci bene, sono riflessioni che altre persone, arrivate a un certo punto della loro vita, hanno fatto. Ecco qui il testo:

Se potessi rivivere la mia vita,
cercherei di commettere più “errori”
la prossima volta.

Mi rilasserei,
sarei più pazza,
sfrutterei più occasioni,
farei molti più viaggi,
scalerei montagne,
attraverserei fiumi
e ammirerei più tramonti.

Avrei molti più problemi reali
e meno problemi astratti.

Sono stata
una di quelle persone pigre
che non andava da nessuna parte
senza un termometro,
la borsa dell’acqua calda,
l’impermeabile…

Se dovessi ricominciare da capo,
viaggerei con meno bagagli,
meno peso rispetto a un tempo.

Camminerei scalza a primavera,
saluterei molta più gente,
raccoglierei fiori
e danzerei più spesso.

Se dovessi rifare tutto da capo.
Ma, come vedi, non è così.

Quello che ha colpito i più è come questa donna non abbia dato importanza al duro lavoro, alla buona posizione, alla sicurezza economica: tutte quelle cose che il mondo ci fa credere che sono tanto importanti. Invece, ha dato importanza alla capacità di assaporare la vita.

A questo punto qualcuno, giunto oggi per la prima volta nel nostro gruppo e guidato da un istinto che nemmeno lui ha capito, ha fatto notare che nell'elenco che avevamo stilato la volta precedente manca una cosa: Dio.
Ma che ce ne facciamo di Dio? «Ci illumina il cammino» ha risposto qualcuno, senza sapere bene che cosa ciò significhi. Qualcun altro, più concreto, ha riflettuto sul fatto che, se ci troviamo a catechismo, Dio in qualche modo ci dovrà entrare. Solo che non sappiamo in che modo.

La risposta l'abbiamo trovata in un piccolo brano di Vangelo che, per inciso, ha risposto anche alla domanda che ci siamo posti all'inizio, ossia: ma noi, che veniamo qui (qui a catechismo, cioè) a fare?

Non preoccupatevi dunque dicendo: «Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?». Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta.

Noi siamo qui perché quel Gesù nel nome del quale siamo stati battezzati ci ha fatto una promessa. Ci ha promesso che solo seguendolo, incontrandolo, vivendo con lui la nostra vita sarà davvero felice. Tutte le cose per le quali il mondo ci fa preoccupare, quelle che ci danno la sicurezza che ci pareva tanto importante all'inizio, sono già nel conto: Dio lo sa che ne abbiamo bisogno. E non ci lascerà per strada.
Allora siamo qui per capire come si fa a realizzare questa promessa di una vita bella e felice. Perché, se è vera, allora non serve nient'altro.

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