2b. Alcune Costituzioni dal Sinodo XLVII sull'educare

  • Posted on: 22 November 2014
  • By: mdmuffa

Alcune costituzioni dal Sinodo, sull’educare:

Cost. 189 EDUCATORI CHE SANNO INCONTRARE I GIOVANI.

« La consapevolezza che i giovani di oggi vivono in una realtà sociale complessa, dalla quale ricevono numerosi e diversificati messaggi, e in cui sono condizionati da una pluralità di esperienze, richiede educatori che sappiano incontrarli a partire dal loro vissuto, senza tuttavia abdicare alle esigenze radicali del Vangelo, alla cui luce vanno interpretate le diverse esperienze. I giovani domandano di essere conosciuti e capiti, di essere accolti nella loro problematicità e nelle loro attese; desiderano educatori capaci di farsi “compagni di strada”, ma insieme esigono di essere illuminati e sostenuti nel loro cammino ».

Io vi auguro di fare qualche volta l’esperienza - che è sofferenza – di sentirsi come gente che svende il Vangelo. A me è capitato a volte, quando, per voler bene ai ragazzi, dici: «Ecco, devo dirgli così», e nello stesso tempo in cui lo fai senti la sofferenza di pensare «ma non è tutto quello che dovrei dire, non è il tutto di cui loro hanno bisogno». Qualche volta dobbiamo sentire questa sofferenza, la sofferenza di svendere il Vangelo, perché questa sofferenza sta dicendo due cose: che abbiamo passione per i nostri ragazzi, con i quali comunque vogliamo entrare in comunicazione, ma anche che non ci rassegniamo ad entrare solo in comunicazione con loro, che non ci basta essere loro compagni di viaggio, ma che mentre siamo loro compagni di viaggio vogliamo progredire nel cammino, vogliamo additare loro la meta, ciò che ci sta a cuore: la verità su Gesù Cristo.

Ci sono vari comportamenti: c’è quello che si comporta come i suoi ragazzi, tale e quale, così « diventiamo fratelli, faccio vedere che anch’io sono capace di dire le parolacce come lui ». Sì, può funzionare una volta, ma poi… non è questo ciò di cui lui ha bisogno. Certo, se i ragazzi dicono le parolacce ed io ogni volta li sbatto fuori a pedate e sbraito e rompo la comunicazione con loro divento insignificante, non mi ascolteranno mai più. Occorre essere capaci di ascoltarli, di sopportare qualche volta le parolacce, non perché li accontento, ma in modo da andare avanti, per poter dire «Guarda che forse c’è anche altro». Mi fermo qua perché queste cose le capite meglio voi e avete anche in mente le facce, non soltanto le parole.

Cost. 235 GLI EDUCATORI

  1. « Tra le varie figure che operano in oratorio, un ruolo particolare è svolto dagli educatori dei gruppi di base (catechisti dell’iniziazione cristiana, educatori dei ragazzi, degli adolescenti, dei giovani) e dagli educatori dei gruppi di Azione Cattolica.

  2. Agli educatori compete la conduzione dei momenti formativi, compresi quelli della catechesi nel cammino di iniziazione cristiana; nello stesso tempo è chiesto loro di partecipare all’animazione dei momenti della vita del loro gruppo, suscitando la collaborazione degli altri animatori.

  3. La scelta di diventare educatori in oratorio deve essere suscitata, accolta e sostenuta all’interno della comunità parrocchiale e riconosciuta come autentico servizio alla parrocchia stessa e alla realtà dei ragazzi, degli adolescenti e dei giovani.

  4. Se occorre un serio discernimento tra gli adulti, ancor più oculato deve essere tra i giovani, la cui idoneità all’impegno educativo deve essere convincente ed essere adeguatamente sorretta da una puntuale formazione.

  5. Gli adulti e i giovani vivano questo impegno come una missione ecclesiale, con prudenza e sapienza cristiana. È comunque importante che gli educatori abbiano un’adeguata maturità, per cui è inopportuno affidare responsabilità educative dirette ad adolescenti».

     

  1. Prima, facendo conoscenza, dicevo che mi sembrava strano che ci fossero dei giovani che facessero il cammino di iniziazione cristiana, cioè delle elementari, sostanzialmente, fino alla cresima. Infatti la terminologia comune dice così: si intende per catechisti soprattutto quelli dell’iniziazione cristiana, perché c’è ancora l’esperienza del momento del catechismo al quale tutti partecipano. Normalmente nella nostra diocesi quasi tutti vanno a catechismo fino alla cresima. Il problema nasce dopo; allora cambia, non è più il catechista, ma è l’educatore: del preadolescente già cresimato, del post-cresima, e poi, a maggior ragione, l’educatore degli adolescenti, dei giovani. Si dice: « …e dagli educatori dei gruppi di Azione Cattolica… »; mi piacerebbe contarli quanti sono i gruppi di Azione Cattolica, in diocesi, però pazienza… A.c. è la parola più scritta in tutto il Sinodo, ma quando le cose si scrivono è perché non hanno riscontro.

