3. Educare oggi - Linee per una verifica insieme

  • Posted on: 22 November 2014
  • By: mdmuffa

Intervento di Tiziana e Raffaella, due educatrici attive in parrocchia

Noi abbiamo analizzato le modalità, le tecniche, gli strumenti che l’educatore utilizza per poter operare. Per iniziare il nostro discorso ci siamo poste una domanda fondamentale: Chi è l’educatore e cosa vuol dire educare oggi? Cioè: che importanza ha l’educazione oggi? Inizialmente l’educazione veniva vista soltanto come educare all’interno della famiglia e dell’ambito scolastico. Oggi invece si parla di educazione all’oratorio, a maggior ragione all’interno delle famiglie, e in tutti i settori della società. È importante avere queste figure professionali perché sono in grado di apportare nei vari contesti la propria professionalità e di riempire di più precisi contenuti i concetti di competenza pedagogica. In pratica è importante parlare di educatore non soltanto ad un livello semplice, ma serve avere anche delle basi specifiche, e noi abbiamo analizzato la competenza pedagogica dell’educatore: nozioni di psicologia, di pedagogia, importanti per poter operare con delle persone che hanno dei propri vissuti personali, delle proprie situazioni problematiche, e per cercare di dare una direttiva, un aiuto a queste persone. I contenuti che abbiamo analizzato si possono distinguere in tre insiemi principali:

Il primo insieme che abbiamo analizzato si riferisce ad alcune grandi direzioni e prospettive che devono orientare ogni intervento educativo e rieducativo.

Abbiamo analizzato: la prospettiva organica e unitaria dell’esperienza educativa, la prospettiva della salvaguardia e della valorizzazione della soggettività, e infine la dimensione del futuro.

Nella prima prospettiva, quella organica e unitaria dell’esperienza educativa, è importante considerare il soggetto nella sua totalità, nella sua globalità: è collocato all’interno di una società che fondamentalmente crea disagio, che crea una situazione problematica; il soggetto in questo caso non riesce a superarla. È importante che l’educatore professionale ristabilisca questa globalità che l’individuo da solo non riesce a costruire, e soprattutto non riesce a vivere in questa dimensione che ha creato disagio.

Nella seconda prospettiva, quella della salvaguardia e della valorizzazione della soggettività, occorre accettare l’idea che qualunque individuo, non importa se disturbato o meno, ha la tendenza naturale e perciò il diritto a personalizzare l’esperienza, ad avere propri vissuti da cui bisogna dunque partire se si vuole aiutarlo a modificarsi o a modificare il proprio comportamento, senza ricorrere ad alcuna forma di violenza. Perciò, analizzare i problemi personali di ogni singolo individuo è importante per dare una direttiva e soprattutto per porre le basi di una educazione che lo porti a superare il suo passato in vista di una prospettiva futura – e questo è il terzo punto – che poi dovrà vivere. È importante che dal suo passato elabori le sue esperienze negative, ma che nel contempo cresca e si proietti verso un futuro; la figura dell’educatore è importante perché gli dà una direttiva ed un aiuto a superare le difficoltà che non è riuscito precedentemente a superare.

Nella dimensione del futuro l’educatore riesce a proiettare il soggetto verso nuove esperienze più ricche di significato e quindi capaci di dargli un nuovo respiro esistenziale. Queste prospettive danno un quadro generale di dove l’educatore vada generalmente a educare.

Il secondo insieme si riferisce ad alcuni principi metodologici.

Per primo abbiamo il principio della relazione reciproca, ovvero la capacità di realizzare un’autentica comunicazione che richiede accettazione e comprensione dell’altro, interesse per i suoi vissuti, sia positivi che negativi, individuazione delle sue reali motivazioni e quindi uso di molteplici linguaggi. Poiché il disagio è sovente legato a esperienze di non comunicazione è fondamentale che l’educatore sappia ascoltare, ancor più che parlare, come premessa a un fare insieme che a sua volta è premessa agli strumenti formativi più produttivi. È importante quindi avere un’interazione con il soggetto che ci è di fronte, non considerarlo soltanto come una persona che non può avere una propria soggettività; è importante anche considerare l’unicità della singola persona, non creare un modello a propria immagine dell’educatore, ma lasciare che l’individuo si formi in quanto tale, in quanto persona unica. E si può stabilire questo tramite una relazione reciproca, un’empatia, un entrare in contatto empatico con la persona e stabilire quella relazione autentica che ci dovrebbe essere tra educatore ed educando.

