Io Credo? Alcuni passi per non smarrire la fede

Introduzione

 

Io Credo? Alcuni passi per non smarrire la fedeNel 2008, coadiuvati dall'allora seminarista, concludemmo il percorso di Terza Media in preparazione alla Professione di fede con alcuni incontri specifici pensati per essere a un livello relativamente "alto". La convinzione che ci guidava è che i ragazzi di quell'età, anche se apparentemente spesso frivoli, hanno dentro di sé domande molto serie che aspettano soltanto di essere poste, e alle quali naturalmente fornire una risposta. Poi magari quella risposta la criticheranno, la ignoreranno, la dimenticheranno; ma non faremmo il nostro lavoro di educatori se non la fornissero, e magari ci limitassimo a banalità inconcludenti quali "l'importante sono le domande" e "a 14 anni non devi pensare a queste cose".

Certo, non tutti i quattordicenni sono portati a ragionare su cose che richiedono un approccio - per così dire - "speculativo", adottando un modo di pensare astratto che stanno solo iniziando a sviluppare. Eppure ricordo quegli incontri come i più vivaci e soddisfacenti che abbiamo mai fatto, proprio perché non ci limitavamo a sciorinare ovvietà né e a rimestare nel saputo, ma cercavamo di andare al cuore delle domande fondamentali, che sono vere e urgenti a 14 come a 30 come a 90 anni (ma, si spera, con gradi diversi di approfondimento delle risposte).

Di seguito, quindi, i testi degli incontri che abbiamo svolto, e che poi abbiamo riunito in un libretto. Certo al solo testo manca la vivacità dell'incontro vissuto, che se il catechista è pronto a vuol bene ai suoi ragazzi, riesce a essere molto motivato.

Qui sotto, in allegato, il libretto completo in formato PDF, il solo testo in formato ODT e la versione modificabile e impaginata con Scribus.

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1. Credo in Dio Padre onnipotente

Molti oggi rifiutano Dio perché se ne sono fatti un'idea sbagliata, quasi magica: una persona che pensa che Dio sia lì per sistemare tutto ciò che non va, dato che può far tutto (davanti a una sciagura, un terremoto, un incidente stradale...) può porsi infatti in un atteggiamento di protesta. Dio può tutto, ma noi non possiamo essere la sua misura!

 

Il Dio dei cristiani è il Dio di Gesù Cristo

 

La fede cristiana ha qualcosa di originale da dire a proposito della ricerca di Dio. Dio è la buona notizia che Gesù ha portato agli uomini. È da Gesù che un cristiano impara chi è Dio.

 

  • Gesù conferma la fede di Israele in un unico Dio

    • credere in un solo Dio significa che solo Lui ha un valore assoluto e tutte le cose, il mondo e gli uomini, non possono avere un valore assoluto.

  • Il Dio di Gesù è il Dio della storia degli uomini

    • ha guidato il popolo d'Israele dall'Egitto alla Terra Promessa, si è ricordato dell'Alleanza con il popolo e è sempre rimasto fedele, ha inviato Gesù, segno della supremo della sua fedeltà)

  • Il Dio di Gesù è Dio Padre: «Quando pregate, dite: “Padre nostro...”»

    • è il Padre di Gesù; rivolgersi a Dio con il nome di “Padre” era una cosa molto rara per gli ebrei di allora. La parola che Gesù usa, “Abbà”, faceva parte del linguaggio familiare e quotidiano: corrisponde al nostro “papà”.

  • Dio Padre di tutti gli uomini

    • Dio ha un rapporto di sollecitudine e attenzione totalmente libero e gratuito da parte sua; “padre” indica la fiducia, l'affettuosità, la premura, la vicinanza di Dio agli uomini; gli stessi concetti si potevano benissimo esprimere usando il concetto di Dio “madre”, come hanno detto per esempio il profeta Isaia o Giovanni Paolo I; Dio è padre anche dei peccatori, è dalla parte degli oppressi, è un padre che perdona sempre e gratuitamente.

  • Padre onnipotente

    • Molte religioni, anche moderne, immaginano Dio come colui che sta dalla parte dei potenti. La parola “musulmano”, per esempio, in arabo significa “sottomesso” a Dio. Il Dio rivelato da Gesù invece è uno che si schiera dalla parte di coloro che non contano nulla e li chiama “figli”. Ha scritto un autore: «Che cosa significhi onnipotenza, signoria assoluta secondo l'idea cristiana, lo si comprende solo davanti al presepe e alla croce».

 

Creatore del cielo e della terra

 

Gli uomini, dovunque vivessero, hanno sempre tentato di spiegarsi l'origine del mondo e dell'umanità. I primi capitoli del libro della Genesi vengono scritti definitivamente verso il V secolo a.C., dopo il rientro dall'esilio in Babilonia. Proprio durante l'esilio (dal 586 a.C.) tra gli ebrei si era diffusa la domanda che sorge quando le cose vanno male: Dio dov'è? Perché non ci aiuta?

 

Il ragionamento degli ebrei si fondava su questi elementi:

  • Jahwè con noi è sempre stato buono e misericordioso

  • Noi, invece, tante volte abbiamo seguito gli dei degli altri popoli

  • Lui però è sempre stato fedele: il male non può quindi venire da Dio. Da dove, dunque? Com'erano le cose all'inizio?

  • Cercando di dare una soluzione a queste domande sono sorti i primi capitoli della Genesi: non un testo scientifico, parla il linguaggio del tempo. È un inno alla sapienza e alla bontà di Dio, che vuole trasmettere un messaggio spirituale.

 

Le conclusioni degli ebrei:

  • Dio ha creato (= fatto dal nulla) l'universo e lo ha consegnato all'uomo;

  • l'uomo e la donna non avevano alcuna malizia o cattiveria (erano nudi e non se ne vergognavano)

  • l'uomo, la prima creatura nel senso della più importante, ha il primato su tutto l'universo;

  • esiste, al di fuori dell'uomo e della donna, un “essere” che spinge al male (il serpente)

  • causa dei mali dell'umanità è il peccato, cioè la violazione cosciente e libera del progetto di Dio

  • Dio non ha abbandonato l'uomo al suo destino, anzi promette la redenzione.

 

Traccia per la riflessione

  • Dio ha creato tutte le cose?

