Bibbia e catechesi dell'iniziazione cristiana

  • Posted on: 6 August 2010
  • By: mdmuffa

Bibbia e catechesi dell'iniziazione cristiana

di don Ugo Lorenzi

Tre domande, per iniziare:

  1. Perché la Bibbia nella catechesi?
  2. Che cosa della Bibbia nella catechesi?
  3. Come la Bibbia nella catechesi?

1. Perché la Bibbia nella catechesi?

La Parola di Dio è la consapevolezza che in ogni momento esiste la possibilità di incontrare Dio, che vuole, desidera, "non ne può più" di venirci incontro.

«Dio parla»: un verbo è più adatto dei sostantivi, perché Dio è il Dio delle azioni compiute, il Dio che s'incontra nella vita. Come dice la costituzione Dei Verbum: «Dio parla agli uomini come ad amici».

  1. Dio parla: sarebbe bene fermarsi davanti al testo, ancor prima di aprire la Bibbia, come quando si riceve una lettera e si vede il mittente senza ancora aprirla.
  2. Lo stile: «Come ad amici». Dio entra in conversazione con i suoi figli.
  3. L'obiettivo: «per invitarli e accoglierli alla comunione con sé». L'obiettivo è l'intimità. «Fine di ogni catechesi è condurre le persone a conoscere, entrare in contatto, entrare in intimità con Gesù»: è un crescendo.

Le mediazioni concrete sono quattro: la Bibbia, la liturgia, la vita secondo lo Spirito (la vita morale), la vita profana. Dio, tuttavia, si fa trovare anche in modi imprevedibili.

La Bibbia è la possibilità di metterci in ascolto della Parola, di continuo. La catechesi viene allora vista come un'eco della Parola di Dio: kathce‹n (katechéin), secondo l'eco di Dio che parla. È un suono, non possiamo possederlo. Non si tratta di qualcosa che voglio possedere o che vuole possedere me.

La relazione con Dio è «Ascolta, Israele». Ogni catechista deve lasciar parlare la Bibbia per ciò che la Bibbia dice, non per ciò che vorremmo che dicesse. È importante incontrarne la novità senza assimilarla al "già noto", al "l'ho già sentito, lo conosco già": bisogna lasciare che i testi parlino.

2. Che cosa della Bibbia nella catechesi?

Non si tratta tanto di "tirare fuori qualcosa" ma di entrare noi nella Bibbia, come in un giardino o in un mondo nuovo: «Imbeversi, impregnarsi e permearsi mediante un contato assiduo con i testi del linguaggio della Bibbia e del suo Spirito». L'impregnarsi è graduale, coinvolge tutta la persona e riguarda tutta la Bibbia: i suoi personaggi, le sue storie, i suoi inni.

Un racconto non può essere sintetizzato in un'idea: rischiamo di tramortire il testo. Il racconto vive del ritardo, dei tempi allargati.

Come trama di sfondo c'è il racconto della storia della salvezza nelle sue tappe principali. Il tutto deve essere il più possibile collegato alla vita dei ragazzi. Per esempio, il rapporto genitori/figli è il tassello della bontà di Dio nella storia, è figura della paternità e della maternità di Dio. Per fare questo bisogna voler bene ai ragazzi, e la testimonianza deve essere sulla scia dei personaggi biblici: «Tu sei quell'uomo» come disse il profeta Nathan a Davide.

3. Come la Bibbia nella catechesi?

Nella catechesi, la Bibbia va usata anzitutto come la usano i catechismi, pure se ci si appoggia a un progetto diverso o a una proposta personalmente elaborata: è la logica di fondo che importa.

Per esempio, il catechismo Io sono con voi segue il vangelo di Marco con attenzione: l'obiettivo è aiutare i bambini a incontrare Gesù che cammina verso di noi. Vengono sollecitati i sensi: "guarda, ascolta, segui...". Marco è infatti il vangelo del catecumeno, di chi incontra Gesù per la prima volta.

Il catechismo Venite con me segue invece il vangelo di Luca: mira a far diventare discepoli di Gesù, apprendisti di Gesù. Gesù inizia a dire delle cose, e le dice proprio a me. Siamo in viaggio verso Gerusalemme, rispondendo alla chiamata.

Sarete miei testimoni passa da Gesù alla vita della Chiesa, facendo perno sugli Atti degli Apostoli. L'obiettivo qui è diventare testimoni, rispondere a questo Gesù che chiama: si diventa soggetti attivi.

A mano a mano che si procede, la presenza della Bibbia aumenta sempre di più. È un po' come un'elica: i vangeli sono sempre gli stessi, cambia la nostra condizione di vita, il nostro punto di vista.

Da una parte, la ripetizione logora («Lo so già ...»), per cui si tende a rinnovare continuamente le cose, di solito con frustrazione. Ma c'è un'altra via: le cose della mia vita sono quelle, ma ci sono io che cambio e posso usare un'angolatura nuova. Come durante una gita in montagna: dal bosco si passa alla cima fino a vedere tutta la vallata. È sufficiente lasciare che le cose liberino la loro novità .

I punti difficili

Una delle difficoltà che si incontrano usando la Bibbia a catechismo è rappresentata dal fatto che nella Bibbia si parla di violenza, sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento («dare le briciole ai cani»). È importante non proporre nulla che, quando i bambini saranno diventati grandi, debba essere ritrattato. Non bisogna mai dire, per esempio, «Fai il bravo o Gesù si arrabbia».

Alcune cose andranno probabilmente rimandate (non ignorate) o a un secondo momento o a un dialogo personale.

Altre volte, invece, le "stranezze" nei testi sono non uno scoglio, ma un trampolino.