Qui vengono sottolineati i termini accettazione e comprensione perché sono i presupposti fondamentali che un educatore dovrebbe avere: l’accettazione dell’altro e la comprensione sono due fondamentali aspetti che fanno sì che l’educatore giunga proprio alla radice, all’essenza stessa della persona. L’educatore deve anche saper ascoltare prima che parlare, proprio perché la capacità di ascolto fa sì che l’educatore entri in contatto con la persona, prima che lui possa dare un giudizio su di essa.

Il secondo principio è quello della possibilità che comporta la capacità di stimolare l’educando verso il futuro, ma anche individuare e accettare traguardi diversi da quelli più consoni al vissuto dell’educatore. Viene sottolineata la capacità di stimolare l’educando verso il futuro, perché non è possibile che un soggetto viva secondo le sue esperienze passate e non proiettandosi verso un futuro prossimo, un futuro che si potrà avvicinare in modo migliore con una figura, che è l’educatore.

Il principio della socialità, invece, è inteso come apertura all’altro, come superamento dell’egocentrismo, inducendo alla scoperta che solo questo può dar senso e valore a sé: dunque, valorizzazione delle differenze, dopo aver riconosciuto la legittimità di esse, ciò che è da mettere in relazione al disagio di essere o di sentirsi diversi dagli altri, da ciò che gli altri si aspettano. Apertura all’altro è presupposto anche per poter ascoltare la persona, per poter entrare in empatia con lei, per poter realizzare quei presupposti fondamentali di accettazione e di comprensione nei confronti dell’altro, altro inteso come soggetto che ha proprie esperienze e propri vissuti. Importante per l’educatore è non imporsi nei confronti della persona, ma dargli gli strumenti, le tecniche, i mezzi giusti per aprirsi ad un futuro migliore, un futuro che lui, prima, non riusciva a vedere.

Il terzo insieme infine indica gli strumenti che l’educatore utilizza, e questo potremmo dire che è la parte più tecnica, cioè cosa l’educatore effettivamente utilizza per entrare in contatto con l’altra persona, con il soggetto educato.

Abbiamo:

Le tecniche dell’osservazione e della comprensione, che è capacità di leggere i vissuti autentici degli educandi; ovviamente l’educatore riuscirà ad entrare in empatia con il soggetto entrando in sintonia con il vissuto passato negativo dell’educando. Queste tecniche dell’osservazione e della comprensione non si studiano sui libri, ma sono anche un modo, uno stile di vita, di essere, perché è difficile entrare in empatia con dei soggetti problematici e studiare queste cose “sul libro”. Nel momento in cui si è tali persone, si può entrare in contatto con qui soggetti, soprattutto se hanno vissuto questo tipo di esperienze.

Le tecniche dell’organizzazione, ossia della capacità di intervenire sulle condizioni anche materiali in cui vive l’educando o in cui avviene l’evento educativo. Si tratta di dar spazio all’educazione indiretta, che si ottiene attraverso le cose e l’organizzazione degli spazi; abbiamo detto che il soggetto è collocato all’interno di una società, per cui si opera sì direttamente sul soggetto, però è importante collocarlo all’interno di un contesto più ampio qual è quello della società. Perciò è molto importante la capacità di intervenire sulle condizioni materiali e della società in cui il soggetto è. Questa è una “educazione indiretta” proprio perché non si opera direttamente sul soggetto, bensì sul contesto, sulla società in sé.

