Io non ho un altro piano

  • Posted on: 6 August 2010
  • By: mdmuffa

Introduzione all'incontro

È un incontro a "due velocità". Da una parte parla dell'esperienza delle prime Chiese locali e delle difficoltà che hanno incontrato, notevolmente simili a quelle che ci sono ancora oggi. Dall'altra affronta rapidamente un aspetto "tecnico": fare un po' di chiarezza nella nomenclatura usata per la gerarchia attuale della Chiesa, esigenza emersa durante uno degli incontri passati e comunque utile.

Se sulla seconda parte non c'è molto da dire, la prima è consolante: la difficoltà di credere e di affidarsi non è cosa nuova ma è sempre esistita, anche in quella "Chiesa delle origini" di cui si parla spesso idealizzandola come comunità perfetta. Invece la Chiesa è fatta di uomini, ognuno con le proprie peculiarità ma per i quali l'importante è aprirsi all'accettazione di Dio: è lasciandolo operare che si arriva a una vita felice per il popolo tutto. Certo ciò richiede impegno: com'è possibile lamentarsi di tutto se non si fa nulla per migliorare le cose? Fare la cresima significa anche assumersi delle responsabilità all'interno della comunità in cui si vive - in primis la famiglia - e valorizzare i propri doni, attivi e sereni nella certezza che Dio non ci abbandona e agisce anche attraverso i fratelli (per cui anche noi possiamo essere suoi strumenti), come la storia della Chiesa dimostra.

È stato l'ultimo incontro, anche se c'era in preventivo anche altro. Dunque nulla di particolare ma un po' di "chiacchiera" (in senso positivo) e di preparazione al sacramento.


Io non ho un altro piano

Molti doni, un solo Spirito

Se il compito fondamentale della Chiesa è la missione, se è l'annuncio della "bella notizia" (il Vangelo) ciò che Gesù affida agli Undici, non avranno perso tempo. Infatti, negli Atti degli apostoli possiamo leggere come incessantemente questi "quattro gatti", dopo aver ricevuto il dono dello Spirito Santo a Pentecoste (At 2, 1 - 13), continuino a ripetere la novità che hanno scoperto e vissuto: Dio è entrato nella storia degli uomini, è diventato uno di noi, per amore degli uomini - suoi amici - ha accettato di sacrificarsi cancellando il peccato e abolendo il rito antico (Lv 16), e con la sua risurrezione ci ha aperto le porte della vita eterna. Ci ha mostrato che non siamo in questo mondo per caso, che Dio ha un disegno d'amore su ognuno di noi, che ci propone la strada per una vita piena, felice, che noi possiamo liberamente scegliere.

Quando gli apostoli hanno scoperto tutto questo, quando l'hanno provato e capito davvero, non hanno potuto fare a meno di annunciarlo a tutti quelli che incontravano: quando si trova una cosa bella non si può tenerla per sé. Così sono nate le comunità cristiane.

Quella di Corinto, per esempio

La nascita della comunità è descritta negli Atti, al capitolo 18. San Paolo scriverà ben due lettere per dirigere, esortare e ammonire i cristiani di Corinto. Lì, in quella comunità, sono presenti i doni caratteristici dello Spirito: una fede profonda, la gioia di vivere insieme e di lodare il Signore, la forza della profezia e il servizio nel nome di Gesù.

Ma molti non avevano capito a che cosa servissero i doni dello Spirito. Qualcuno era geloso del proprio dono, forse un po' invidioso di quello degli altri. E Paolo interviene (1Cor 12, 1 - 27):

«Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell'ignoranza. Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune. Ma tutte queste cose le opera l'unico e il medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole».

Ogni dono è per la crescita della Chiesa nella fede e nell'amore, e per l'unità. Solo mettendo i doni che lo Spirito ci elargisce, e non cercando di usarli per primeggiare o peggio ancora restando pigri e inoperosi, realizziamo il disegno di Dio. Ogni comunità cristiana è ricca di molti doni: è compito di ciascuno scoprirli e mettere i propri in circolazione per arricchire tutti. Non saremo giudicati sui risultati ma sulla fedeltà a ciò che oggi ci chiede il Signore per servire la sua Chiesa con l’annuncio del suo Vangelo, e saremo giudicati sull’amore che metteremo nel compiere il nostro ministero (ricorda la parabola dei talenti, Mt 25, 14 - 30).

O Efeso, per citarne un'altra

Le origini della Chiesa di Efeso sono narrate anch'esse negli Atti, al capitolo 19. Gli abitanti di Efeso nemmeno sapevano che ci fosse uno Spirito Santo, ma erano soltanto stati battezzati secondo il battesimo di Giovanni. Dopo la discesa dello Spirito, la comunità cresce. E anche a questa Paolo indirizza una lettera (vedi Ef 4, 1 - 6):

«Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell'amore, avendo a cuore di conservare l'unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace. Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti».

Non si può essere cristiani a tempo perso. O cattolici pantofolai: che trattano la fede come un paio di pantofole, buono da indossare in casa ma da sostituire non appena escono dalla porta di casa. Cristiani di nome, per le statistiche, ma che non accolgono il dono, perché temono che sia un peso. Non capiscono come "il giogo dolce e il carico leggero" (Mt 11,30) siano l'unica strada che li conduce alla Verità e alla pienezza della vita. I cristiani vedono il bello della vita, perché conoscono il perché dell'esistenza. Sanno del progetto buono di Dio, sanno che tutta la realtà è buona e sanno che il male non è la parola definitiva. Gesù non è venuto a togliere la sofferenza, creando un mondo statico, ma ci ha dato la chiave per superarla e addirittura sfruttarla. I cristiani non sono musoni. Come raccomandava San Filippo Neri: «Figlioli, state allegri!».