    • Dio ha creato tutte le cose esistenti, sia quelle da noi percepibili sia quelle invisibili ai nostri occhi: la fantasia di Dio è certamente più grande dei nostri calcoli e delle nostre attese.

  • Dio ha cura delle cose create?

    • Dio non ha abbandonato a sé stessa la sua opera: egli veglia con amore sulla sorte delle sue creature, le dirige e le aiuta rispettando la fondamentale libertà dell'uomo: questa è la “provvidenza” di Dio.

  • Per quale fine Dio ci ha creati?

    • Siamo creati maschio e femmina (la realtà sessuale è presente in modo radicale nella natura dell'uomo); scopo della vita umana è l'incontro con Dio (quella che noi chiamiamo “la salvezza”). La Chiesa afferma che l'uomo è stato creato per la felicità (Gaudium et Spes 18).
       

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2. Credo in Gesù Cristo

Una cosa si nota subito: la nostra fede si esprime molto diffusamente a proposito di Gesù. Perché? È molto più facile parlare di colui che ha condiviso la nostra vita. Gesù è la Parola definitiva che Dio ha detto agli uomini. Lui ci ha rivelato chi sia Dio, quale progetto egli abbia sugli uomini e quale sia il destino ultimo di ogni uomo: come dobbiamo guardare alla morte, qual è il senso della storia...

 

Figlio unigenito che compie miracoli

 

Gesù è l'unico “figlio” di Dio Padre. Nelle religioni dell'antico oriente soprattutto i re venivano considerati “figli di Dio”. Nell'Antico Testamento, invece, tutto il popolo ebreo è figlio di Dio.

Gesù respinge l'idea di un “figlio” di Dio potente e forte. Essere figlio di Dio significa che il suo rapporto con Dio stesso è unico e irripetibile: solo Lui è talmente vicino a Dio, così intimo a lui da esserne per eccellenza il Figlio.

Segno di ciò sono i miracoli da lui compiuti.

 

Tutti sappiamo che la vita è continuamente minacciata dalle malattie, la felicità è distrutta dalla sofferenza, la vita è stroncata dalla morte

La malattia incurabile, la sofferenza ineliminabile, la morte fanno nascere interrogativi fondamentali sull'uomo e su Dio. Una vita così vale la pena di essere vissuta? Perché Dio permette certe sofferenze e certe malattie? Chi può salvare l'uomo?

La fede dice ai cristiani che la salvezza reale, piena, totale può venire soltanto da Dio. Egli ce ne ha dato dei segni anticipatori anche nei miracoli di Gesù, segni della presenza nel mondo del Regno di Dio. Non sono gesti magici che tolgono all'uomo la responsabilità della lotta contro il male, ma segni del futuro di Dio. Aprono alla fede e alla speranza, anticipano la salvezza piena e definitiva, dono di Dio alla fine dei tempi.

 

 

Che cosa rivelano i miracoli?

 

  • Gesù non è una mago che soddisfa qualsiasi richiesta: esige la conversione e la fede in Lui affinché si attui il miracolo.

  • È attento agli altri e sensibili alle loro sofferenze: piange per la morte di un amico, tocca i lebbrosi...

  • Risponde con prontezza ai bisogni degli altri, non rimanda al giorno dopo.

  • Mette sé stesso a servizio degli altri dicendo che il destino dell'uomo è la salvezza e non la perdizione.

  • Ha rispetto per la dignità della persona: nessuno è un numero o una cosa o uno dei tanti, ma un individuo libero e responsabile.

  • Egli libera l'uomo non solo dal male fisico, ma dalla paura della morte, del peccato.

 

 

Gesù nostro Signore

 

Nel mondo greco e romano il titolo 'Signore' era applicato anche all'imperatore e agli dei. Dopo la Pasqua i primi cristiani attribuiscono a Gesù questo titolo affermando così la sua autorità su tutto il creato. Questo Signore, a differenza degli altri, domina non col potere ma scegliendo la strada del servizio.

Per questo, per i primi cristiani Gesù era l'unico Signore per cui si sentivano liberi da qualsiasi potere, per cui lo servivano volentieri; anzi, quando saranno messi nella situazione di dover riconoscere l'imperatore come Signore, essi si rifiuteranno preferendo il martirio piuttosto che rifiutare Gesù.

 

Il Regno di Dio

 

Il Regno di Dio si manifesta e cresce anzitutto in Gesù; per entrare nel Regno di Dio , dunque, occorre seguire Gesù, vivere come lui. Si tratta di una decisione impegnativa che impone un cambiamento profondo: la conversione.

 

La decisione più impegnativa della vita

 

Gesù ha chiamato i discepoli a “stare con lui” e a “seguirlo”. Ciò significa condividerne la vita, lasciarsi condurre dove andrà, con fiducia.

Condividere la vita di una persona di successo è facile. Gli apostoli per qualche tempo hanno conosciuto un Gesù potente in parole e opere e lo hanno seguito con entusiasmo, portati a immaginare un futuro di successi sempre maggiori: la gloria e la potenza di Gesù si sarebbero riversate anche su di loro, avrebbero occupato i primi posti nel nuovo regno messianico.

Ma Gesù non vuole illuderli e dice loro la verità. Devono rendersi conto delle conseguenze cui andranno incontro, seguendolo. Vuole condurli a scegliere liberamente e lucidamente se stare o no con lui.

Rivela loro il suo “segreto”: egli sarà un Messia non di potere ma di amore. Sarà un Messia sofferente, un Messia che sconvolge gli schemi precostituiti, che non va sulla linea delle attese e dei desideri umani.

Chi vuole seguire Gesù deve sapere che finirà come lui su una croce.

Sapendo queste cose, gli apostoli hanno dato la loro risposta. Ora, sapendo le stesse cose e con secoli di storia alle spalle, si tratta di dare la nostra.

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3. Concepito di Spirito Santo

«Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (lettera di Paolo ai Galati). «Si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi». «Si fece uomo». Tutto ciò significa che nell'unità indivisibile dell'unico Gesù di Nazareth riconosciamo la presenza di due diverse realtà: quella divina, che è la stessa di Dio Padre, e quella umana, vera e completa, che Gesù ha ricevuto da Maria sua madre.