  1. Se il Sinodo dice “la conduzione dei momenti formativi, compresi quelli della catechesi”, significa che i momenti formativi non sono solamente la catechesi, il che apre una serie di domande: quali sono i momenti formativi? Esistono altri momenti formativi? Dobbiamo proprio inventarli altri momenti formativi? O forse devo avere solamente presente che quel ragazzo che viene in oratorio, da me, non è semplicemente lì in quel momento, ma è anche in Chiesa, è anche nella squadra di calcio, è anche lo studente che va a scuola?

Mi ricordo che in campeggio, un anno, abbiamo fatto un incontro, un gemellaggio con una parrocchia dell’Umbria che aveva il campeggio lì di fianco a noi, e facendo ragionare i due gruppi dei ragazzi, loro dell’Umbria e noi di Lecco ci siamo accorti in modo positivo della possibilità che avevamo, un altro tipo di organizzazione, di pastorale, di realtà sociale; i nostri ragazzi praticamente si vedevano tutti i giorni: il lunedì c’era la possibilità della preghiera, il martedì c’era, per gli adolescenti, la preparazione dell’oratorio, il mercoledì c’era la messa, il giovedì c’erano gli allenamenti, il venerdì… Questi dell’Umbria, invece, proprio perché erano sparpagliati per tutti i casolari, avevano come unico momento autentico di aggregazione i quindici giorni del campeggio, si doveva giocare tutto lì. Noi avevamo una diversità, una possibilità di linguaggi, di comunicazione, di interferenza che era molto più ricca.

Qualche volta noi pensiamo ai nostri ragazzi riferendoci a quell’ora che facciamo a catechismo, alla domenica mattina o quello che è. E non pensiamo, invece, che sono tanti i linguaggi della pastorale che interagiscono sui ragazzi. Non posso pretendere che il ragazzo cresca tutto, solamente perché io gli faccio quell’ora di catechismo, ma devo pensare che la parrocchia agisce pastoralmente su un ragazzo con tanti linguaggi, e io devo saperlo, devo avere l’umiltà di riconoscere che non sono io il tutto, il salvatore, il pastore di questo ragazzo, ma do un piccolo contributo, e questo è importante. Intanto perché uno “tira il fiato” e dice: « Be’, insomma , se l’esito è disastroso non è proprio tutta colpa mia », ma poi perché inventa delle attenzioni, colpisce, raggiunge il ragazzo da altri aspetti; questo però richiede un lavoro tra educatori che può essere interessante. Io credo che sia un delitto che uno non sappia, che il catechista non conosca e non possa parlare, non posa confrontarsi con l’allenatore sportivo del ragazzo che viene a catechismo da lui. Lo so che sto dicendo una cosa cattiva, impraticabile o impraticata, ma è scandaloso che una parrocchia proponga dei catechisti, il momento sportivo e l’educatore, il catechista, non possa, non sappia, non debba parlare… è scandaloso! Ma a te cosa interessa, ti interessa il ragazzo o ti interessa fare la tua attività di catechista e la tua attività di educatore? Il ragazzo è lo stesso, mica è schizzato, e non può schizzare, non puoi romperlo, se vuoi fargli un servizio.

  1. Normalmente capita che il don abbia il foglio e chieda: «Allora, chi c’è quest’anno? Chi manca?». Oppure c’è un altro sistema? Spero che ci sia un altro sistema.

  1. Nessun commento.

  1. « È inopportuno »: anche quando si pensa all’oratorio feriale. È vero che se non lo fa l’adolescente, non lo fa nessuno, e forse è anche giusto. Ma teniamo presente che gli adolescenti non possono avere responsabilità educative dirette. Faranno gli educatori dell’oratorio feriale, ma devono sentire alle spalle una comunità degli educatori, un gruppo giovani, un don che non semplicemente li sfrutta e li mette alla prova, ma è attento a loro che si sperimentano anche nell’educazione. Quindi, attenzione a loro che cambiano, a loro che crescono, a loro che verificano eventualmente la loro vocazione di educatori. Attenzione, perché con gli adolescenti si rischia proprio di bruciare; poi sono buoni, sono bravi, sono generosissimi, fan sempre le cose bene durante l’estate… e poi basta, poi vanno in letargo.

Cost 237 I GRUPPI EDUCATIVI DELLE SINGOLE FASCE D’ETÀ

  1. « È necessario che gli educatori e, in alcune circostanze, gli animatori dell’oratorio che si interessano della stessa fascia d’età, si ritrovino periodicamente tra loro, con il direttore o un suo diretto collaboratore, costituendo così il gruppo educatori. Esso ha lo scopo di concretizzare il progetto educativo, di riflettere sulle situazioni specifiche e di programmare il da farsi più opportuno.

