Re, Profeti e Sacerdoti - Andate e fate discepoli

  • Posted on: 6 August 2010
  • By: mdmuffa

Introduzione all'incontro

Il primo incontro - Re, profeti e sacerdoti -è, se vogliamo, più tecnico, informativo: serve a spiegare da dove viene il gesto di ungere con il crisma i cresimandi. Il secondo parla invece delle conseguenze della discesa dello Spirito Santo sugli apostoli: degli effetti "dirompenti" che spingono i testimoni della vita, della morte e della risurrezione di Gesù a parlare senza remore di quanto hanno visto e conosciuto.

La Chiesa esiste per portare il meraviglioso messaggio dell'amore di Dio al mondo: chi sceglie di fare la Cresima dev'essere ben cosciente di quanto sta per fare, così come chi "fa la Comunione" non si accosta a un rito ma si nutre di Dio. Tutto quanto, tutta la Chiesa, non può essere ridotta a precetti, regole, riti, ma scaturisce da un incontro e dall'azione dello Spirito di Dio.

Entrambi gli incontri vengono più o meno di peso dal catechismo della Cei. Non prevedono "cose particolari" ma piuttosto una discussione: nelle teste dei ragazzi c'è già un'idea di "Chiesa", spesso non troppo positiva. Si tratta di parlare, confrontarsi e far ragionare per vedere se l'immagine corrisponde alla verità e al progetto di Dio.


Re, profeti e sacerdoti

L'unzione

CresimaI doni dello Spirito "informano" (cioè "danno forma a") tutti coloro che credono in Gesù. Coloro che l'hanno conosciuto, che l'hanno amato, si sono scoperti fratelli e non possono fare a meno di amarsi tra loro: lì è nata la Chiesa, la comunità di coloro che hanno fatto di Dio il Signore delle loro vite, che hanno scelto di dirsi orgogliosamente suoi figli, certi che altrove non c'è salvezza.

L'unzione - ne abbiamo già accennato all'inizio dei nostri incontri - appone una sorta di marchio, un sigillo che dice l'appartenenza di chi se lo fa apporre. Ma c'è di più. L'unzione con l'olio è un gesto molto antico, che il popolo di Israele riservava alle sue figure più importanti: i re, i profeti e i sacerdoti. Gesù "riunisce" in sé queste figure: è il vero re, il vero profeta, il vero sacerdote. E i cristiani, fatti a modello di Gesù, vengono a loro volta unti per essere re, profeti e sacerdoti.

  • Re: chiamati a governare (nel senso di come Adamo all'inizio del mondo si prendeva cura della creazione) il creato, il tempo e lo spazio che ci sono affidati, e noi stessi. Siamo responsabili della vita che ci è donata e delle persone e delle creature con cui interagiamo.
  • Profeta: il profeta è colui che porta il messaggio di un altro, una sorta di ambasciatore; noi siamo chiamati a portare e predicare il messaggio di un altro, di Gesù: siamo chiamati a predicare il Vangelo, un messaggio che non ci appartiene, che non è nostro. I profeti non erano coloro che predicevano il futuro - come si intende oggi volgarmente - ma coloro che "parlavano a nome di" (è questo il significato della parola greca prof»thj - prophètes) Dio.
  • Sacerdote: la funzione del sacerdote è quella di offrire il sacrificio (di animali) a Dio. Ora, il vero sacerdote è Gesù, che ha offerto la propria vita volontariamente a Dio, ponendo fine all'antico rito. Noi siamo chiamati a sacrificare, a donare la nostra vita, a "renderla sacra" (in "sacerdote" è evidente il termine sacer, "sacro", in latino), come ha fatto Gesù: non la perderemo, ma la realizzeremo in pienezza. «Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà» (Mc 8, 35).

Il crisma e gli altri olii

Durante la Messa Crismale, che si svolge nella mattina del Giovedì Santo nelle cattedrali di tutto il mondo, il Vescovo benedice gli olii santi: l'olio dei catecumeni, il crisma, e l'olio degli infermi.