 

Il significato di Gesù nella storia

 

a. Gesù vero Dio: la realtà più profonda di Dio Padre si rivela in Gesù: Dio è benevolo verso l'umanità, interessato alla felicità degli uomini. Non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva. Il Dio di Gesù non è la divinità lontana e irraggiungibile, contraria all'uomo, del mondo pagano, greco e romano. Non è il guardiano dell'universo; è il Dio dell'Alleanza che si impegna a un patto di fedeltà con l'uomo.

 

b. Gesù vero uomo: nel Nuovo Testamento è un dato di fatto mai messo in discussione. Quando il cristianesimo passò nel mondo greco cominciarono a sorgere le difficoltà nei confronti della piena umanità di Gesù. La Chiesa ribadì sempre, di fronte alle eresie, la “vera umanità” di Gesù.

 

c. in un'unica persona: le azioni e le qualità umane di Gesù sono fondate e sintetizzate nella persona del Verbo: il suo parlare, camminare, ridere, piangere, morire e risorgere sono sì azioni umane ma sgorgano da Dio stesso. Egli rappresenta la suprema unione, l'autentico incontro tra Dio e l'uomo. “Chiunque segue Cristo, l'uomo perfetto, si fa lui pure più uomo” ha detto il Concilio Vaticano II.

 

Umanità e divinità di Gesù

 

I primi cristiani furono aiutati dal fatto della risurrezione e dalla memoria dei miracoli a capire che Gesù non era solo un uomo.

Nel corso dei secoli la Chiesa fu costantemente preoccupata di tenere unite, nella recita della professione di fede, l'umanità e la divinità di Gesù. Agli inizi si dovette lottare contro coloro che attribuivano a Gesù una umanità solo apparente e fittizia (i docetisti). Altri, invece, sostenevano che Gesù non era Dio ma un semplice uomo adottato da Dio come suo figlio (gli ariani)

 

Anche oggi c'è chi si pone il quesito della storicità di Gesù e di quanto ci parla di lui.

Vi sono fonti in abbondanza che testimoniano l'esistenza di Gesù.

 

a. Le fonti cristiane: gli autori cristiani dei primi secoli danno testimonianza della veridicità dei Vangeli, a loro volta basati su fatti cui avevano assistito parecchi testimoni oculari (tra cui quelli che ne avevano scritto).

 

a. Le fonti non cristiane: ebraiche e pagane; sono importanti perché le prime vennero scritte in genere per combattere i cristiani; le seconde ne parlano incidentalmente per questioni burocratiche.

 

Nessuno (tranne forse qualche fanatico che nega anche l'evidenza) più dubita dell'esistenza di Gesù. In ogni libro storico che ne parli, sia pagano (Plinio, Tacito, Svetonio) o ebreo (Giuseppe Flavio, il Talmud), viene accennata a data per scontata la realtà della sua esistenza.

 

Gli apostoli sono i testimoni della vita di Gesù, fino alla sua morte e risurrezione. Sparsi per diffondere il Vangelo, sarebbe stato difficile elaborare invenzioni così articolate e complesse. Tra l'altro non erano dei geni, e parlavano in un mondo che non concepiva possibile né voleva sentire parlare di un crocifisso, un ebreo, che era risorto, messia, salvatore, Figlio di Dio e Signore!

 

 

«Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani. Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso. Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l’accusa dell'incendio, quanto per odio del genere umano. Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte. Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio. Perciò, benché si trattasse di rei, meritevoli di pene severissime, nasceva un senso di pietà, in quanto venivano uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo» (Tacito, Annali XV, 44)

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4. Patì, morì e fu sepolto

Il racconto della passione e morte di Gesù ha toccato il cuore di tante generazioni e continua a commuovere anche gli uomini del nostro tempo. Ascoltarlo è penetrare in un mistero che tocca la vita umana. Comprenderlo significa accettare il confronto con Gesù, lasciarsene coinvolgere. La sofferenza e la morte di Gesù danno senso anche alla sofferenza e alla morte dell'uomo.

 

Il problema del dolore

 

Dalla cronaca di un giornale qualunque: un ragazzo è finito sotto un camion mentre faceva da paciere durante una lite a scuola; dei bambini delle elementari avevano elaborato un piano per uccidere la maestra, dei ragazzi di prima media picchiano un compagno perché grasso; una ragazza di venticinque anni si è ammalata di cancro e i medici le hanno dato tre mesi di vita; un terremoto rade al suolo un'intera città: migliaia di morti, feriti e numerose famiglie senza tetto.

 

Di chi è la colpa? Dinanzi al dolore ci domandiamo: «Perché succedono queste cose? Non è possibile vincere per sempre le malattie e la sofferenza?».

Ci sono delle sofferenze che ci procuriamo da soli, con la nostra cattiveria. Altre ci vengono dalla cattiveria degli altri. Altre ancora sono inevitabili perché dovute a fatalità o a cause imprevedibili. Malattie e sofferenze di ogni genere continuano ad affliggere l'umanità.

 

Che cosa fare? C'è chi si dispera: «Perché Dio permette che tanti innocenti soffrano? Perché tante disgrazie?» Altri hanno paura di non farcela e pensano al suicidio o alla morte “indolore” per chi soffre, l'eutanasia. Molti preferiscono non pensarci: «Pazienza. A chi tocca, tocca!».

 

Il mistero della croce

 

Per un cristiano, il problema della sofferenza trova una risposta nel mistero della croce di Cristo. Gesù non è stato indifferente di fronte alla sofferenza:

  • ha avuto compassione e pianto sulle miserie della gente;

  • ha denunciato la cattiveria umana;

  • ha lottato contro la sofferenza, guarendo i malati;

  • quando la sofferenza si è abbattuta su di lui, ha avuto paura, ma non è fuggito: l'ha accettata con coraggio, per restare fedele al Padre e solidale con i sofferenti;

  • attraverso la sofferenza ha realizzato pienamente sé stesso, fino alla gloria della risurrezione.

Per chi non crede in Gesù, “la croce rimane una follia e uno scandalo”.

Chi non prende la mia croce e non mi segue, non può essere mio discepolo (Lc 14,27)

 

Di fronte a una constatazione così pesante, che sa di fallimento, l'uomo si domanda: come reagire di fronte al male e al dolore? A tale domanda sono state date varie risposte.

 

a. Il male è una mancanza di bene, è una limitatezza degli esseri che non possono paragonarsi a Dio. Il dolore è permesso da Dio per un bene più grande. Questa non è una risposta completa perché:

  • l'uomo è un bene per realizzare il bene più grande dell'universo;

  • conduce al fatalismo: che senso ha combattere contro il male se il male stesso serve per un bene più grande?