Prendiamo per esempio il brano della visita dei Magi: si possono fare domande semplici per orientare la riflessione proprio partendo dai particolari che "non tornano". Come mai questi esperti di Erode sanno tutto ma non vanno a Betlemme, e invece quelli che arrivavano da lontano sì? Quando capita a me lo stesso di trovarmi nell'uno o nell'altro caso?

Di ogni testo è poi bene non dire troppo all'inizio, lasciando spazio alle prime impressioni: possiamo vedere tante cose di questi ragazzi tramite i loro interventi. L'intervento intenso del catechista, invece, può scoraggiare le altre persone.

L'inizio sia sempre abbastanza leggero: bisogna dare qualcosa su cui riflettere e avere lo spazio perché ognuno possa parlare di sé.

Ed è importante fare domande vere, domande in cui nessuna risposta sia stupida. Bisogna evitare le domande retoriche, fasulle, che fanno scattare la "buona risposta", che fanno dire ai bambini quello che pensano che ti aspetti. Le domande vere devono parlare a noi.

Un esempio: Zaccheo

Tutto il racconto converge verso l'incontro. Ma, sull'incontro vero e proprio, Luca non dice nulla: è un enigma. Come mai questa decisione?

Bisogna resistere alla tentazione di riempire quel vuoto, ma piuttosto occorre chiedersi come mai ci sia. Iniziamo con le ipotesi, "passeggiamo" nel racconto.

  1. Prima ipotesi: Luca è uno scrittore scarso. Non sapendo rendere l'incontro, ha preferito evitarlo.
  2. Seconda ipotesi: che cosa è successo, secondo voi? Ci baseremo sulla nostra memoria: che cosa avrà fatto, in base a quello che sappiamo di lui, Gesù?
  3. Terza ipotesi: Luca, qui, sta come "strizzandoci l'occhio". Che cosa avvenga quando un uomo accoglie Gesù nella sua casa non posso raccontartelo ma tu puoi viverlo, se vuoi: noi possiamo accogliere Gesù nella nostra casa. L'educatore accompagna fino alla soglia, ma poi tocca a noi.

Il salto dal "testo" all'"ascolto" è sempre dato da qualcosa che non torna, che fa da trampolino. È un'occasione per dare la parola.


Indicazioni puntuali e risposte di don Ugo alle domande


Bisogna saper sfruttare con sapienza l'"onnipresenza" della Bibbia: si può usarla per pregare, con i Salmi, il Magnificat, il Benedictus e via di seguito. Si possono valorizzare le frasi sintetiche poste nel catechismo alla fine di ogni capitolo. Bisogna imparare a riconoscere la Bibbia nella Messa domenicale (il lezionare, l'ambone,i libri) e la matrice biblica delle preghiere più comuni.

Per i catechisti è fondamentale rimanere in un rapporto di preghiera con la Parola di Dio, risparmiando sul resto: per il materiale, i sussidi, i libretti sarà utile un archivio parrocchiale. Il catechista non dovrà cercare il materiale da sé e avrà più tempo per pregare.


Il contatto diretto dei ragazzi con la Bibbia è indispensabile, ma occorre anche saper leggere e raccontare per far amare il testo e mostrarne la "vivacità". Per questo si possono sfruttare le abilità di genitori e catechisti, scoprendo i talenti attorno a noi: le persone più brave sono spesso anche le più discrete; ci sono un sacco di talenti semisepolti. Tutto ciò ha anche il vantaggio di non vincolare direttamente i vari papà e mamme.


Una lectio divina semplificata

  1. Che cosa dice il testo?
  2. Che cosa mi dice il testo?
  3. Sostare nella preghiera (un segno, la luce, un salmo, una preghiera scritta etc.)
  4. In che cosa sono cambiato? Che fare, ora?

In questo lavoro può anche essere utile il metodo della Biro a quattro colori.


A proposito di metodi, è bene ricordare che l'insegnamento di un metodo ha l'importante vantaggio di rendere pian piano indipendenti le persone da me. Il catechista che ha fatto bene il proprio lavoro è quello che a un certo punto può tirarsi indietro. Il catechista è al servizio della relazione ragazzo/Bibbia/Comunità cristiana.

Non cambiare metodo a ogni incontro rende le persone libere anche da me, ma legate in modo libero alla creatività della fede. A un certo punto si finisce di essere catechista.


La narrazione

La narrazione è una modalità indispensabile. Dalle modalità più semplici a quelle più complesse: dare la parola ai ragazzi, far riscrivere un testo (così facendo ognuno rivela qualcosa di sé a sé stesso: la Bibbia rivela noi a noi stessi), una piccola drammatizzazione del racconto.

C'è poi un passo in più: ci sono libretti che insegnano a raccontare (c'è un metodo,nei tempi e nelle cose da dire e tacere, e nella preparazione personale). Alcune persone, in particolare, sono naturalmente brave a raccontare; altre possono imparare: ogni arte è stata una tecnica, all'inizio.

Così l'ascolto della Parola può diventare un"viaggio al cuore della fede". Ci chiederemo: «Questa realtà che abbiamo intorno chi l'ha voluta, chi l'ha desiderata?», che è proprio quello che si sono chiesti nel quinto secolo a.C. quelli che hanno scritto l'inno di Genesi 1.


L'incontro di catechesi dovrebbe essere strutturato in "moduli" di al massimo 10/15 minuti l'uno. In un'ora di catechismo ci dovrebbero stare almeno tre moduli, e ognuno dovrebbe essere compreso nel proprio tempo massimo. E, se non si riesce a finire, pace.