  • L'olio dei catecumeni serve per l'unzione di coloro che iniziano il percorso di preparazione al battesimo, se questo avviene in età adulta; nel caso dei bambini, avviene prima del battesimo vero e proprio. Viene usato durante il rito di esorcismo e significa la liberazione dal peccato e da Satana: indica l'appartenenza a Cristo.
  • Il crisma viene usato durante il battesimo: indica l'appartenenza a Dio, è il sigillo (carattere) di cui abbiamo parlato ed è l'olio che si richiama a quello usato nell'Antico Testamento per i Re, i Profeti e i Sacerdoti. Il crisma non è solo olio: è mischiato a balsamo. Come l'olio indica la grazia abbondante, che si sparge nell' anima del cristiano per confermarlo nella fede, così il balsamo, che è odoroso e difende dalla corruzione, significa che il cristiano fortificato da questa grazia, è atto a dare buon odore di cristiane virtù e a preservarsi dalla corruzione dei vizi. Usato nella Cresima, conferma e porta a compimento il "percorso" iniziato col Battesimo (tant'è vero che in origine i due sacramenti erano uniti).
  • L'olio degli infermi si usa invece durante l'amministrazione del sacramento dell'Unzione degli infermi: «la Chiesa raccomanda gli ammalati al Signore sofferente e glorificato, perché alleggerisca le loro pene e li salvi, anzi li esorta a unirsi spontaneamente alla passione e alla morte di Cristo, per contribuire così al bene del popolo di Dio» (dal Catechismo).

Il giorno della Cresima il Vescovo, chiamandoti per nome, dirà:
Ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono.
E tu risponderai:
Amen.
Il vescovo riprenderà:
La pace sia con te.
E tu risponderai:
E con il tuo spirito.


Andate e fate discepoli

La Chiesa è missionaria (e non può non esserlo)

«A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo». (Mt 28, 16 - 20)

La Chiesa è inviata al mondo per rivelare il volto di Dio agli uomini. Come? Innanzitutto con l'esempio, e poi con la predicazione. Ogni comunità cristiana che vive unita nell'amore fraterno rivela Dio al mondo e testimonia il mistero della sua vita. Dio è amore. Ce lo ha detto Gesù. Noi lo crediamo e lo professiamo nella fade e nella nostra vita.

Uno solo è Dio in tre persone uguali e distinte: Padre e Figlio e Spirito Santo. Questo mistero ci lascia intravvedere in Dio una vita di amore infinito.

La sera prima di morire, Gesù prega il Padre perché noi testimoniamo al mondo l'amore della Santissima Trinità:

«Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una cosa sola; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi ha mandato. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me»· (Gv 17, 20 - 21. 23)

Con lo Spirito Santo, effuso nel giorno di Pentecoste, la Chiesa inizia la propria missione: gli apostoli inizieranno a predicare nelle diverse lingue di chi era lì con loro, sorprendendoli tanto che alcuni dicevano: «Si sono ubriacati di vino dolce» (leggi At 2, 1 - 13).

Lo "stile" della prima Chiesa, della comunità degli apostoli, è qualcosa di unico: sono gli Atti degli Apostoli a dircelo (At 2, 42 - 47):

«Erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello spezzare il pane e nelle preghiere. Un senso di timore era in tutti, e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. Tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno. Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il pane nelle case, prendevano il cibo con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo».

Gli effetti dello Spirito sono dirompenti: mai si era vista una comunità del genere. E l'espansione della Chiesa sarà rapidissima, spinta dal vento dello Spirito. Allora, certo, inizieranno anche i problemi. Basta vedere che cosa scrive Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi:

«Mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi perché vi riunite non per il meglio, ma per il peggio. Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore. Ciascuno infatti, quando siete a tavola, comincia a prendere il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco. Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!

Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete al calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò chiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.

Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri. E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta». (1Cor 11, 17. 20 - 22. 26 - 29. 33 - 34)

La vita della Chiesa non sarà - non è - facile, ma ciò che non verrà mai meno, nemmeno nei periodi più bui, sarà la fedeltà al mandato di Gesù. E questo perché la sua assistenza, il dono dello Spirito, non verrà mai meno.

Guarda quanto hanno fatto, partendo in Undici! E l'hanno fatto perché non avevano precetti da imporre o regole da dare, ma un amore da annunciare e portare.


CITAZIONI

Il mondo capovolto

La testa mi fa male in maniera terribile. Le gambe non le sento quasi più, e questo è un bene, visto in che stato sono ridotte. Di tanto in tanto qualcuno si avvicina e mi sputa in faccia - sono un bersaglio facile, messo così. Si meravigliano: «Non è ancora morto».

Sento il sangue che mi scende sul petto, risale il collo, piano gocciola giù dal mio capo, e con esso la mia vita. Ma ancora tengo.

I cani sono stati fatti uscire tutti. Sulla sabbia arrossata restano pelli di animale e brandelli di uomini. Il cocchio dell'imperatore ci passa sopra. Avrei voluto parlagli, ma non riesco quasi neanche a respirare, la bile e il vomito mi riempiono la bocca, il naso. La sua armatura splende. Mi ha guardato, ha salutato la folla, è andato avanti.
E' il suo giorno, la sua festa, non ha tempo da perdere con un vecchio ebreo morente. E' il trionfo del male. Stanno spalmando di pece i ragazzi, tra poco daranno loro fuoco per rischiarare altri massacri. La fiamma purificherà torture ed oltraggi, mi dico.
Credo di avere una spalla strappata.