  • Il Dio che questa risposta vuole difendere non è il Dio di Gesù Cristo ma il Dio ingegnere, tutore del mondo, infallibile.

 

b. Una spiegazione popolare: il dolore dipende dai primi uomini, all'origine dell'umanità, che hanno commesso un errore e tale errore ha cambiato al situazione dell'uomo, da quella di bene assoluto a quella di male. È una risposta molto diffusa nelle religioni, ma non ha nulla a che fare con la Bibbia, nonostante si pensi subito ad Adamo ed Eva. Ne parleremo quando parleremo del peccato: il discorso fatto dalla Bibbia è più serio. Anche qui non siamo di fronte al Dio di Gesù:

  • il Dio di Gesù non punisce “giustamente” tutta l'umanità col dolore per un solo peccato;

  • non è pensabile un Dio che cambia radicalmente il proprio piano sull'umanità per il peccato di una sola creatura.

 

La risposta cristiana

 

Ha scritto Paul Claudel: in ogni discorso, quindi anche in quello cristiano, sulla sofferenza permangono delle oscurità. Ma c'è almeno una cosa che non possiamo dire a Dio: Tu non sai che cos'è. Attraverso Cristo, Dio non è venuto per sopprimere la sofferenza, nemmeno a offrirci una spiegazione, ma è venuto a riempirla della Sua presenza.

 

Il Dio di Gesù non vuole il dolore: altrimenti perché l'avrebbe sconfitto (i Vangeli ci raccontano la lotta di Gesù contro il peccato, la sofferenza, la morte)?

Il Dio di Gesù sottopone la propria vita alla sofferenza, per superarla radicalmente. Questa idea di Dio che soffre insieme all'uomo era già presente nell'Antico Testamento ma trova la sua realizzazione in Gesù: la storia di Dio diviene “passione”.

 

L'atteggiamento tipico del cristiano di fronte al dolore è la costanza. Il cristiano lotta nella speranza fondata sulla fiducia in Dio. Il Dio di Gesù è il Dio dei viventi, il Dio della vita, che dirà l'ultima parola sulla storia dell'uomo. Siamo al tema della resurrezione.

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5. Discese agli inferi e resuscitò da morte

Gesù è veramente morto sulla croce, ma l'ultima parola di Dio Padre sulla storia degli uomini è di vita e non di morte. La risurrezione, risposta del Padre alla Croce del Figlio, è l'inizio dell'eliminazione di ogni dolore.

Dice S. Paolo: «Se Cristo non è risorto, allora vana è la nostra predicazione e vana è la vostra fede». Il segno della croce ha avuto tanta diffusione perché è diventato simbolo di salvezza e di vittoria nel momento della risurrezione. Essa conferisce significato alla vita e alla morte di Gesù; è il nucleo, il pilastro portante della fede cristiana.

 

Risurrezione fatto storico

 

Per svuotare di significato la risurrezione di Gesù sono state proposte varie teorie.

La teoria della frode (i discepoli hanno fatto sparire il corpo di Gesù e inventato la frottola della risurrezione); la teoria della sottrazione (il cadavere di Gesù è inspiegabilmente sparito, e si è pensato allora alla risurrezione); la teoria della morte apparente (Gesù è stato seppellito in una situazione di “coma profondo” da cui si sarebbe poi risvegliato); la teoria delle visioni allucinatorie (le apparizioni sono tutte visioni immaginarie).

 

Tutti e quattro i vangeli riferiscono che la domenica mattina dopo il venerdì in cui Gesù era morto la sua tomba fu trovata vuota; la scoperta fu fatta per prima da una delle donne che l'avevano seguito, Maria di Magdala, da sola o in compagnia delle altre. Luca aggiunge che la scoperta venne controllata. Giovanni indichi chi sono i controllori: Pietro e un altro discepolo, che «videro e credettero». La vicenda è narrata con il drammatico realismo in cui questo scrittore eccelle. Ha tutta l'aria di quell'esperienza di prima mano che noi vorremmo.

In ogni caso, l'accento viene subito posto sulla testimonianza secondo la quale Gesù era stato «visto» vivente dopo la sua morte da parecchi dei suoi seguaci, e qui siamo su un terreno piuttosto solido. Possiamo iniziare dalla più antica esposizione dei fatti di cui siamo a conoscenza, che ci riporta un bel po' indietro rispetto ai vangeli. Viene citata in una delle lettere di Paolo, circa 25 anni dopo la morte di Gesù. Egli afferma che nella tradizione da lui ricevuta, circa vent'anni prima, erano contenute queste proposizioni: «Che Cristo morì; che fu sepolto; che risuscitò il terzo giorno; e che apparve a Cefa e poi ai Dodici. In seguito apparve a più di 500 fratelli in una sola volta, e la maggior parte vive ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo e quindi a tutti gli apostoli». Su questi fatti, dice Paolo, concordano tutti i predicatori cristiani. Paolo tiene in gran conto questo consenso: infatti, se qualcuno ha dei dubbi può benissimo interrogare le persone da lui nominate, tra cui Pietro e Giacomo.

Paolo li conosceva bene, avendoli incontrati entrambi e avendo trascorso quindici giorni con Pietro pochi anni dopo la crocifissione di Gesù, non più di sette anni dopo, forse appena quattro.

Questi uomini avevano vissuto qualcosa, che essi potevano descrivere solamente dicendo di «aver visto il Signore». Non è un'“esperienza cristiana” generalizzata, ma una serie particolare di episodi compresi in un periodo di tempo limitato.

 

Tra la morte di Gesù e la nascita del cristianesimo deve esserci stato qualcosa capace di trasformare la tragica conclusione della morte in croce. I discepoli hanno avuto un’esperienza molto chiara e intensa di questo “qualcosa”, se hanno mutato il loro atteggiamento. Deve essere stata un’esperienza tanto intensa quanto intensa è stata quella della croce: altrimenti non sarebbe stato possibile trasformare la croce da “maledizione” e “fallimento” in strumento di salvezza.