Le tecniche dell’animazione e del lavoro di gruppo, che vanno da un corretto uso della quotidianità alle innumerevoli tecniche del gioco/giocare, dall’uso della corporeità a quello dei vari mezzi di comunicazione di massa. Lo scopo di tutto ciò è quello di sviluppare il gusto dell’andar oltre, nonché il gusto e la gioia di vivere, il che vuol dire utilizzare anche il piacere, a partire da quello che può dare un corretto uso del proprio corpo e delle proprie potenzialità. In questo modo l’educazione è sì improntata al soggetto, ma si può intervenire anche con tecniche di gioco/giocare, che può essere un mezzo per aiutare il soggetto a potersi educare.

Le ultime sono le tecniche dell’identificazione personale, che significano disponibilità a offrirsi all’educando, e possibilità di identificazione, di cui il bambino e l’adolescente hanno grande bisogno, ma di cui sono spesso espropriati: una disponibilità, dunque, da parte dell’educatore professionale, ad un coinvolgimento personale, naturalmente controllato e persino programmato. È importante che l’educatore acquisti il senso di essere educatore come stile di vita: è un coinvolgimento totale della persona, che fa sì che l’educatore entri in empatia con il soggetto educando.

L’educatore rivaluta le esperienze, l’importanza del singolo individuo per poi ampliarla e portarla all’interno di una società.

Abbiamo poi analizzato la figura di un educatore che ancora oggi è importante: la figura di don Bosco.

La sua definizione è quella di sacerdote amico ed educatore, e queste parole riassumono la sua personalità. Per comprendere meglio quale sia il contesto in cui operò, inizieremo con una sua presentazione.

La sua attività nasce in un contesto particolarmente difficile per l’Italia, un contesto segnato dal passaggio da una restaurazione politica al regime liberale. Don Bosco non s’interesserà mai di politica: tutta la sua vita è impegnata nell’ambito educativo, che avverte come la soluzione dei problemi a livello religioso, civile, sociale, politico. Quindi non fa politica ma tiene in considerazione questo ambito seppur da un punto di vista diverso. Siamo all’inizio dell’industrializzazione in Italia, e lui opera a Torino.

I figli dei contadini vengono attratti da questa situazione, si riversano nelle città, sono soli, abbandonati a se stessi, e finiscono in prigione. Don Bosco, visitando le carceri minorili di Torino, si rende conto della grave situazione in cui versano questi giovani, anche perché uscivano dal carcere peggio di come erano entrati, per cui si attiva subito per fare qualcosa.

Inizia la sua attività istituendo quello che è l’oratorio festivo: delle riunioni domenicali, nelle quali oltre alla catechesi c’erano momenti di gioco, momenti di divertimento, insomma era un’attività di aggregazione per queste persone. È importante notare come lui non aspetti la gente nel suo oratorio, ma la vada a cercare. La sua preoccupazione maggiore è la preoccupazione religiosa, che non sta soltanto nelle finalità, ma è proprio il cuore della sua opera formativa; egli sostiene che un’educazione religiosa è il fondamento di una educazione veramente compiuta. La sua educazione viene chiamata integrale in quanto prende in considerazione tutti gli aspetti di cui hanno bisogno questi suoi giovani, tutte le loro necessità, che vanno dal vitto, all’alloggio, ai vestiti, alla situazione lavorativa…

È famoso per l’utilizzo del sistema preventivo, con il rifiuto netto del sistema repressivo. Lo basava sulle parole di S. Paolo, “la carità è benigna e paziente, soffre tutto, ma spera tutto e sostiene qualunque disturbo”.

Si basava fondamentalmente su tre concetti: ragione, religione e amorevolezza. Al centro del suo modello educativo mette l’amorevolezza, che non è sentimentalismo, ma molto di più: esprime tutto quello che comprende una realtà sostanziata di atteggiamenti, sentimenti, condotte, caratteristiche; non è debolezza, perché è costantemente illuminata e purificata dalla ragione e dalla religione. Punta molto su questi termini, così come punta molto su dolcezza e carità: tutto ciò parte dal rispetto verso la persona, soprattutto nei momenti in cui l’educatore deve proporre dei valori importanti , etici e religiosi, ai giovani.