  2. Quando, in una singola parrocchia, il numero degli educatori della stessa fascia d’età è troppo esiguo, è opportuna la costituzione di gruppi educatori interparrocchiali ».

Qui, da quello che ho capito io, vado un po’ incontro a quella che è la vostra tradizione: i gruppi catechisti delle singole fasce d’età.

Questo punto del Sinodo va a ribaltare un po’ i nostri punti di vista, la nostra prospettiva: il privilegiare – dice – la fascia di età, cioè lavorare più a fasce d’età… non so… elementari, medie, adolescenti, giovani, oppure iniziazione cristiana, adolescenza e post-cresima. Questo vorrebbe dire che gli educatori si specializzano su una fascia d’età. Si specializzano nel conoscere i testi, i catechismi, si specializzano nello studiare la psicologia di quella fascia di età, a usare gli strumenti, le videocassette, i teatri che possono fare per le elementari, le medie, gli adolescenti… non posso fare un recital con le musiche rock per i ragazzi delle elementari, forse non quadra la cosa, no?

Perché questa proposta? Perché non è plausibile chiedere che un educatore sappia tutto di tutto, che conosca tutti i catechismi, che conosca tutta la psicologia… c’è qualcuno che lo fa per professione ed è giusto che lo faccia bene. Allora pare che gli educatori – ed era la battuta di prima (prima anche della registrazione, N.d.R.)- debbano essere bocciati. Questo – poi si può discutere – ha il vantaggio di dire « io faccio questo servizio, mi specializzo in questo servizio, accompagno quel ragazzo che poi passa ad un’altra sezione educativa, a un’altra età della vita, è giusto che ci siano altre specializzazioni… ». Per voi che siete giovani, magari la cosa può essere diversa, ma provate a pensare se una mamma dovesse dire « io prendo il bambino in prima elementare e lo porto fino a che è diciottenne ». La mamma sclera insieme ai ragazzi, no? Dalla parte dell’educatore sta il dire « io non sto educando a me, non è il mio gruppo, ma io sto facendo un servizio alla comunità cristiana, alla Chiesa, per cui faccio questo servizio e lo faccio bene.

Non so, altre parrocchie che sono ricche di educatori possono – forse anche voi per certi versi – avanzare questo tipo di servizio: un educatore viene “bocciato”, rimane alle elementari e un altro che ha lavorato accompagna la classe. C’è quindi il gruppo di educatori che è specializzato, che ha in mente il percorso, il cammino, per cui non c’è da preparare il catechismo di prima, seconda o terza media tutti gli anni. Altrimenti: « Cosa facciamo quest’anno? ». Allora, in prima media, un anno, mettiamo, parlano solo dei salmi, l’anno dopo del sesso degli angeli, il terzo anno… E allora, ci sono dei ragazzi che leggono soltanto la Bibbia, dei ragazzi che guardano soltanto le diapositive, dei ragazzi… Va bene, ma non dipende da me, da te, da lui: è il progetto educativo dell’oratorio, della comunità cristiana, che fa il catechista; io devo fare quello che il progetto, possibilmente pensato, verificato, concretizzato, mi dice di fare, altrimenti il mio lavoro può servire a me, ma non alla vita della Chiesa.

Per esempio, hai un ragazzo da portare dalla prima elementare alla cresima: quali sono i testi, i catechismi, i sussidi, quali sono le esperienze che si possono far fare? Tutti fanno quello, anche l’anno dopo. Alla fine dell’anno si verifica, si aggiusta, ma lo si fa, altrimenti non creiamo la Chiesa ma dei piccoli club.

*** A questo punto qualcuno sottolinea come il portare avanti una classe di catechismo garantisca, per esempio, la costruzione di un rapporto con la famiglia di ogni ragazzo, importante per capirne la crescita, l’ambiente in cui vive e per poter meglio intervenire ***

D’accordo, io però non dico di fare solo la prima elementare, ma di coprire una fascia d’età. Non so, dalla prima alla quinta, e poi ricomincio con una prima. Dico questo perché da voi, magari, con tanti giovani funziona come già fate, ma vengo da un’esperienza in cui le mamme che facevano catechismo in una seconda media erano un disastro, insomma… Provavo pena per loro perché esse stesse si rendevano benissimo conto che non riuscivano e andavano in crisi.

Possiamo così strutturare un percorso: ad un ragazzo di quarta elementare chiedo di pregare così, ad uno di quinta chiedo di pregare così – come in quarta - ma anche con questa attenzione; in prima media non posso accontentarmi che uno dica le preghiere, ma dovrò aiutarlo a imparare a pregare, o ad usare un’altra strumentazione per pregare.