 

Il significato della risurrezione

 

La risurrezione è la risposta di Dio all’ingiustizia umana che ha condannato Gesù. Dio sta dalla parte del debole e di chi fa della propria vita un totale dono d’amore agli altri. Con la risurrezione Gesù siede «alla destra di Dio». È un’immagine presa dagli antichi usi delle corti regali orientali: alla destra del re c’è colui che ha il potere più grande. Gesù è entrato nel mondo divino secondo un rapporto di intimità, partecipa alla dignità del Padre ed è associato al suo potere sull’universo.

 

Gesù è risorto non come Lazzaro. Lazzaro, tornato in vita, era ancora sotto il potere della morte. Gesù è invece passato a un nuovo modo di esistere. «Risurrezione corporea significa che l’intera persona di Gesù si trova definitivamente presso Dio... È in mezzo a noi in modo nuovo» (Kasper). La risurrezione è quindi rivelazione di Gesù.

Ciò che è avvenuto in Gesù risorto è per noi un segno anticipatore, ci indica la meta del nostro cammino e illumina il presente della nostra storia. La risurrezione è rivelazione dell’uomo.

Così, la morte e la sofferenza cessano di essere un assurdo: c’è qualcosa che li supera, non sono la fine della vita.

Così, è possibile sperare. Speranza come impegno attivo. «La risurrezione è l’espressione permanente dell’impegno irrevocabile di Dio con noi. Credere alla risurrezione non significa credere in una cosa, ma credere a qualcuno che opera in noi e per noi con un potere immenso».

Con questo impegno l’uomo prepara e attende la nuova venuta di Gesù, con la quale si concluderà la storia umana e comincerà la vita eterna. Questa nuova venuta è un giudizio: tutti gli uomini saranno giudicati sulla conformità o difformità nei confronti di Gesù. Dal capitolo 25 di Matteo risulta che saremo giudicati sull’amore.

 

L'uomo di fronte alla morte

 

Alla tua età non si pensa certamente a morire. Ma perché morire? Dio ci ha creato per la vita o per la morte?

 

«Quando penso alla morte, mi sembra inutile vivere. Perché studiare e lavorare tutta la vita, se poi si deve morire? Quando sappiamo qualcosa, quando abbiamo lavorato e siamo capaci di altro lavoro, ci tocca morire». (Monica, 15 anni)

 

«Ciò che mi fa paura non è tanto la morte, ma ciò che segue la morte. Ce ne sarà di noi dopo la morte? Perché vivere, se poi devo scomparire?». (F. Dostoevskij, “I fratelli Karamazov”)

 

La risposta della fede cristiana è: risorgeremo con Cristo

 

La certezza dei cristiani nella vita futura si fonda sulla fede in Gesù Cristo risorto da morte. San Paolo lo ricorda con insistenza ai primi cristiani: «Perché piangete e siete tristi, come quelli che non hanno speranza? Come crediamo che Gesù è morto ed è risuscitato così anche quelli che si sono addormentati nella morte Dio li risusciterà». (1 Tess 4, 13 – 14)

 

Qual è l’oggetto della speranza cristiana? Nella speranza noi attendiamo l’incontro aperto con il Signore Gesù, la visione di Dio e la pienezza della vita eterna. «Ora vediamo come in uno specchio, in modo confuso; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto», dice San Paolo.

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6. Credo nello Spirito Santo

Le promesse si compiono in Gesù. Egli è stato in tutto fedele al progetto del Padre. Gli ha detto di sì in ogni momento della propria vita terrena. Gesù è rivelazione di Dio con le sue parole e i suoi atti, nel suo convivere e nel suo morire.

 

In Gesù la presenza dello Spirito di Dio è completa: in Gesù abita totalmente lo Spirito di Dio.

Tutto il ministero di Gesù è posto sotto il segno di questa misteriosa guida dello Spirito, come espressamente dice Gesù nella sinagoga di Nazareth, riferendo a sé stesso un testo del profeta Isaia: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio...» (Lc 4, 18 – 19).

 

Lo Spirito insegna ogni cosa

 

Nel «Sì» di Gesù che obbedisce al Padre e merita la risurrezione, l'evangelista Giovanni indica il dono dello Spirito Santo agli uomini. Morendo per noi dona a noi la sua vita.

La comunione tra Gesù e noi, quella comunione che ci consente di partecipare alla sua vita divina, è realizzata non soltanto grazie alle sue parole e al suo esempio, altrimenti ci potremmo lamentare del fatto di non poterlo conoscere come lo conobbero i discepoli della prima ora; quella comunione è realizzata e garantita, per noi come per i discepoli, dal dono del suo Spirito. Questa è la sua promessa: «Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto» (Gv 14, 25 – 26).

Soltanto lo Spirito ci consente di comprendere le parole e ricordare i gesti di Gesù non come realtà distanti e rese annebbiate dal tempo, ma come realtà presenti e operanti per noi, oggi. Come dice Paolo: «Quel che nessuno ha mai visto e udito, quel che nessuno ha mai immaginato, Dio lo ha preparato per quelli che lo amano, Dio lo ha fatto conoscere a noi per mezzo dello Spirito. Lo Spirito infatti conosce tutto, anche i pensieri segreti di Dio. Noi parliamo con parole non insegnate dalla sapienza umana, ma suggerite dallo Spirito di Dio. Così spieghiamo le verità spirituali a quelli che hanno ricevuto lo Spirito. Ma l'uomo che non ha ricevuto lo Spirito non è in grado di accogliere le verità che lo Spirito di Dio fa conoscere. Gli sembrano assurdità e non le può comprendere».

 

Lo Spirito non è per noi una realtà vaga, vuota e senza vita: al contrario, esprime la pienezza del dono di Gesù risorto. Il dono dello Spirito è il dono più importante da chiedere a Dio nella nostra preghiera: è da chiedere sempre, con la certezza che il Signore esaudirà il nostro desiderio. Anzi, è lo Spirito stesso a suscitare continuamente in noi la preghiera: «Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché noi non sappiamo neppure come dobbiamo pregare, mentre lo Spirito stesso prega Dio per noi con sospiri che non si possono spiegare a parole» (Rm 8, 26).

 

Il nostro impegno

 

Nello Spirito parliamo la lingua di Dio: allora non possiamo evitare che tutta la nostra vita venga trascinata nell'avventura di collaborare con lui nella realizzazione del suo progetto di salvezza per tutti gli uomini. È esattamente quanto avviene agli apostoli il mattino di Pentecoste. Lo Spirito li travolge, li manda, senza più indugiare per paura del futuro: basta loro la fortuna di aver ricevuto lo Spirito del Risorto.

