Il Mistero della Parola di Dio e l'educazione alla fede dei ragazzi
Il mistero della Parola di Dio e l’educazione alla fede dei ragazzi
di mons. Severino Pagani
Premesse
Il punto di partenza è interrogarsi sulla figura del catechista: chi sono io in questo momento della vita? Perché sono qui? Che cosa mi sta più a cuore? Qual è la conversione che mi viene richiesta? Che cosa c'entra "fare catechismo" con la mia fede, con la mia vita?
Si annuncia innanzitutto quello che si è: fare catechismo non è un compito di insegnamento. Si tratta di comunicare un passaggio segreto a questi ragazzi perché scoprano qualcosa del Regno di Dio. Occorre essere una figura spirituale.
Il secondo punto è la Parola di Dio, che è più della Bibbia: è tutto ciò che è partito dal cuore di Dio per rivelarsi nel mondo, e Dio parla in tanti modi. C'è bisogno della capacità di vedere come ancora oggi la Parola, la persona di Gesù si fa storia. Devo chiedermi: come posso far sì che questi ragazzi che mi sono affidati possano incontrare Gesù?
La risposta non sta tanto in quello che si dice, ma nel come "si fa" catechismo: «Non si ricorderanno di quello che gli avete detto, ma si ricorderanno che gli avete voluto bene». Si ricorderanno di questa persona, che è quella che mi ha fatto incontrare Gesù, che mi ha insegnato a pregare. Siamo chiamati a far sì che la persona di Gesù diventi la nostra vita.
L'ultimo punto di questa premessa è un'indicazione: questa sera diremo solo un alfabeto. Ai ragazzi non riusciremo a spiegare tutto, ma quello di cui hanno bisogno: come noi oggi.
I passi
Il primo passo è la Parola di Dio nell'iniziazione cristiana. Pensando al catechismo per un ragazzo, per esempio, di quinta elementare, si possono individuare alcuni passaggi, alcuni momenti.
- L'inizio è aiutare a contemplare il mistero della creazione, a osservare. I ragazzi si accorgono prima della tecnica, poi della scienza, poi, forse, della natura. Ma c'è un autore solenne, una presenza dietro ciascuna di queste cose, qualcuno che ha pensato a te: a questo condurrà l'osservazione. Dietro la cosa c'è sempre un autore: in questo modo si fa entrare il ragazzo nel mistero. Altrimenti avremo una conoscenza senza riconoscenza. Per raggiungere questo fine aiutano le bellezze naturali.
- Poi occorre scoprire che la Parola di Dio arriva attraverso una tradizione credente. Un ragazzo è sempre contestualizzato: la famiglia, la scuola, gli amici etc. Il contesto deve avere uno spazio definibile come "tradizione credente", cosa oggi difficile da fare. Per raggiungere questo fine bisogna valorizzare le occasioni, collaborare con gli adulti.
- La Parola di Dio mi arriva attraverso un linguaggio, una modalità. Sentir parlare del Signore dal papà o dalla mamma, e vederli, mentre ne parlano, arrabbiati o felici, è una mediazione della Parola di Dio attraverso un linguaggio di lode o di rimprovero razionale o ancora affettivo. Il linguaggio, a volte, incide più del contenuto.
Ripensiamo alla nostra fanciullezza: avremo più sensazioni che contenuti, più sensazioni che non la "precisione del dogma". - Bisogna, certo, rispondere alle domande, ma non pretendere di spiegare tutto subito: l'inizio è l'introduzione al mistero, ossia il superamento della concezione illuministica del mistero, che non è qualcosa di incomprensibile. Il punto è che non solo la ragione, ma anche l'affetto conduce alla verità; il mistero si comprende fino a un certo punto, ma può essere conosciuto.
Definire qualcosa "misterioso" significa dire: ne conosco qualcosa, ma mi piacerebbe conoscere di più. A poco a poco nasce l'intuizione di chi sia Dio. Misteriosità significa che non stiamo parlando di una favola, ma nemmeno che il tutto è riconducibile alla sola ragione.