Una Chiesa organizzata

Quando la comunità primitiva dei discepoli si è espansa, è nata l'esigenza di organizzare in maniera chiara la Chiesa, in modo che l'insegnamento rimanesse costante e la verità non venisse tradita. Il tempo e lo spazio sono tiranni: cercheremo di delineare brevemente la situazione.

Checché se ne dica, l'autorità di Pietro - conferitagli da Gesù (Gv 21, 15 - 19 o Mt 16, 18) non perché fosse il più intelligente o il più coraggioso o il più fedele, ma il più appassionato - non è mai stata messa in discussione: anche Paolo, che ci litigherà, tornerà sempre da lui per avere l'approvazione circa la propria predicazione. Per questo diciamo che Pietro è la prima figura di Papa: una persona, assistita in maniera particolare dallo Spirito Santo (Lc 22, 32), che garantisce l'unità della Chiesa e la fedeltà al mandato e all'insegnamento e alla persona di Gesù.

Pietro e gli altri Dieci formano il collegio degli Undici: quelli che hanno vissuto con Gesù, quelli la cui autorità è indiscussa perché "loro c'erano". Ma il tempo passa e gli Undici diventano vecchi o muoiono martiri: così istituiscono degli ispettori, da loro appositamente formati e sul quale invocano il dono dello Spirito Santo in maniera speciale imponendo le mani, perché continuino la loro missione. Sono i primi vescovi (che in greco - ™p…skopoi - significa appunto "ispettori"), consacrati direttamente dagli apostoli per garantire la fedeltà a Gesù. Solo i vescovi consacrano altri vescovi, e con l'approvazione del Papa: così la continuità apostolica, una linea ininterrotta che di vescovo in vescovo risale fino agli apostoli, è rispettata.

Poi ci sono coloro che dedicano completamente la loro vita all'annuncio del Vangelo. Celibi, come consiglia San Paolo (anche se la regola non è inizialmente ferrea ma è più un'indicazione), consacrati in maniera particolare con il dono dello Spirito Santo per mano dei vescovi, sono coloro che rendono presente Gesù nelle molte comunità che si formano: presiedono la cena eucaristica, la messa, svolgendo il ruolo di Gesù e rendendolo presente per davvero nel pane e nel vino. Sono i presbiteri (dal greco, gli "anziani", perché come gli anziani in una comunità hanno autorità e saggezza) o, per brevità, i preti.

Infine, tra gli ordini sacri ci sono ancora i diaconi: in origine istituiti dagli apostoli (At 6, 1 - 6) perché si occupassero del servizio delle mense al posto loro (perché le varie attività non li distraessero dal compito principale, ossia la predicazione), sono ora il gradino "più basso" del sacerdozio (anch'essi sono consacrati con l'imposizione delle mani e l'invocazione dello Spirito Santo), collaborano con i presbiteri e possono amministrare alcuni sacramenti (ma non l'Eucaristia e la Riconciliazione).

Con il crescere della Chiesa la struttura si è ulteriormente organizzata. I preti vengono messi a capo delle parrocchie (dal greco : significa "vicino alle case"), in modo da guidare le comunità come Gesù si pone pastore del gregge. Ogni tot parrocchie radunate insieme formano una Diocesi (ancora dal greco, era un'unità amministrativa dell'Impero), con a capo un vescovo per assicurarsi la fedeltà dell'attività dei presbiteri all'insegnamento degli apostoli e, quindi, di Gesù.

Quanto ai cardinali, sono i collaboratori speciali del Papa, chiamati da lui per gestire la Chiesa nel suo insieme, e gli unici (attualmente) che possono eleggere il Successore di Pietro. L'origine risale proprio ai diaconi, presbiteri e vescovi che il Papa chiamava a collaborare alla gestione della Diocesi di Roma.


CITAZIONI

«Fatto l'esame di coscienza e recitate le mie preghiere, perché non dovrei dormire tranquillo? Se mi agitassi, non prenderei sul serio il Vangelo che ci ricorda, senza complimenti, che ciascuno di noi non è che un 'servo inutile'. Dobbiamo fare sino in fondo il nostro dovere, ma consapevoli che la Chiesa non è nostra, la Chiesa è di quel Cristo che vuole usarci come strumenti ma che ne resta pur sempre il signore e la guida. A noi sarà chiesto conto dell'impegno, non dei risultati» (Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, quand'era Cardinale e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, a chi gli chiedeva se dormisse bene nonostante i dossier inquietanti sulla contestazione clericale che gli arrivavano in quel periodo).


Durante l'Ascensione, Gesù gettò un'occhiata verso la terra che stava piombando nell'oscurità . Soltanto alcune piccole luci brillavano timidamente sulla città di Gerusalemme. L'Arcangelo Gabriele, che era venuto ad accogliere Gesù, gli domandò: «Signore, che cosa sono quelle piccole luci?». «Sono i miei discepoli in preghiera, radunati intorno a mia madre. E il mio piano, appena rientrato in cielo, è di inviare loro il mio Spirito, perché quelle fiaccole tremolanti diventino un incendio sempre vivo che infiammi d'amore, poco a poco, tutti i popoli della terra!».L'Arcangelo Gabriele osò replicare: «E che farai, Signore, se questo piano non riesce?». Dopo un istante di silenzio, il Signore gli rispose dolcemente: «Ma io non ho un altro piano...».

Tu sei una piccola fiaccola tremolante nell'immensità della notte. Ma fai parte del piano di Dio. E sei indispensabile. Perché non ci sono altri piani.

(da Bruno Ferrero, La Vita è Tutto Ciò che Abbiamo)


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