 

Lo Spirito è presenza di Dio nel cuore dell'uomo, per guarirne la radicale inclinazione al male e rendendolo capace di Amore. Coloro che non credono che soltanto l'amore può cambiare il mondo peccano contro lo Spirito Santo.

Il desiderio di “amare” nel senso di donazione autentica agli altri è lo Spirito che Dio Padre ti ha donato perché tu lo possa donare a chi vive accanto a te. Lo Spirito Santo non è solo una realtà fuori di te ma è anche dentro di te: tu, il tuo corpo, la tua forza, il tuo amore, la tua generosità, i tuoi problemi, tutto il tuo mondo è parola dello Spirito che abita in te. Lo Spirito Santo è la vita.

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7. Credo la Chiesa

La comunità cristiana (ossia coloro che hanno scelto come loro criterio di vita e come modello Gesù il Cristo) è la Chiesa. Da dove viene?

 

«L'ha voluta il Cristo. Se c'è una realtà, una volontà decisa e precisa è quella del Cristo nello stabilire la sua casa: la Chiesa. Lui ha scelto i primi che dovevano formare la sua casa; li ha scelti con dei criteri che noi non possiamo trovare neanche ragionevoli perché ad un certo momento ci vien fuori una tale povertà attraverso la spontaneità di questi dodici che ci spaventa.... Nel momento della prova uno diventa il traditore per trenta denari, un altro, sul quale Cristo aveva collocato una fiducia speciale, fino a farlo diventare la pietra della sua Chiesa, lo rinnega e gli altri se ne vanno, e Lui è solo, solo davanti ai giudici, solo davanti alla croce, solo sulla croce. Questi sono i dodici e li ha scelti Lui». (don Primo Mazzolari)

 

 

Perché Gesù ha voluto la Chiesa? Perché continuasse la sua opera di salvezza nel mondo. Egli non ha pensato alla Chiesa come a un castello o a una roccaforte dove vivere protetti, al riparo dai pericoli delta vita ma ha voluto una comunità aperta al mondo, cioè ''missionaria''.

 

«La parola di Dio non la si porta in capo al mondo in una valigetta: la si porta in sé e su di sé. Non la si ripone in un angolo di noi stessi, nella propria memoria. La si lascia andare al fondo di sé, sino a quel cardine su cui fa perno tutto il nostro essere. Una volta che abbiamo conosciuto la parola di Dio non abbiamo il diritto di non riceverla; una volta che l'abbiamo ricevuta non abbiamo il diritto di non lasciarla incarnare, una volta che si è incarnata in noi non abbiamo il diritto di conservarla per noi: noi apparteniamo da quel momento a coloro che la attendono». (Madeleine Delbrel)

 

 

La Chiesa è un popolo di santi e peccatori; tutti i cristiani sono chiamati ad assomigliare sempre di più a Cristo, ossia alla santità. I “santi” sono veri in quanto assomigliano a Gesù.

 

Se ciascuno di noi ricostruisce la propria storia personale di “chiamato alla sequela di Gesù” non può non constatare che la chiamata è venuta attraverso l'esperienza di fede di altri, a loro volta partecipi della vita della Chiesa.

 

Che cosa è la “comunità”?

 

«La comunità è la realtà storica e visibile della Chiesa, fatta di parole, di gesti, di strutture, di iniziative pratiche, di relazioni personali, che scaturiscono dalla comunione, ne esprimono le ricchezze e ne rivelano la vitalità in tutti i settori dell'esistenza umana»: è l'espressione storica, concreta, constatabile della comunione tra tutti coloro che hanno ricevuto l'invito di Gesù e si sono resi docili all'azione dello Spirito, in ogni punto del tempo e dello spazio, che sono in comunione con Dio e perciò tra loro.

 

Dopo la Risurrezione, chi incontra Cristo lo fa incontrando la sua Chiesa: il corpo di Cristo è la Chiesa, di tempo in tempo finché il tempo finirà.

Noi attribuiamo alla Chiesa cattolica e apostolica gli appellativi “Una” e “Santa”: non orgogliose affermazioni di esclusività e perfezione, ma proclamazione dell'accettazione umile, grata e consapevole della missione che Cristo le ha affidato.

La comunità si impegna a divenire e a rimanere “Una”, cioè ad operare in armonia, nell'accoglienza e nello scambio reciproco dei carismi di ciascuno dei suoi membri, verificati alla luce della sua Parola che convoca (ci chiama insieme), interpella, impegna.

La comunità si impegna a divenire e a rimanere “Santa”, cioè sempre più disponibile al progetto di Dio sul mondo, amando gli uomini con l'attenzione con cui Dio li ama, un amore grande e capace di sacrificio, come Cristo Gesù l'ha vissuto.

 

Cristo ha voluto aver bisogno della sua Chiesa, fatta di uomini peccatori ma disponibili alla conversione, per raggiungere gli uomini di ogni generazione. È prevedibile che l'immagine della Chiesa qui presentata susciti immediatamente un confronto con la realtà definita della comunità ecclesiale locale che ciascuno sperimenta, e porti a misurare la distanza che talvolta separa la delineazione teorica dalla realizzazione storica. In ogni caso, misurarsi con l' ideale è di stimolo all'impegno quotidiano.

 

Nella lunga storia della Chiesa, talvolta anche chi avrebbe dovuto dare esempio di autentica vita cristiana ha invece tradito il Vangelo che annunciava. Da qui molti hanno concluso - tanti lo fanno anche oggi - : «Io credo in Gesù ma non voglio saperne né dei preti, né dei cristiani. Mi arrangio per conto mio, con Gesù Cristo. Non vengo in chiesa, ma ... a Gesù ci credo» (il parere del vostro catechista è che siano degli stupidi egocentrici ipocriti e anche piuttosto ignoranti, ma pazienza).

 

La Chiesa popolo di Dio

 

Fondamentalmente ne fanno parte tutti coloro che rispondono alla chiamata di Dio mediante la fede in Gesù e ricevono il Battesimo.