Un altro punto molto bello è quello di amare ciò che piace ai giovani: l’amorevolezza si esprime in gesti e comportamenti benevoli da parte dell’educatore che deve essere sempre presente in mezzo ai giovani, disposto a qualsiasi sacrificio pur di riuscire nel suo impegno di educare. Non basta però sacrificarsi: è importante che essi stessi sentano e riconoscano di essere amati. L’educatore deve essere solidale con il mondo e con gli interessi dei giovani; deve entrare nella loro vita tenendo però sempre presente quello che è il suo compito di persona adulta e matura che propone obiettivi ragionevoli e deve dialogare e stimolare i giovani in iniziative valide. Deve correggere con amorevole fermezza condotte riprovevoli e in questa prospettiva è importante privilegiare la relazione personale con il giovane.

Si ha un rapporto corretto ed efficace con il giovane se c’è un clima di famigliarità; senza la creazione di questo clima famigliare non si può arrivare a dimostrare l’amore dell’educatore verso l’educando, e se non si dimostra questo è impossibile creare quel clima di confidenza che è il presupposto fondamentale per l’accettazione dei valori proposti dall’educatore. Tutto ciò che parte dall’educatore e va verso l’educando deve essere messo in uno specifico clima, in cui quello che viene proposto passa, viene percepito e sentito dall’educando. Tutto ha concretezza in istituzioni che sono improntate su uno spirito famigliare, quindi: ambienti gioiosi, stimolanti, sereni, disponibili, aperti, tutto ciò che può favorire e portare ad una situazione di famigliarità.

Questa è una delle istanze più valide, dal punto di vista pedagogico, di don Bosco: cioè tutto il contesto in cui si sviluppa, vive, nasce, opera la relazione educativa. Nelle sue “case” vengono a esistere vere e proprie comunità, in cui sono proposti il dialogo, la responsabilità di tutti, l’impegno civile, e la crescita personale. Quindi da questi tratti emergono, di veramente importante, le relazioni personali, ovvero essere in grado di stabilire una relazione personale con l’educando, di entrare in empatia, che vuol dire – in modo molto pratico – sentire e percepire quello che ci viene detto, quello che il ragazzo, il bambino, qualunque persona che abbiamo di fronte ci vuole dire, e molte volte non ce lo dice, ma ce lo fa capire. Dobbiamo essere pronti a capire questo; ci sono tante casistiche, tante particolarità, e ci sono determinate persone dalle quali le cose non vengono dette con le parole, ma l’educatore deve essere in grado di sentire anche quello che non gli viene detto, di andare oltre le parole e di cercare molto di più, magari negli atteggiamenti; un determinato modo di porsi nei tuoi confronti ti dice molto di più di mille parole; a volte, però per fare questo bisogna, inizialmente, conoscere ed essere in grado di capire la realtà, la situazione, il vissuto della persona che ci sta di fronte. Poi ci sono, di importanti, i tratti amichevoli, l’entrare nelle attività, negli interessi, ma rimanendo sempre in una situazione di parità – sentire cioè i suoi interessi come tuoi, di condividere – ma tenendo sempre ben presente qual è la funzione, l’obiettivo, cosa dobbiamo dare. E infine il clima di spontaneità e di famigliarità.

Possiamo lasciare delle “domande aperte”:

  • Prima di educare cos’è fondamentale? Presupposto per l’educare è l’educarsi, che vuol dire partire da se stesso, dal conoscere se stesso, altrimenti non arriveremo mai a comprendere nessun’altra persona. Quindi l’importanza di conoscere se stessi e di educarsi per poi riuscire a fare qualcosa, a fare passare qualcosa da noi all’altro.

  • Quali sono i presupposti, le basi, affinché la relazione educativa abbia efficacia?

  • È importante riflettere sulle metodologie di don Bosco e vedere quali funzionano, riportate oggi, 1997, e quali sono, se ci sono, i superamenti, della sua proposta educativa.

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