La motivazione più vera

  • Posted on: 6 September 2010
  • By: mdmuffa

Parlare di celibato sacerdotale significa andare in cerca di rogne. A scanso di equivoci, lo chiarisco subito: ne sono un sostenitore, né vedo come potrebbe essere altrimenti.
Che cosa mi fornisce tanta granitica certezza? Ci sono molte ragioni ma, per non tirarla troppo per le lunghe, dirò che una in particolare consiste nella breve conversazione che ebbe luogo una decina d'anni fa tra un seminarista ventenne e una ragazza, suppergiù di quell'età, che lavorava come insegnante del pomeriggio nella scuola delle suore nella parrocchia dove il seminarista svolgeva il suo incarico pastorale.
Era il loro primo incontro. La ragazza insegnava un po' d'informatica ai bambini delle elementari, ora non saprei con che qualifica. Chiacchierarono un po' mentre lui l'aiutava con alcuni computer; poi, a un certo punto, lei disse:
«Però è bello poter parlare con qualcuno senza...» e si fermò.
«Senza cosa?» fece il seminarista.
 «No, niente. Magari poi fraintendi».
«Prova».
Dopo un po' di tira e molla, cedette.
«Intendevo dire che è bello parlare liberamente, senza che ci sia di mezzo il sesso».
Il seminarista fu in effetti colto un po' alla sprovvista, ma non fraintese. «Cioè perché noi abbiamo il celibato, e quindi puoi parlare senza che in noi ci siano secondi fini?».
«Esattamente».

Ecco perché sostengo che il celibato è un dono, una grazia.

Perché la motivazione più vera? Perché viene dalla pratica. Dalla pratica pastorale, ossia dalla gente.

 

«Chi può capire, capisca»
Mt 19,12