Mi sembra di essere qui da giorni.

Giunia l'hanno legata ad un toro, poi hanno fatto impazzire la bestia, mentre un attore declamava versi. Uno dei loro miti sanguinari. Dirce, la chiamavano. Non è stato rapido.

L'ho visto, poi, era seduto accanto a me. Non so se l'ho sognato per il dolore, o fosse proprio lui. Per un istante ho sentito come una fitta d'invidia, era libero, poi ho guardato le sue mani. Anche le sue, come le mie.

Ha annuito. Aveva un calice in mano, mi ha dato da bere. Non so come io sia riuscito a mandare giù qualcosa , così rovesciato, ma l'ho fatto. Si è chinato al mio orecchio, mi ha sussurrato «Lo so che mi ami». E poi è sparito. Non so se fosse un sogno, ma la gola ha smesso di essere arida. Non il resto.

Nell'arena hanno cambiato spettacolo. Un altro attore declama versi, da un podio. Narra una storia di quei loro déi falsi ed assassini. Arrabbiati con un mortale per una parola di troppo, ne sterminano i cinquanta figli. Mi tornano alla mente immagini di lui, che con i bambini ci giocava, in un cortile sabbioso e assolato di tanti anni fa, mentre nell'arena vengono fatti entrare i miei figli, i miei agnelli. Li conosco tutti. C'è Erma, con il viso gonfio dalle botte, che si doveva sposare con Asincrito il cui corpo ora l'illumina come una torcia. Trifena, la piccola Trifena, seviziata per tre giorni dai carcerieri, che non sembrava dovesse smettere di sanguinare. Morirà oggi, comunque. E Apelle, Stachi...

Perchè mi hai fatto vivere, per vedere questo? I miei agnelli, i miei figli uccisi?

Si apre il cancello, entrano due carri da guerra, falcati, appesantiti di ornamenti dorati. Su uno sta un arciere vestito da Apollo, il copricapo di sole raggiante, lo stesso che portava prima l'imperatore. Sull'altro torreggia Diana, il seno scoperto, pure lei arco e frecce in mano. Si dirigono verso il mio gregge. So che li colpiranno ad uno ad uno, daranno loro la caccia inseguendoli, li staneranno dagli angoli dell'arena, dove cercheranno di nascondersi dai dardi omicidi. La folla rumoreggia, incita. Poi il ruggito, la risata, l'urlìo blasfemo si spegne poco a poco. Un altro rumore comincia ad udirsi, sommesso prima, poi sempre più forte.

Il mio gregge non sta scappando. Sta cantando, sta pregando. I falsi dèi sono confusi. Non è quello che si aspettavano. Un funzionario fa gesti frenetici. Apollo incocca l'arco, lascia partire la sua freccia verso il bersaglio immobile. Erma è trapassata da parte a parte, e cade senza un grido. Gli altri proseguono a pregare, stretti. Di tanto in tanto, mi guardano. Io guardo loro.

Le frecce vengono scoccate, una dopo l'altra. I carri sono fermi, come le mie pecorelle che cadono una a una. Dalle tribune vengono sequele di imprecazioni, fischi, urla di scherno. Ma sempre meno convinte. I carnefici incoccano, con mani sempre più esitanti. Sulla faccia di Diana, forse una donna germanica a giudicare dai lineamenti, c'è una smorfia di assoluto disgusto. Un servo corre verso il carro di Apollo, sussurra qualcosa all'auriga, che annuisce. Il conducente sprona i cavalli, fa fare un ampio giro al carro, prende velocità, e punta dritto verso il drappello dei superstiti.

Non si spostano, non smettono neanche di cantare mentre le lame sulle ruote decapitano di netto Trifena, mentre Stachi viene scagliato via come una bambola di paglia.

Adesso il silenzio, al di sotto del canto, è sempre più irreale. Altri segni frenetici, i musici attaccano a suonare un motivo guerresco che non riesce a soffocare il motivo sempre più fievole del salmo. Finchè non rimangono che due voci, poi una sola. D'un tratto capisco che è la mia. Termino il salmo. Così sia.

L'assenza è assordante. La Presenza, è assordante. E capisco perchè sono rimasto vivo fino ad ora.

Davvero credevo che la morte potesse essere la fine di qualcosa io, proprio io che ho visto?

Appeso a testa in giù alla mia croce, io, vecchio pescatore di Galilea, vedo un mondo capovolto. Un mondo dove la misericordia vince sul male, dove l'agnello trionfa sul leone, e la morte e la paura sono sconfitte. Tutti lo vedono.

Mio Dio, amico mio, nelle Tue mani affido il mio spirito.



 



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