Le persone che fanno parte della Chiesa, pur avendo la stessa dignità di Figli di Dio che deriva dal Battesimo, si distinguono per i dono ricevuti e per il servizio che sono chiamati a svolgere all'interno di essa. Ogni compito, ogni responsabilità, ogni incarico viene assunto in vista dell'unità e del bene di tutti: sono un servizio agli altri. Per questo si dice che la Chiesa è come un «unico corpo con molte membra», come dice San Paolo scrivendo ai Corinzi.

 

Chi sono le “membra”?

 

  • i laici: tutti i credenti in Gesù battezzati fanno parte del nuovo popolo di Dio, la Chiesa. Il laico, ossia qualunque cristiano, deve testimoniare la sua fede e il Vangelo di Gesù nel mondo con la vita e la parola, sostenuto dalla grazia dei Sacramenti;

  • i sacerdoti: consacrati dal Sacramento dell'Ordine, sono impegnati nella predicazione del Vangelo, nella guida delle comunità cristiane e nel celebrare i gesti della salvezza (i Sacramenti);

  • i vescovi: sono stati sempre considerati i successori degli apostoli. Consacrati dal Sacramento dell'Ordine possiedono la pienezza del sacerdozio con la possibilità di consacrare altri vescovi ed hanno la responsabilità dell'annuncio autentico del Vangelo;

  • i religiosi e le suore: persone totalmente consacrate a Dio e al servizio della Chiesa per la diffusione del Vangelo nel mondo;

  • il Papa: da sempre si è visto nel vescovo di Roma il primato del successore di Pietro, che fu chiamato “Papa” ossia “padre” (dal greco). Egli è il segno di unità di tutta la Chiesa sparsa nel mondo.

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8. Per la remissione dei peccati

Il male nel mondo è una realtà visibile a tutti, al punto che molti ritengono che sia ineliminabile: «le guerre e le ingiustizie ci sono sempre state e sempre ci saranno». Ragionando cosi ci si dimentica che per fare una guerra è necessario che gli uomini decidano di farla; che l'ingiustizia c'è perché ci sono degli uomini che si ritengono i padroni di ciò che invece è di tutti. Quando un uomo decide di andare contro la verità e il bene, perché pensa di ottenere qualche vantaggio, contribuisce ad accrescere il male esterno: egli compie un gesto personale negativo che ha per dei riflessi su tutto l'ambiente che lo circonda. Dette così le cose sembrerebbero facili e semplici; invece il male (sia quello personale che generale, fisico che morale), è uno dei misteri più oscuri della vita umana.

Non si riesce infatti a capire come mai l'uomo, in tanti anni e secoli di esperienza, non si sia ancora convinto ad evitare l'egoismo, l'ingiustizia. Così facendo avrebbe tutto da guadagnare, renderebbe la sua vita più semplice, più vivibile, più umana.

 

L'uomo dà il nome alla realtà

 

La fede cristiana, derivante dall'Antico Testamento ha cercato di spiegare l'origine del male in un racconto posto all'inizio della Bibbia e che fu fatto risali re all'origine dei tempi e all'inizio della storia umana (leggi Genesi 3). I l racconto dice che tutta la realtà è “buona”' in quanto uscita dalle mani di Dio; al centro del mondo c'è l'uomo che può usare della realtà come meglio crede (“imporre il nome”).

Uno solo è il limite a questo potere dell'uomo: non può «mangiare il frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male». Chi ne avesse mangiato, infatti, ne sarebbe morto. Quale il significato?

 

Non si tratta certo di un vero albero né di frutti particolari. Con questa immagine si vuole trasmettere un messaggio specifico: l'uomo non deve stabilire lui ciò che sia bene o male perché così facendo si porrebbe come alternativa a Dio e ciò porterebbe alla divisione... e alla morte.

L'alternativa, l'abbiamo detto, è tra Dio e gli idoli: anche l'uomo può diventare un idolo in contrapposizione a Dio.

«Non mangiare dell'albero» significa che non è bene per l'uomo diventare fonte della moralità delle proprie azioni e dei propri comportamenti: e questo purtroppo succede anche tra di noi.

 

I care

 

Quando tu dici: «io me ne frego», «cosa mi importa, io faccio ciò che voglio», «gli altri si preoccupino degli affari loro che io mi faccio i miei», «per me va bene così, gli altri si arrangino», tu pretendi di diventare il criterio per stabilire la verità e la correttezza delle tue scelte: l'essere idolatri è proprio prendere come criterio con cui confrontarsi qualcuno che non sia il Dio di Gesù.

Questo è il peccato: l'incapacità di accettare la propria condizione e di voler liberamente e coscientemente porsi in alternativa a Dio. Questo peccato – dice la Genesi – è la radice sia del male sia morale che fisico presente nel mondo: tutti gli uomini ne portano le conseguenza, nel senso che in tutti è presente l'inclinazione a porsi come fonte del bene e del male. Per questo è chiamato “peccato originale”.

 

 

Ma io che peccati faccio?

 

Maurizio aveva molta confidenza con don Claudio. Per questo, quel sabato sera, lo aveva preso per la giacca all'ingresso della chiesa.

  • Dove corri, don? Mi devo confessare.

  • Bene, aspettami un attimo, che devo suonare le campane per la Messa vespertina. Intanto fai l'esame di coscienza.

Dopo qualche minuto il prete era accanto al ragazzo.

  • Allora, dimmi.

Don Claudio e Maurizio si erano messi seduti, uno accanto all'altro, nell'ultima panca della chiesa ancora deserta.

  • Il problema è che io non so cosa dire! È da un po' di tempo che non so più confessarmi. Non mi va di dire sempre le stesse cose! Non so proprio cosa dire.

  • È grave!

  • È grave? Sarebbe peggio se fossi un delinquente con un sacco di peccati!

  • È grave, perché la Bibbia dice che siamo tutti peccatori. Se tu non hai niente da dire, vuol dire che la Bibbia ha sbagliato.

  • Va bene, allora ho ammazzato quattro persone!

  • E chissà che non lo hai fatto davvero! Ammazzare non vuol dire soltanto conficcare il coltello nella pancia di un altro. Dimmi un po': a scuola come vai?

  • Benino, ho quasi tutti sufficiente.

  • A me dai l'impressione, di avere una intelligenza un po' più che da sufficiente!

  • Sì, ma... A me, dimmi tutto ma non di impegnarmi a scuola.

  • E le capacità che il Signore ti ha dato come pensi di svilupparle? Ah, ma tu sei senza peccato... E dì un po', quella ragazzina che arriva dalla campagna, la prendete ancora in giro?