Cost 238 LA COMUNITÀ DEGLI EDUCATORI E DEGLI ANIMATORI

  1. « L’oratorio realizza il progetto educativo attraverso la comunità degli educatori e degli animatori. Essa si costituisce nella comunità della parrocchia, con la quale tiene rapporti di costante riferimento e confronto. Ha il compito di realizzare gli itinerari educativi, di verificarne l’attenzione complessiva, di garantire l’unità e la comunione degli educatori, attraverso un costante confronto sul servizio reso.

  2. Di essa facciano parte gli educatori dei gruppi di base, quelli dei gruppi di Azione Cattolica, altre figure educative specializzate (ad esempio, educatori di ragazzi, adolescenti e giovani in situazioni di disagio o di devianza; educatori di quanti hanno nella strada il luogo del loro aggregarsi) e tutti gli animatori dell’oratorio.

  3. La comunità degli educatori e degli animatori nel suo insieme si incontrerà più volte nel corso dell’anno per momenti di programmazione, verifica e formazione ».

     

  1. Quindi il progetto educativo dell’oratorio è molto generale, ciascuna classe o ciascuna fascia di età si deve dotare di itinerari educativi. Perciò, l’itinerario educativo delle medie comprende la catechesi, l’educazione alla preghiera, alla carità, l’attività sportiva o l’animazione in oratorio: per le medie è pensata questa attività, magari anche ideare il pellegrinaggio a Roma o la due giorni in montagna; è pensata per le medie e diventa anche questo importante per una parrocchia, diventa tradizione. In questa casa, con i ragazzi di prima media, della cresima, ho fatto delle belle esperienze. Io concludevo sempre il cammino di catechesi facendo due giorni qui, facendo venire il vicario episcopale, i genitori, e i ragazzi ci tenevano. All’inizio l’ho lanciata bene ed è poi diventata una tradizione; i ragazzi aspettavano di andare a Merate, e in seconda media mi dicevano « Perché non andiamo a Merate? ». Rispondevo «No, in seconda media non si va a Merate», perché quando una cosa funziona non devi proporgliela due volte, perché altrimenti viene male. « In seconda media andiamo da un’altra parte ». Diventavano anche dei luoghi, degli appuntamenti, dei riferimenti precisi: tutto ciò crea nelle famiglie un’idea di gente che fa sul serio; non è che una volta vanno sul pero, una volta sul melo, una volta sul fico, una volta fanno la meditazione, una volta invece fanno la “pizzata”. Intuiscono che c’è un progetto, progetto che però ci deve essere.

  1. Nessun commento.

  1. Qui sta a voi stabilire un calendario e trovarvi tutti insieme, o per fasce d’età, e programmare l’anno.

Cost. 239 LA FORMAZIONE DEGLI EDUCATORI

  1. « È indispensabile preparare e sostenere gli educatori nel loro impegno formativo. La formazione deve, soprattutto, riguardare il cammino di fede personale. Infatti, prima di essere tale, un educatore è un cristiano, giovane o adulto, e vive quindi un cammino di fede nel proprio gruppo, partecipa alla catechesi, ha una vita spirituale intensa, con una regola, con momenti di meditazione, di riflessione, di preghiera, di direzione spirituale. In ciò è indubbiamente aiutato dall’appartenenza all’Azione Cattolica. “Gli educatori d’oratorio facciano parte dell’Azione Cattolica o almeno ne condividano la spiritualità” (C. M. MARTINI; Itinerari educativi, n. 72).

  2. La formazione permanente di un educatore si articola inoltre in momenti di riflessione e di lavoro comune dei gruppi educatori e della comunità degli educatori e degli animatori. Qui l’educatore è sollecitato a riflettere sul magistero della Chiesa, sulla sua competenza pedagogica, ed a verificare l’attuazione del progetti educativo.

  3. Un educatore dovrà soprattutto essere aiutato a formarsi come giovane o adulto corresponsabile della vita della sua comunità e della comunità diocesana, vivendo momenti che lo pongono a contatto con un’esperienza di Chiesa più ampia. Diventa allora necessario valorizzare le opportunità offerte nelle scuole di formazione, nei convegni, nelle settimane residenziali proposte dall’Azione Cattolica e dalla FOM, con il coordinamento dell’Ufficio di pastorale giovanile ».

 

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  1. “Corresponsabile” è la parola chiave. Io non sono un volontario, ma mi educo a diventare un corresponsabile, cioè partecipo della missione pastorale della Chiesa, divento un operatore pastorale: non uno che ha tempo da perdere, ma uno che partecipa della cura che Gesù e la Chiesa hanno di conoscere, di amare, di dare la vita, di dare il Vangelo.