How can you expect to be taken seriously?

  • Posted on: 6 August 2010
  • By: mdmuffa

Incontro del 31 marzo 2009

Dubito seriamente che i Pet Shop Boys siano tra gli artisti ascoltati da don Franco, ma il titolo mi sembrava adatto: non possiamo aspettarci di essere presi sul serio se prima non prendiamo noi sul serio quello che annunciamo e soprattutto se non ci comportiamo di conseguenza. Ad ogni modo, ecco qua:


L'attività eminente della Chiesa è l'annuncio. Tutto il resto - per quanto buono, bello o utile, è un "di più". Di qui l'importanza della catechesi quale attività fondamentale per una parrocchia, un'attività il cui obiettivo è la convocazione della comunità cristiana.

I modi per raggiungere questo obiettivo sono poi tanti: c'è l'evangelizzazione, c'è l'esercizio della carità, c'è la testimonianza della carità. E c'è la catechesi.

Rispetto all'evangelizzazione, la catechesi è un servizio della parola finalizzato a sussidiare l'ascoltatore al confronto, alla riflessione sulla Parola: ha un forte componente pedagogica, mirata alla convocazione della comunità cristiana. È azione della Chiesa, e per questo al centro vi è la presentazione e l'illustrazione del mistero cristiano, cioè la persona di Gesù. Non si tratta dunque di una convocazione generica o fine a sé stessa, ma il cristiano è convocato alla sequela di Gesù e alla comunione con i fratelli.

È infatti attraverso il contatto con Gesù che avviene la fraternità: la catechesi non consta quindi di lezioni informative, ma di una dimensione di conversione a Gesù Cristo. Spesso, invece, riduciamo l'annuncio cristiano a tante regole, anche buone, ma in cui c'è poca fede. Si tratta in questo caso di moralismo, non di cristianesimo. Ma è la fede che salva, non la legge.

Se manca l'incontro con Gesù non nasce la Chiesa e non c'è l'esperienza cristiana.

Per tutti questi motivi, il catechista è innanzitutto un ascoltatore della Parola di Dio: fare la catechesi è annunciare qualcosa che è passato nella tua esperienza. Non si può annunciare ciò che non si è provato: non si può annunciare l'amore di Dio, l'incontro con Gesù se prima non lo si è ricercato e realizzato. Non è e non può essere una lezione, un "travaso di informazioni": occorre la partecipazione. Questo anche perché i bambini leggono i sentimenti; l'educare ha il proprio fondamento in un rapporto d'amore: il bambino ascolta soprattutto chi lo ama di più. Perciò il catechista è testimone delle cose che dice.

Il catechista si forma: attraverso la vita spirituale, la Parola di Dio, e il Catechismo della Chiesa cattolica, che è la Parola di Dio già tradotta a livello catechetico. Questa Parola ha il potere di farti camminare, di darti autocoscienza: il catechista è un orgoglioso - non un borioso - della propria fede. «Anche perché essere credenti è proprio bello».

È necessario avere coscienza di avere un ministero: educare alla fede, alla Chiesa. Pertanto occorre arrivare all'annuncio (il momento della catechesi) con convinzione e avendoci pregato sopra prima. Non si può improvvisare perché non si tratta di trasmettere delle nozioni, ma di condividere un'esperienza. E non si può condividere un'esperienza che non si è fatta.

Ogni educatore è dunque prima educatore di sé: bisogna educare educandosi. L'educatore è colui che cammina davanti all'educando. Non colui che "è davanti" ma colui che "cammina davanti". È questa l'entratura nel mistero: non solo una conoscenza, ma un'esperienza.