  • Io no, ma gli altri la fanno nera!

  • E tu non la difendi?

  • Fossi matto! Prenderebbero in giro anche me! Ci sono quei tre ripetenti che sono una piaga! Ma questo cosa c'entra con la confessione?

  • Niente! Infatti se Gesù vedeva uno in diffico1tà non lo aiutava per paura di avere dei guai! Ma lasciamo stare la scuola. Di pregare ti ricordi?

  • Alla sera sempre, ma alla mattina mai perché ho sempre fretta.

  • Durante il giorno non preghi mai?

  • Pregare durante il giorno? Ma don Claudio, mica sono un frate! Non posso andare in giro dicendo Ave Marie e Padre Nostri!

  • Io non ti ho chiesto se dici Ave Marie e Padre Nostri; ti ho chiesto se preghi. Pregare significa fermarsi ogni volta che, fra due possibilità, possiamo scegliere la migliore... Altrimenti come facciamo a diventare perfetti come il Padre nostro che è nei cieli? Tu ti fermi mai per fare la scelta migliore?

  • No. Io ormai lo o che cosa devo fare.

  • Lo immaginavo! Infatti tua madre mi ha detto che dentro il gruppo sarai pure bravo ma, a casa, non le dai una mano nemmeno se la vedi stramazzare a terra per la stanchezza.

  • Se dai retta a quello che dice mia madre, allora devo subito precipitare all'inferno.

  • E... Peppino te lo ricordi?

  • Chi è Peppino?

  • Quel vecchietto cui avevate promesso di non andare a giocare a pallone sotto casa alle due del pomeriggio.

  • Che lagnoso quello lì! Lui vuole dormire, ma noi dobbiamo giocare...

  • Giustissimo! Soltanto che lui non può andare a dormire da un'altra parte dal momento che ha soltanto quella casa; invece voi...

  • Su questo ha ragione, don Claudio, non me ne ero ricordato.

  • Con la tua sorellina come va? Oggi, al catechismo, mi ha detto che la fai piangere perché le impedisci di vedere i cartoni animati...

  • C'è una congiura! Tutti vengono a raccontarti i miei peccati!

  • Già, tutti eccetto tu. Tu non sai cosa dire...

  • Se è peccato fare un dispetto alla sorella, allora...

  • Sembrerebbe che secondo Gesù la prepotenza non sia propriamente un'opera buona,.. Hai paura dei ripetenti e fai il coraggioso con la sorella di 7 anni?

  • A Messa ci sono andato tutte le domeniche.

  • Cosa fai, cambi discorso? Il problema della prepotenza non ti garba molto.

  • Dei miei compagni, solo pochissimi vengono a Messa...

  • Oh bella! Adesso dici i peccati degli a altri?

A questo punto don Claudio aveva scompigliato i capelli del ragazzo con le sue lunghe dita ed aveva sorriso:

  • Che fai, Maurizio, ti metti sulla difensiva? Non sei qui per difenderti da me, ma per confessarti davanti a Dio.

  • Scusami, ma ho avuto l'impressione che ce l'avessi proprio con me?

  • Vedi? Se tu vieni a confessarti come uno va dal giudice, allora devi portarti l'avvocato e devi stare bene attento a quello che dici. Anzi, meno parli e meno rischi! Dio invece sa tutto, non occorre che ci difendiamo da Lui, anche perché non vuole giudicarci ma salvarci. Confessarci peccatori fa bene a noi, non a Lui.

  • La grandezza di Dio... È una parola! È una cosa astratta, che non si vede...

  • Ma Gesù non è una cosa astratta. Deve essere Lui il nostro termine di paragone. Vedi? Se tu entri in una stanza al buio, non vedi niente e dici: “È tutto in ordine!” ma, se accendi la luce, allora ti accorgi che sono tante Le cose da mettere a posto. Gesù, con ciò che ha detto e fatto, deve essere la luce che illumina il buio della nostra stanza in modo che possa essere messa in ordine.

  • È difficile!

  • Sì, ma trovarci “messi a posto” è bello, non è come trovarsi davanti a un giudice o a un poliziotto!

Il prete e il ragazzo si erano messi in ginocchio sulla panca:

  • Ci sono altre cose che potrei fare e che non faccio...

Don Claudio l'aveva fermato:

  • Ssss, adesso permetti a Dio di mettere le cose a posto

e aveva alzato con solennità la sua mano:

  • Dio, Padre di misericordia...

  • Lodiamo il Signore perché è buono!

  • Eterna è la Sua misericordia!

 

Vi è il peccato ma anche il perdono

 

Col peccato: si rompe il rapporto di amicizia tra Dio e gli uomini: non c'è più dialogo, Dio è visto come un nemico in concorrenza con gli uomini; si rompe il rapporto di amicizia tra gli uomini: Adamo scarica la colpa su Eva e questa sul “serpente”; si rompe il rapporto con la natura: dove lavorare costa fatica e sudore e la donna deve partorire con dolore i suoi figli.

 

E il serpente: che significato ha nella Genesi? Esiste una forza esterna all'uomo che lo spinge ad andare contro Dio promettendogli una salvezza e una vita migliore da quel la offerta da Dio, di prendere il suo posto.

Chi entra a far parte della storia, con la nascita, assume su di sé il peccato, ossia le conseguenze di quella scelta errata compiuta da Adamo ed Eva.

Ogni volta che una persona stabilisce lei il bene o il male “pecca” e il suo peccato comporta sempre delle conseguenze negative sugli altri.

Il Sacramento del Battesimo cancella ogni traccia di “peccato” e ci rende figli di Dio, ossia riporta ogni persona allo stato iniziale e originale di rapporto con Dio.

Per questo viene dato ai bambini piccoli, appena nati, e non si aspetta che essi divengano adulti. Con il Battesimo l'uomo sceglie di stare dalla 'parte di Dio riconoscendo in Lui il Signore che ci ama e ci salva.

 

Il discepolo di Gesù, che continua a vivere in questo mondo, è esposto ancora al pericolo di cadere nel peccato, ma potrà sempre manifestare il proprio pentimento e la propria intenzione di cambiare vita. Dio è sempre pronto a perdonare i figli che sinceramente tornano a lui. Perché vi è il peccato, ma vi è anche il perdono.

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