Se ci sono tutti questi punti, allora i ragazzi sono pronti per la Bibbia, intesa come una biblioteca: non va "assunta" tutta insieme, ma un libro alla volta. La Bibbia, non a caso, contiene linguaggi diversi: c'è storia e c'è fantasia, fa piangere e fa ridere.
Il secondo passo è il ragazzo come uditore della Parola.
«La porta del cristianesimo non è l'etica: la porta del cristianesimo è la grazia»
- Noi dobbiamo raggiungere i ragazzi che abbiamo: «Se non avete fiducia nei ragazzi che avete, non fate il catechista». Occorrono pazienza e benevolenza. Molti dei nostri ragazzi sono confusi perché non ricevono messaggi unidirezionali ma si trovano in mezzo alle contraddizioni. Per questo è importante dire un pensiero per volta. La confusione mentale suscita l'alterazione emotiva e l'irrequietezza corporea. Molti hanno paura: non sono rassicurati, ma non manifestano i timori. L'uditore della parola deve invece percepire di essere raggiunto per quello che è: ciò lo rassicura da ogni forma di paura.
- Il racconto richiede il nostro coinvolgimento: un racconto neutro è impossibile, mentre molto passa dal nostro coinvolgimento. Il catechista è un narratore: prima della "lezione", bisogna preparare il "maestro". Raccontando, occorre dare l'idea di strada, presente in molti brani biblici: Emmaus, l'Esodo, l'intero vangelo di Luca. Facendo il catechismo, i ragazzi stanno facendo un viaggio guidati dalla Parola. La Parola mette in comunione, costituisce una relazione. La relazione e il contenuto sono i cardini del racconto.
- Il racconto presuppone l'ascolto, ma che cosa significa ascoltare? Individuiamo tre significati:
- Una corretta percezione di sé, delle proprie doti e dei propri limiti. Capire fin dove si può arrivare, senza cadere nel senso di onnipotenza né essere così intimiditi da non esprimersi con libertà.
- Occorre lasciare uno spazio all'altro.
- Bisogna costruire nei ragazzi il senso di Dio: far capire che non sono da soli. «Se tieni nel cuore lo Spirito Santo, non sarai mai solo». È bene fare degli esempi: quando esci di casa, di' una preghiera; quando vai a letto, ringrazia. Quando sei in giro non sei mai da solo. È un'esistenza dialogica: vivere alla presenza di Dio: una "comunione spirituale".
In questo modo si coltiva il senso di introspezione, ma non bisogna fare a meno della Rivelazione: puoi entrare in te stesso ma, senza la Parola, come conoscerai il nome di Gesù? E non si può fare a meno nemmeno della Persona: ti descrivo Dio come qualcuno con cui puoi metterti in rapporto.
- Fare memoria della storia della salvezza. Bisogna entrare nel tempo, non accontentarsi del frammento, dell'oggi: c'è un ieri e un domani. Il passato va inteso come grazia, nel futuro serve fiducia: l'amore che ricevi e la speranza nel futuro. Da ciò nasce il senso della fedeltà: fedele è l'aggettivo del Dio cristiano. Dio non ti abbandona mai: non ti mette paura, ma ti stimola a fare tutto quello che puoi. La memoria è quindi esistenziale: si tratta di conservare le esperienze più belle della vita.
- Affidarsi alla fedeltà di Dio.
- Sentirsi chiamati per nome: Dio ti conosce, Gesù ti conosce. «Tu mi scruti e mi conosci».
- Aiutarli a non avere paura.
- Aiutarli a sentirsi perdonati. «Allora Dio mi cerca ancora, mi vuole bene, non mi ha giudicato».
- Insegnare a pregare: pregare con i ragazzi, con ogni ragazzo. Non è banale insegnare a memoria le preghiere: costituiscono uno "zoccolo duro". Non fa nulla se vengono ridotte a una cantilena: se e quando tutto il resto sparirà, resteranno come "scialuppa di salvataggio".
- Imitare: imitare Gesù. Entrare nei personaggi della Bibbia, comprendere il linguaggio e tradurre il tutto nella vita. Da qui si arriva alla costruzione di una coscienza etica. Vedi "L'imitazione di Cristo".
«La porta del cristianesimo non è l'etica: la porta del cristianesimo è la grazia»